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 2013  marzo 25 Lunedì calendario

DAL CARNERA FASCISTA ALLA COMANECI LA CONDANNA DEI CAMPIONI DI REGIME

ROMA
Agit, prop, sport. A volte lo sport subisce la politica, a volte anticipa le guerre: nei Balcani i primi segnali dell’inferno arrivarono da Dinamo Zagabria-Stella Rossa, maggio ’90. Da quando esiste lo sport di massa stati, presidenti, consigliori e dirigenti hanno tentato, per modi e scopi diversi, e raramente per una giusta causa, di piegare una manifestazione sportiva o le gesta di un atleta ai bisogni propagandistici del proprio sistema politico. Certe devianze si associano alle dittature. Non è sempre vero. Una formidabile
forma di strumentalizzazione si concretizzò nel novembre del 1937: per ribadire i valori e dimostrare la nota superiorità tecnica, l’Inghilterra accettò (meglio, decise) di giocare una partita di calcio a Berlino contro la Germania. Non era la prima di quegli anni, ma sarebbe stata l’ultima: non fu una partita di calcio ma una doppia ostentazione
di potenza culturale. Rinvigorito dall’esperienza delle Olimpiadi di Berlino e dalle immagini di Leni Riefenstahl, Goebbels supervisionava l’operato del capo del Reichsports, Hans von Tschammer und Osten. Sull’altra sponda il ministro degli Esteri inglese, Anthony Eden, intuiva, al di là di una farneticante esigenza di mantenere rapporti
di buon vicinato con Hilter, quanto il calcio fosse una “
mug”
da riempire per smerciare “
trade and influence”.
Volevano credere di essere forti, gli inglesi, anche fuori dal campo, forse più forti dei tedeschi: peccato che due mesi prima c’era stato l’Anschlussdell’Austria. Gli inglesi non vollero cancellare l’impegno. Vinsero 6-3. Giocava anche Stanley Matthews. La settimana dopo le truppe naziste si disposero intorno alla Cecoslovacchia. L’idea era di rigiocare alla fine del ’39. Ma sopraggiunsero delle difficoltà.
Di politica parla quasi tutta la storia delle Olimpiadi, dai boicottaggi ai pugni chiusi. L’atleta americano più importante del 1980, dopo l’invasione sovietica dell’Afghanistan, fu Jimmy Carter che ordinò di non andare a Mosca. Di De Coubertin si ricordano la confusione sul senso “amatoriale” dei Giochi dell’antichità, dove non era affatto vero che fosse più importante partecipare, e il suo “fiuto politico”. Ci sono stati atleti deformati dal volere dei loro capi politici. Carnera, dopo aver conquistato il titolo mondiale nel ’33, divenne un simbolo dello sport fascista e chi non era fascista, ma amava lo sport, rischiava di scontrarsi con la Chiesa, che considerava lo sport d’ostacolo al matrimonio e alla maternità. Lo sport, pensato in forma org anica, spesso praticato con metodi di coercizione, fu una vetrina del fas cismo, che ne utilizzò la diff usione trasfor mandolo in un strumento di aggregazione delle masse. Nadia Comaneci fu «fatta fidanzare » col figlio di Ceausescu, Nicu: il “giovane sole rosso” morì in povertà a 45 anni nel ’96. a Kornelia Ender e Roland Matthes il regime della Ddr chiese di “produrre” un figlio-pesce. Non solo est europeo però. Violentemente la politica entrò nella vita di Cassius Clay quando si rifiutò di andare in Vietnam («
don’t wanna get drafted
»): l’America libera lo imprigionò, lo inchiodò alle sue “colpe” e gli tolse tutto. Boksic si offrì su un carro armato. Videla correva con le gambe di Kempes ai Mondiali del ’78 mentre a Plaza de Mayo le madri si riunivano. Rischiarono i giornalisti olandesi che si divisero: una parte allo stadio per la finale, una parte a intervistare le signore col fazzoletto in testa in cerca dei loro desaparecidos. Lo sport è così facile da usare. Persino Mandela usò il rugby.