Marco Mensurati e Fabio Tonacci, la Repubblica 25/3/2013, 25 marzo 2013
I MILLE AFFARI DEL RAGIONIERE COSÌ GIRANO I SOLDI DELLO SPORT
ROMA
La sede del Coni “ombra”, il Coni dei soldi gestiti “privatisticamente” e di quel complesso intreccio societario su cui poggia tutto lo sport italiano, si trova sopra un negozio di parrucchiere per signore, al secondo piano di una anonima palazzina in via Oriolo Romano 59, periferia nord della capitale. Vicina al Parco dell’Insugherata e lontanissima dagli sfarzi della sede ufficiale del Comitato olimpico. Qui, si trova il piccolo ufficio di Marco Perciballi, che di professione non fa solo il ragioniere.
La pulsantiera del suo citofono parla da sola. Una dopo l’altra, in bella evidenza, appaiono le sigle di una dozzina di società private, tutte riconducibili alle Federazioni sportive nazionali, e tutte con sede legale nel suo studio: Ciclistica servizi, Fids servizi (danza), Fit servizi (tennis), Fidal servizi (atletica), Equestrian service
srl e altre. Cosa fanno esattamente? Da chi sono partecipate? Ma soprattutto, chi è davvero Marco Perciballi?
Nato a Velletri cinquant’anni fa, il ragioniere è tutto e niente, è ovunque ma non si vede mai. Incarnando plasticamente un colossale conflitto di interessi, per
anni sfuggito chissà come ai radar del Coni, Perciballi è (o è stato, a seconda dei casi) contemporaneamente consulente fiscale delle federazioni, socio fondatore di alcune importanti controllate, nonché amministratore di società appaltanti. Come se non bastasse con la sua Servizi informatici società sportive srl è fornitore del software che fa funzionare molte società di servizi nelle quali transita una quota consistente dei soldi dello sport di base. Ma Perciballi è anche l’uomo che ha contribuito a crearle, quelle società. È revisore dei conti, è presidente della Polisportiva Millennium Sporting Center di Lariano e chissà cos’altro ancora. Insomma: quello che è riuscito a fare in tanti anni di “discreta” presenza nello sport è stato architettare un modello societario che svincola una parte dei contributi pubblici da quella dicitura “senza scopo di lucro” che è bandiera e missione di ogni federazione. Un modello replicabile e replicato.
E deve essere piuttosto bravo visto che ben dodici federazioni, tra cui atletica leggera, pugilato, ciclismo, motociclismo, canottaggio, pallavolo lo hanno scelto (e pagato) come consulente. Naturalmente lavora anche con il tennis: solo con le sue consulenze alla Fit e alle controllate Fit Servizi, Mario Belardinelli e Sportcast, ha guadagnato 152 mila euro nel 2011. Perciballi deteneva anche il 2,5 per cento del capitale della Fit Servizi. Ma pochi giorni dopo la visita dei cronisti di
Repubblica
nel suo studio - e in coincidenza con il cambio della guardia al Coni - ha dismesso la sua quota. «Il ragioniere vi richiamerà nel pomeriggio», aveva assicurato la sua segretaria quel giorno. Ma purtroppo il ragioniere non ha mai avuto modo di farlo (né di rispondere al telefonino
nei giorni successivi). Nonostante la dismissione della quota in Fit Servizi, la presenza nel panorama sportivo nazionale è rimasta a dir poco massiccia, visto che Perciballi è un “collezionista” di 3%. Negli anni sul suo portafogli è transitata - senza insospettire la dirigenza del Coni - la medesima, simbolica quota della Ciclistica Servizi Srl (il restante 97% era della Federciclismo, che poi ha rilevato tutto il pacchetto), della Equestrian Service Srl (97% alla Federazione sport equestri), Fids Servizi Srl (il restante 97 alla Federazione Danza), Fidal Servizi Spa (97% Federazione atletica leggera). Di tutto questo si trova traccia nella visura camerale fatta con il suo nome.
Ma a cosa serve questa galassia di società di servizi? A dare un’occhiata ai contratti che legano queste alle loro controllanti, qualcosa che chiarisca le idee, in realtà, si trova: il “cambio di fine sociale”. Prendiamo ancora ad esempio la Federtennis: riceve ingenti contributi pubblici (circa 6 milioni di euro) ed è “una società senza fini di lucro”. Ma la Fit servizi, nata nel 2007 è partecipata oggi al 90 per cento dalla federazione, in quanto società a responsabilità limitata ha, eccome, il fine del lucro. Ha una quarantina di dipendenti, costa in personale 1,3 milioni di euro e non ha l’obbligo di osservare le stesse rigide regole di trasparenza cui è tenuta la sua controllante. Per statuto gestisce buona parte dei settori più remunerativi del tennis italiano: raccolta delle quote dei tesseramenti, delle tasse per la partecipazione ai tornei, delle tasse per i reclami, ma soprattutto gestisce le relazioni con gli sponsor, e l’organizzazione dei grandi tornei (Fed Cup, Coppa Davis e Internazionali di Italia).
Detto in altri termini, le società di servizi funzionano da membrana, talvolta opaca, tra le federazioni e i soldi. Un caso - quello appunto della Fit servizi - è nel mirino degli investigatori di Napoli, e ne abbiamo dato conto ieri. Sotto gli occhi del nuovo presidente del Coni Giovanni Malagò, invece, a questo punto si materializza una sfida: riportare le federazioni sportive ad occuparsi prima di tutto di sport, semplificare le complesse geometrie societarie che si sono create, riconsegnare ai tesserati i centri tecnici come quello del tennis di Fuorigrotta. Sarà come scalare una montagna, visto che ancora ieri al Coni in molti fingevano di non conoscere il vero ruolo di Perciballi. Eppure lo hanno invitato tante volte ai convegni. (2-fine)