Arturo Zampaglione, la Repubblica Affari e Finanza 25/3/2013, 25 marzo 2013
APPLE COOK TIENE IL 62% DELLA CASSA ALL’ESTERO
Tim Cook, successore di Steve Jobs alla guida di Apple, sa bene che ogni altro ceo americano sarebbe stato subito silurato se avesse fatto perdere alla società 300 miliardi di dollari di capitalizzazione di borsa. Ed è proprio quel che è successo: dal settembre 2012 ad oggi, le quotazioni della casa di Cupertino sono scese del 35%, rispetto a un aumento del 6,2% dell’indice S&P500. Eppure Cook, 52 anni, non teme un defenestramento, almeno per ora: anche se è alla ricerca di soluzioni per tranquillizzare gli azionisti, respingere gli attacchi di alcuni investitori (come il miliardario David Einhorn) e aiutare una ripresa del titolo. In particolare, gli analisti di Wall Street sono convinti che la Apple annuncerà tra poco un raddoppio del dividendo trimestrale, portando così a 15,7 miliardi di dollari il dividendo annuale, che era stato reintrodotto nel 2012 dopo 17 anni di latitanza. Non è chiaro se questo aumento record farà risalire il titolo Apple, il cui acquisto viene peraltro consigliato dagli analisti di molte banche, né se sarà accompagnato da un programma di riacquisto di azioni proprie (buyback) per un valore, secondo voci, di 30 miliardi. Quel che è sicuro, però, è che Cook può permettersi mosse del genere senza intaccare la solidità del gruppo. Come tante altre maxi-aziende, infatti, la Apple continua ad accumulare montagne di cash. Secondo Moody’s, alla fine del 2012 aveva 137 miliardi in contanti, rispetto ai 68,3 di Microsoft, ai 48,1
di Google, ai 46,9 di Pfizer, ai 46,4 di Cisco. Sempre a sentire Moody’s, le aziende americane (escluse quelle finanziarie) hanno aggiunto l’anno scorso 130 miliardi ai loro tesori liquidi, portando la cifra complessiva a 1450. Come si spiegano somme così ingenti, per lo più detenute all’estero (889 miliardi, cioè il 61% del totale)? A dispetto delle difficoltà economiche in patria, le multinazionali Usa, soprattutto quelle hi-tech e farmaceutiche, hanno macinato profitti in altri mercati, specie asiatici, e non hanno sentito il bisogno di fare grandi investimenti. Così hanno preferito lasciare i soldi fuori per non dover pagare le maxiimposte previste negli States per il rientro di quei capitali. Moody’s è convinta che questo trend continuerà, visto che la Casa Bianca di Barack Obama non concederà per ora alcuno sconto fiscale. Comunque la Apple, che ha il 69% del cash custodito all’estero, non avrà bisogno di far rientrare i capitali per pagare dividendi e buyback: Tim Cook, infatti, potrà contare sui depositi che ha già in America o addirittura approfittare dei bassi tassi di interesse per prenderli in prestito.