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 2013  marzo 25 Lunedì calendario

PETROLIO PECHINO LA PROSSIMA CAPITALE

La Cina è prossima al sorpasso sugli Usa e a diventare il primo importatore mondiale dei petrolio. A fine 2012 il passaggio del testimone energetico tra le prime due superpotenze si è già consumato. Le importazioni cinesi di petrolio, greggio e prodotti raffinati sono arrivate a 6,1 milioni di barili al giorno. Quelle americane, in dicembre, sono scese a 5,9 milioni, il livello più basso dal 1992. I dati definitivi sono attesi a fine marzo e non è escluso che gli Stati Uniti, dove le aziende in dicembre riducono importazioni e scorte per pagare meno tasse, riprendano temporaneamente il comando grazie al rimbalzo già registrato nell’ultimo decennio. La tendenza però rivela che questa volta il cambio di scenario negli equilibri energetici globali è definitivo e che entro il 2015, ma forse già prima, Pechino sarà il primo cliente dei Paesi petroliferi. Nel 2012 le importazioni nette di petrolio in Cina sono state inferiori a quelle americane di circa un milione di barili al giorno, su una media di 5,40 milioni. Gli Usa hanno importato invece 7,2 milioni di barili a giorno, ma il dato dell’amministrazione energetica statunitense include anche i prodotti derivati. La Cina nel frattempo ha incrementato gli acquisti, superando quota 6 milioni. Nel 2013 la dipendenza energetica cinese dal petrolio straniero dovrebbe raggiungere il 59,4% e le stime parlano di 305 milioni di tonnellate da importare, con una crescita annua del 7,5%. La tendenza Usa è al contrario
fortemente al ribasso e i mercati scommettono che gli Usa raggiungano l’autosufficienza energetica entro il 2030 grazie al boom della produzione nazionale sia di petrolio che di gas scisto. Anche Pechino dichiara di possedere nelle regioni occidentali abbondanti riserve di gas scisto e la nuova leadership appare decisa a forti investimenti nelle esplorazioni, come nello sfruttamento di nuovi giacimenti petroliferi. Il cambio di posizione tra i due più grandi consumatori mondiali di energia annuncia sulla scena internazionale profondi cambiamenti sia politici che economici. La Cina è costretta ad accelerare la riduzione della dipendenza energetica stringendo i rapporti con Russia, Asia centrale e Medio Oriente per abbassare i prezzi di petrolio e gas. Negli Usa, forti del ridotto obbligo di importazioni, si profilano una politica meno pressante nei confronti delle potenze petrolifere e la possibilità, verificati i costi, di spedire barili oltreoceano per mantenere bassi i prezzi della produzione industriale asiatica. Lo scenario in rapida trasformazione spiega l’attivismo cinese sul fronte energetico. A fine febbraio il gigante petrolifero di Pechino, la Cnooc, ha concluso la sua più importante acquisizione all’estero, la canadese Nexen per 15,1 miliardi di dollari. Praticamente concluso anche il maxi-accordo con la russa Rosneft: 25 miliardi di dollari in prestito per 300 mila barili al giorno per 15 anni. Partita che spiega perché il neo presidente Xi Jinping abbia scelto proprio Mosca per la sua prima visita ufficiale all’estero.