Alberto Negri, il Sole 24 Ore 22/3/2013, 22 marzo 2013
PESSIMA FIGURA ORA SERVE DIALOGO
Restituiamo all’India i due marò in cambio della libertà di movimento dell’ambasciatore italiano. In maniera brutale ma realistica si tratta di una sorta di scambio di ostaggi, dove il diritto internazionale, invocato a lungo e in modo insistente da entrambe le parti, ha un ruolo del tutto marginale. Come avrebbe cantato De André è «una storia sbagliata», e questo sin dall’inizio, quando la nave commerciale con a bordo i fucilieri di Marina viene convinta a lasciare le acque internazionali a 30 miglia della costa per entrare nel porto del Kerala. La partita era già stata persa in quel frangente, secondo il parere di qualche esperto di diritto internazionale.
L’Italia ha perduto, ma l’India ha vinto davvero? In queste partite non c’è un arbitro solo che fischia la fine. Al di là del caso specifico assai rilevante, l’India si è rivelata per quello che è, un Paese poco incline al rispetto delle regole e del diritto internazionale: è comprensibile perché è uno stato giovane, nato dalla partizione dell’India britannica nel 1947. Con un inghippo, ingannando il leader musulmano Jinnah, Londra allora volle regalare a Nehru il Kashmir, creando un contrasto con il Pakistan mai sanato che ha portato a un paio di guerre. La questione dei due marò non è certamente un casus belli tra Italia e India ma rivela che New Dehli non ha troppa voglia di uniformarsi al diritto internazionale, come dimostra la violazione della Convenzione di Vienna sullo statuto degli ambasciatori. Lancia in questo modo un messaggio inquietante a tutta la comunità internazionale non solo alla fragile Italia di questi tempi. Un atteggiamento tracotante di cui forse un giorno vedremo le conseguenze.
Quanto al governo italiano ha avuto una condotta sconcertante, paragonabile a quello indiano che all’inizio ha lasciato una vicenda delicata e scabrosa in mano alla corte federale del Kerala.
La debolezza dell’esecutivo indiano si riflette come in un gioco di specchi nella fragilità del governo di Roma. Qui non si sa mai chi debba prendere le decisioni e in questo caso sia il ministro della Difesa che quello degli Esteri hanno voluto condurre la questione a modo loro, magari guardando ai sondaggi dell’opinione pubblica, ovviamente contraria al ritorno dei due militari in India. La cosa non deve essere piaciuta troppo al presidente del Consiglio uscente Mario Monti, di cui descrivono la palpabile irritazione, che ha deciso di tagliare questo nodo gordiano rimandando indietro i due marò dopo avere ricevuto dall’India l’assicurazione scritta che non verrà applicata la pena di morte e saranno trattati bene, garantendo i loro diritti fondamentali. Si tratta comunque questa volta di un accordo tra stati: i due risiederanno nell’ambasciata italiana.
Sul destino dei due marò non è ancora detta comunque l’ultima parola. Il ministro della Giustizia indiano, Ashwani Kumar, ieri aveva dichiarato che i due potevano ancora tornare in India entro il 22 marzo e che se fosse accaduto questa spiacevole situazione poteva ancora essere sanata. Come dire riportateli qui e siamo disponibili a un compromesso. Facendo un bilancio della vicenda fino a questo momento si può dire che i due Paesi, per motivi diversi, hanno fatto una figuraccia: c’è da sperare che ora, dopo tanti orgogliosi pronunciamenti, anche da parte nostra, prevalgano il dialogo e il raziocinio.