Salvatore Cannavò, Il Fatto 22/3/2013, 22 marzo 2013
Il vento antipartiti soffia forte e il successo elettorale del Movimento 5 Stelle ne è efficace testimonianza, come espressione originale e inedita di quelle aggregazioni popolari che, nate spontaneamente pur nella massima diversità, hanno in comune la forma collettiva di partecipazione civile
Il vento antipartiti soffia forte e il successo elettorale del Movimento 5 Stelle ne è efficace testimonianza, come espressione originale e inedita di quelle aggregazioni popolari che, nate spontaneamente pur nella massima diversità, hanno in comune la forma collettiva di partecipazione civile. Vengono da lontano i Movimenti e, anche se, seguendo uno schema preciso che si ripete nel tempo, si formano, esplodono e si placano secondo un grafico spesso simile, tutti o quasi si sono rivelati determinanti per il cambiamento e il progresso del nostro Paese. Come è accaduto con il Movimento studentesco del ’68, dopo il quale nulla fu più come prima. O come nel caso del recentissimo "Se non ora quando?", nato con incredibile vigore nel febbraio di due anni fa e che, pur avendo perso peso e smalto, ha comunque il merito di aver restituito alle donne forza ed entusiasmo. Racconta decenni di questa realtà mutevole e mutante Movimenti, (Dagli indiani metropolitani agli indignati, le mille stagioni della rivolta globale, il sottotitolo), l’ultimo libro di Pino Casamassima, giornalista e scrittore, uscito per Sperling& Kupfer da qualche settimana e che, forse anche per il cortocircuito cronologico con il M5S (ormai trasformato in una rilevante componente parlamentare), si rivela un utilissimo contributo per conoscere la storia sociale di queste forme di organizzazione popolare. Un fiume carsico che corre lungo un filo alternativo, dal Settantasette alle espressioni più recenti e che unisce fra loro "movimenti" con obiettivi e caratteristiche diverse. Un’analisi che, prendendo le mosse dalla stagione della "rivoluzione mancata" degli anni Settanta, attraversa la vasta area antagonista: dagli anni Ottanta dei "paninari" e degli "yuppies" ai Novanta, all’incubazione del fenomeno No Global, fino ai recenti Indignados e No-Tav. Scrive in apertura Casamassima che, dopo il prezioso L’Onda d’oro, saggio firmato da Primo Moroni e Nanni Balestrini, che copriva il decisivo decennio dal ’68 al ’77, (per la prima volta pubblicato nel 1988 e in seguito più volte ristampato), il suo impegno è stato quello di riprendere il percorso e di andare avanti ad analizzare, studiare, scrivere. Di non accettare il silenzio imposto dalla "criminalizzazione dei movimenti" seguita all’assassinio di Aldo Moro, considerato da Casamassima (e non solo da lui) un evento che ha cambiato i destini dell’Italia. E di insistere dunque nell’indagine sui decenni successivi: un meticciato di soggetti che si sarebbero espressi con un linguaggio inedito. Con spesso i centri sociali "come organizzazioni d’appoggio" a favore degli immigrati, degli emarginati e delle battaglie ecologiche. E, tutti, esaltati e poi ignorati, dalla comunicazione. Puntuale e arricchito dalle testimonianze di quella lunga stagione, il libro di Pino Casamassima colma questa lacuna e aiuta a comprendere al meglio la realtà del nostro presente. Il filo rosso che parte dalla "eclisse dell’impegno politico degli anni Settanta" per approdare, anche grazie alla comune forza propulsiva, nel "movimento dei movimenti". Movimenti, è possibile una definizione comune? "Per movimento si è sempre intesa l’aggregazione - di breve o lunga duratura - di soggetti aventi un obiettivo comune. Da quelli operai dei primi del Novecento, ai recenti No Tav. Alcuni di essi, come quello delle donne, hanno avuto più inizi e ripartenze. L’ultimo, "Se non ora quando?" sembra aver perso la spinta originaria. Anche i movimenti studenteschi sono stati molteplici dopo quel ’68 sempre acceso nella memoria collettiva. Tutti i movimenti hanno inizialmente una forza propulsiva formidabile, destinata però a smorzarsi. Come una molla, esprimono nell’immediato tutta la loro potenza, per poi ritrarsi, aprendo un solco più o meno fertile su cui far crescere un progetto politico. Movimento è una parola molto ingombrante. Un cappello dalle falde larghe. La crescita dei movimenti è proporzionale alla sfiducia della società civile nel sistema dei partiti. Si è parlato impropriamente di "antipolitica", quando invece si tratta di anti-partitica: la fiducia nei partiti del "sistema" è crollata al 5 per cento!" Parli di "un’onda lunga 35 anni". Perché tutto nasce con il caso Moro? "Il 9 maggio 1978 è uno spartiacque. Fra deriva dell’ideologia e risacca del riflusso. Quel giorno, accanto al cadavere di Moro giaceva quello della Prima Repubblica: un paese incompiuto. Degli anni Settanta si ricorda solo il piombo, mentre in quel decennio, grazie a tanti movimenti, furono tradotte in leggi le spinte dalla società civile; per alcune battaglie, fondamentale fu l’azione del più liquido dei partiti: quello Radicale. Divorzio, obiezione di coscienza, decreti delegati nella scuola, statuto dei lavoratori, ospedalizzazione dell’aborto, chiusura dei manicomi, maggiore età a 18 anni, cancellazione del delitto d’onore, nuovo diritto di famiglia, ambiente. L’elenco sarebbe ancora lungo. Quello di Moro fu un trauma che cambiò la fisiologia di quel Paese che avrebbe potuto essere e che non solo non è stato, ma non sarebbe stato mai più. La strage di Bologna suggella la fine delle ideologie novecentesche e anticipa quella della Storia. Dopo la caduta del Muro solo i movimenti si salveranno dal baratro di Tangentopoli". Domanda d’obbligo: Il Movimento 5 Stelle, che cosa ha dei movimenti del passato? "Tutto e niente. Tutto perché comprende molte di quelle pulsioni che, da sole, sostanziano tanti, singoli movimenti. Niente perché il M5S non è più un movimento: sia per l’adesione alla democrazia rappresentativa, antitetica a quella diretta, sia perché intende occuparsi di tutto a livello di Paese reale, e occupare tutto a livello parlamentare. Dei movimenti che l’hanno preceduto, il M5S ha colto domande rimaste senza risposte da parte dei partiti, a cominciare da quelli di sinistra. Un esempio su tutti: l’acqua pubblica. Con il M5S si è tornato a discuterne. Per il resto, non so fino a che punto abbia pescato da altri movimenti, credo parecchio. Voglio ricordare solo il tema della decrescita, così attuale per una crisi che morde sempre di più. Per il resto, mi pare un coacervo ancora poco distinto, un laboratorio in itinere". MOVIMENTI DAGLI INDIANI METROPOLITANI AGLI INDIGNATI: LE MILLE STAGIONI DELLA RIVOLTA GLOBALE Pino Casamassima Sperling & Kupfer Pagg. 400 Euro 19,50.