Luigi Accattoli, Corriere della Sera 22/03/2013, 22 marzo 2013
I SEGNI E LE PAROLE CHE SOSTITUISCONO UN PROGRAMMA
Il Papa nuovo si è dato un nome ma non un programma e vive alla giornata ma lo fa con tale spontanea semplicità che pare Papa da sempre. Per ora è la novità della figura papale che propone a simulare un progetto se non un programma. Trattandosi di una novità corposa può essere che il suo pieno dispiegamento lo dispensi a lungo dalla necessità di dire in parole tutte le sue intenzioni. Pare ne voglia dire una al giorno, con le scelte che compie. A volte si tratta di scelte di parole, a volte di gesti, o simboli. Mai — fino a oggi — ha compiuto, o anche solo indicato, scelte di governo. Tra le parole, oltre al nome Francesco, possiamo mettere «poveri», «misericordia», «bontà», «tenerezza». Le prende dal Vangelo, le isola, ne fa un frammento del programma, come ha fatto con il nome. Tra i gesti: i saluti alla porta della chiesa, l’uscita in strada, la rinuncia ad alcuni ornamenti cerimoniali, la benedizione silenziosa ai non credenti, l’annuncio — dato ieri — della Lavanda dei piedi ai carcerati. Ma non ha detto una parola né compiuto un gesto in direzione del governo della Chiesa, non ha mai nominato la Curia: questa reticenza appare strategica, forse egli vuole uno spostamento forte del ministero petrino dal governo alla predicazione. Per ora la novità supplisce al programma. Papa Francesco porta infatti a unità e a completezza le tre immagini del Papa carismatico che abbiamo conosciuto lungo gli ultimi 55 anni, moltiplicando per tre — se si può dire così — l’effetto sorpresa di ognuna di loro: la semplicità di Luciani, la calda umanità di Wojtyla, il richiamo evangelico di Roncalli. Come Luciani fa il parroco, ride a tutti e a ciascuno, parla mirando a essere inteso dalle persone più semplici, racconta dell’elezione a Papa come di una minaccia venuta a turbare la sua vita: «Quando la cosa diveniva un po’ pericolosa». Luciani aveva detto: «Appena è cominciato il pericolo per me». Come Wojtyla ci appare estraneo alla gestualità e al linguaggio della tradizione ecclesiastica romana, che è rigida e prevedibile. Prima di qualsiasi progetto è una prepotente vocazione d’uomo vivo ad avvicinarlo all’umanità circostante. Come Roncalli il Papa argentino aggancia a un motto evangelico ogni sua anche minima esortazione: poveri, pace, misericordia, bontà, tenerezza. Pone la misericordia a parola chiave della sua predicazione: «Per me è il messaggio più forte del Signore». Roncalli ad apertura del Vaticano II aveva affermato la necessità per la Chiesa di usare «la medicina della misericordia piuttosto che della severità». Mettendo insieme i tre richiami a Luciani, a Wojtyla e a Roncalli riusciamo a individuare quale potrà essere domani la figura intera del Papa nuovo: un uomo semplice determinato a restare se stesso e ad annunciare ai poveri la misericordia. Per realizzare questo sogno dovrà fare riforme ma è probabile che le faccia senza parlarne.
Luigi Accattoli