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 2013  marzo 22 Venerdì calendario

IL BIMBO CONTESO TORNA DALLA MAMMA “FINE DELL’INCUBO, NON MI MUOVO PIÙ”


Una felpa rossa tutta nuova, due occhi furbi. La mamma non gli stacca gli occhi di dosso. «Me lo sono andato a prendere mercoledì sera. “Lorenzo, sei libero”, gli ho gridato. Suo padre aveva aperto la porta appena una spanna e quando ha visto che ero io l’ha sbarrata, ed ha anche girato la chiave. Ma sono riuscita a tornare a casa con il mio bambino». Lui, il piccolo più strattonato d’Italia, si avvicina alla mamma e le parla in un orecchio. «Se non ci fossi stato io... Racconta pure, ma devi essere più precisa ». «È vero — dice la madre — si è liberato da solo. Dopo avere chiuso l’uscio il mio ex marito è stato distratto da una telefonata e allora Lorenzo ha sbloccato la serratura, è uscito di corsa e mi ha abbracciato ». Qui, nel salotto della casa del bimbo che abbiamo chiamato Lorenzo, la storia sembra finire come in una favola. Il piccolo «rubato » è tornato nel suo letto, la Corte di Cassazione ha detto che quella diagnosi di Pas (Parental Alienation Syndrome) non è una cosa seria e che un nuovo tribunale dovrà decidere il futuro del bimbo: ma senza quella diagnosi il piccolo difficilmente potrà essere di nuovo portato via.
«Lorenzo ha dormito tutta la notte. Io no: sono rimasta sveglia a guardarlo». Il ragazzino è vestito di nuovo perché in questi cinque mesi (era il 10 ottobre quando il padre, uno psichiatra e tre poliziotti lo presero nella sua classe di V elementare) è cresciuto di quattro dita ed è dimagrito di otto chili. «Non gli andava più bene nessun abito». Lui, seduto sul divano giallo, sembra impegnato con un videogioco ma sgranocchia un pacco di bruschette e non perde una battuta. «Ha chiesto alla nonna di preparagli i suoi piatti preferiti: pasta con pomodoro e mozzarella passata al forno, bistecca, patate con il prezzemolo…». «Io l’ho rivisto — racconta la nonna — solo ieri sera. In questi mesi non ho nemmeno potuto mandargli un messaggino di auguri per Natale».
La telefonata dell’avvocato Girolamo Coffari che annuncia la sentenza della Cassazione, la corsa verso la comunità di Padova. «Doveva essere lì, il mio piccolo, e invece non c’era. La suora non mi ha nemmeno detto dove si trovasse. E allora sono corsa alla casa del padre, ho suonato tutti i campanelli del condominio perché lui non mi apriva. Poi quella porta socchiusa e subito serrata, e Lorenzo che mi apre e scappa con me. “Mamma, davvero è finito questo incubo?” A casa, prima nella mia e poi in questa della nonna, si è comportato come chi è stato in vacanza e ha fatto il giro del mondo. È entrato in ogni stanza, ha toccato mille oggetti. Poi mi ha detto: da qui non mi muovo più». Adesso, sul tavolo ci sono la Playstation, decine di videogiochi, la carte di Yu Gi oh! «Cosa gli è piaciuto di più, in questo ritorno?». Il bimbo ascolta, sgranocchia, non parla ma alza un dito: indica la mamma.
Va in cucina dalla nonna che già pensa alla merenda. Si può fare una domanda pesante. Signora, lo sa che, visti da lontano, lei e il suo ex sembrate due genitori che non pensano al bene del bambino ma lo trattano come un pacco postale? «Ho letto i giornali, ho visto le tv. Ma qui non si tratta di un “bambino conteso” ma di un bambino che non viene ascoltato. A dieci anni si possono esprimere le proprie idee e i propri desideri. La mia casa è sempre stata aperta al papà, anche se avevo l’affido esclusivo. Era lui che non voleva venire a casa mia ma voleva gestire il figlio nei fine settimana e durante le vacanze. E Lorenzo non voleva andare da lui. Poi hanno inventato questa Pas che è una vera peste».
«Un genitore alienatore attiva — ha scritto il suo inventore, lo psichiatra Richard A. Gardenr — un programma di denigrazione contro l’altro genitore e il bambino fornisce il suo personale contributo alla campagna di denigrazione ». In breve, se il bambino parla e dice ciò che vuole, non va ascoltato perché plagiato. È per questo che la Corte d’appello di Venezia aveva deciso di “resettare” il bambino, come un computer infestato dai virus. Non sembra proprio che il tasto reset abbia funzionato. «Non ho visto mio figlio per tre settimane e poi ci sono stati due incontri la settimana». «Mamma, devi essere precisa. Un incontro dopo tre settimane, poi due incontri, poi tre…». «E Lorenzo approfittava dell’ultimo abbraccio per sussurrarmi in un orecchio: mamma stai attenta che qui ti vogliono incastrare. Ho sentito il papà che si metteva d’accordo con lo psichiatra e diceva che…». Il padre non risponde al telefono. All’Ansa dice di non avere ancora letto la sentenza della Cassazione. «I giudici di Venezia avevano deciso di togliere il bimbo dai condizionamenti affettivi della madre e della sua famiglia alienante. Ora la Cassazione dice che questo lavaggio del cervello non esiste».
Cinquantadue giorni senza scuola, solo lezioni private. Poi un’altra quinta classe a Padova. «Ma anche qui è stato bravo. Tutti 9 e due 10. La sua scuola è però quella di Cittadella, dove è andato anche alla materna. Ci tornerà lunedì ». Il bimbo torna dalla nonna. «La penna di uno psichiatra è un’arma più potente di un fucile. Con la mia battaglia penso di avere aiutato tante altre mamme. Oggi sono felice. E anche stanotte, credo, starò sveglia per guardare mio figlio nel suo letto».