Antonella Rampino, La Stampa 22/3/2013, 22 marzo 2013
NESSUN MANDATO PIENO LA FORMULA DELL’INCARICO
A chi darà l’incarico, Giorgio Napolitano? E che tipo di mandato avrà? Quando a fine giornata si apre la porta dello Studio alla Vetrata e ne esce il presidente della Repubblica, ai giornalisti che i grillini avevano bistrattato e che lui invece sente di dover salutare con simpatia, dice «abbiamo lavorato, e ora devo riordinare appunti e idee. Domani vi dirò, ora andate, avete bisogno di riposo anche voi». Non sembra affatto provato, in verità, e dunque, oggi sapremo. Ma intanto, confermano fonti del Quirinale, emerge un incarico a Bersani. Il perché, quasi non occorre dirlo. In parte, è un passaggio obbligato. Si tratta del partito di maggioranza assoluta alla Camera, e di maggioranza relativa al Senato. Per giunta, il Pdl dice di volergli votare la fiducia, anche se sul punto il Pd motivatamente si rifiuta. Magari non spiacerebbero i voti dei singoli - Bersani dice del resto pubblicamente che propone il suo programma di governo «a tutti i parlamentari» - ma niente governissimi o larghe intese. Ma a quanto riferiscono fonti oculari dell’incontro con Napolitano, pare che le parole pronunciate da Berlusconi in favore di «un governo di coalizione Pdl-Pd» siano state così fervide che a un certo punto il capo dello Stato ha dovuto ricordare con tono scherzoso che però, per sposarsi, bisogna essere in due.
Infine, dopo che la precedente nottata aveva fatto nascere e crescere, per far sfiorire con il sorgere del giorno, un incarico esplorativo alla seconda carica dello Stato, cioè a Piero Grasso, bisognerà comunque attendere che sia Giorgio Napolitano a dire «il presidente incaricato è Pierluigi Bersani». Deve, al momento in cui scriviamo, ancora passare la nottata. Ma pare proprio che questi sogni non moriranno all’alba. E, beninteso, nessuno ha pronunciato la parola «incarico» nell’incontro con il capo dello Stato del segretario del Pd e dei capigruppo Luigi Zanda e Roberto Speranza.
Del resto, nessuno degli interlocutori del presidente, nella lunga giornata cruciale delle consultazioni, ha avuto qualche impressione, o ha visto schiudersi uno spiraglio, o filtrare almeno un indizio sulle intenzioni del presidente. Napolitano li ha fatti parlare, e parlare, e parlare. Perché, come costituzionalmente previsto, la fase delle consultazioni serve al capo dello Stato per sapere quali siano gli orientamenti delle forze politiche sulla formazione del governo. E passati come un lampo Grillo e i suoi con la richiesta di un proprio governo, incongrua politicamente e rispetto ai numeri poiché si tratta della terza forza parlamentare, si è entrati nel vivo con gli incontri con Pdl e Pd. Lo stesso Napolitano ha lungamente argomentato, ad esempio, sulla complessità del nostro sistema istituzionale, sui passaggi costituzionali e le loro lungaggini, paragonandoli a Paesi in cui dopo le elezioni c’è sicura governabilità, e anche offrendo una completa casistica dei precedenti nelle fasi in cui la formazione dei governi è stata particolarmente ardua, e mai come nessuna come questa a quanto pare. E questo particolarmente nell’incontro clou della giornata, quello con la delegazione del Pd. Mentre ad altre delegazioni avrebbe fatto capire di avere una carta di riserva - un piano B - per un governo di scopo su un programma di pochi punti, da affidare a una personalità super partes, che non può più essere Mario Monti. Quello che coincide, nelle impressioni degli interlocutori, è che il presidente è determinato e fermo, «deciso ad andare avanti, per dare un governo all’Italia, fino all’ultimo giorno del settennato».
Quanto al tipo di investitura, occorre dire che la fase non è quella del mandato pieno: occorrerebbe avere la maggioranza in entrambi i rami del Parlamento. Sarà un incarico. Esso si accetta, normalmente, «con riserva»: ovvero si esplorano le possibilità di formare un governo, considerando che è possibile anche fallire. Ma la riserva è legata anche a questioni poste dal capo dello Stato. Che da Bersani vorrà sapere le possibili convergenze che portino ad avere una maggioranza anche in Senato, su che tipo di programma di governo. Occorrerà dunque ancora del tempo.
Fuori, sulla piazza del Quirinale, ci sono i cittadini che aspettano: stanno lì, dietro la transenna, un centinaio o poche decine a seconda delle ore nella lunga giornata. E quello aspettano: un governo per l’Italia.