Valentina Conte, la Repubblica 22/3/2013, 22 marzo 2013
CANTIERI STRADALI, SIRINGHE E SCUOLE TUTTI I “PAGHERÒ” DELLO STATO
Edilizia, sanità, piccole e grandi opere pubbliche. Come la messa in sicurezza delle scuole, il contrasto al dissesto idrogeologico, il ripristino di strade ridotte a colabrodo. I 40 miliardi disincagliati dal patto di stabilità si riverseranno quest’anno e il prossimo nelle tasche vuote di imprese esauste che per lo più hanno già fatturato con Enti locali, sanitari o ministeri. E che hanno cantieri sul territorio aperti ma fermi, rifornito Asl e ospedali di siringhe e apparecchi diagnostici, offerto il servizio mensa e lavanderia. Ma senza mai incassare.
LA TORTA INCERTA
La spartizione ufficiosa della “torta” vede le Regioni al top, con la metà dei fondi a loro destinati (20 miliardi), per cancellare i copiosi debiti sanitari. Mentre l’altra metà divisa tra Comuni (9-10 miliardi), Province (2 miliardi), Amministrazione centrale (8 miliardi). Ufficiosa, perché nulla si sa su tempi, modi, priorità del rimborso, affidati a un futuro decreto. Forse anche a un futuro esecutivo. Il meccanismo sarà quello della certificazione dei crediti vantati dalle imprese, per mezzo della piattaforma elettronica Consip messa in piedi dal governo Monti. Sin qui l’iter si è però rivelato complesso e soprattutto inefficace visto che a gennaio 2013 erano stati sbloccati appena 3 milioni (1.227 imprese abilitate), su 71 miliardi di debiti totali (dato Bankitalia del 2011, salito quantomeno a 80 miliardi nel 2012).
MALUMORI
I primi mal di pancia, non a caso, arrivano dalle imprese. Confindustria plaude con riserva («Finalizzare velocemente »). Confcommercio e Rete Imprese Italia piuttosto contrariate («Ennesimo rinvio»). In effetti, i tempi potrebbero allungarsi ancora, vista l’incognita politica. Il ministro dell’Economia Grilli punta a un’emissione di titoli del debito pubblico “dedicati”, cioè ad hoc, per pagare direttamente le imprese o rifornire di liquidità gli Enti. Esclude però il ricorso alla Cassa depositi e prestiti («Non ha senso usarla per pagare debiti non suoi»). Che invece sarebbe caldeggiato, per fare più in fretta, dal ministro Passera, ieri in silenzio critico (“Giudizio sospeso”, fanno sapere dallo Sviluppo economico). Si valuta poi il metodo spagnolo: obbligare tutte le amministrazioni a certificare i debiti entro un mese e affidare a una società veicolo l’erogazione dei soldi, a fronte dell’emissione di debito pubblico.
BENEFICIARI
I Comuni sono invece soddisfatti. «Abbiamo fatto una battaglia giusta», esulta Graziano Delrio, presidente Anci. Tradotto: 9-10 miliardi già nelle casse dei sindaci da spendere subito (sui 45 totali di residui passivi), per 20 mila opere con stati di avanzamento lavori già chiusi. La deroga al patto di stabilità, reo di bloccare i denari, aiuterà anche le Province: 2 miliardi da sganciare nell’immediato su 3,8 complessivi. Ci sono poi altri 7 miliardi (su 12) ora “liberati” di cofinanziamento che le Regioni possono abbinare ai fondi strutturali europei. Insomma, una ventata d’aria fresca per il settore delle costruzioni che vanta ben 19 miliardi incagliati (4,7 già in cassa e 8,6 di nuovi lavori da avviare): quasi un terzo dei 71 miliardi di debiti totali della P.a. (8 mesi in media il tempo di incasso). E poi c’è la sanità. Le imprese fornitrici del “pubblico” aspettano 40 miliardi (220 giorni, il tempo medio): 5 miliardi per dispositivi medici, 4 per forniture farmaceutiche, 34 per i servizi, il resto a farmacie e strutture convenzionate (come rilevato dalla Corte dei Conti nel 2011). Il 60% dei crediti “sanitari” sono concentrati non a caso nelle Regioni con tempi di pagamento sopra i 200 giorni. Il 70% in quelle commissariate e sottoposte a Piano di rientro.