Stefano Feltri, il Fatto Quotidiano 21/3/2013, 21 marzo 2013
L’EUROPA ORA PENSA DI ABBANDONARE CIPRO E LE SUE BANCHE
Il problema è che non c’è un piano B: dopo che il Parlamento di Cipro ha bocciato la tassa sui conti correnti per risanare le banche, la crisi cipriota rischia di degenerare. “Siamo tutti molto preoccupati”, dice il presidente del Consiglio europeo Herman van Rompuy. Le banche dell’isola oggi non riapriranno. Forse, ma solo forse, torneranno in funzione martedì prossimo. Più dura la chiusura, maggiore il rischio che si verifichi una disastrosa corsa agli sportelli appena sarà possibile: chi si fida a lasciare i risparmi in quelle banche?
LE COSE sembrano peggiorare di giorno in giorno: per evitare che una crisi di liquidità si trasformi nel crac del sistema bancario, servirebbe un ombrello della Banca centrale europea, che garantisca agli istituti ciprioti di poter affrontare il prevedibile deflusso di moneta che si verificherà alla riapertura. Ma da Francoforte ieri non sono arrivati i segnali rassicuranti che molti davano per scontato: la resistenza è, manco a dirlo, dei tedeschi. Se non saranno chiari i termini del “salvataggio” di Cipro e del suo sistema bancario, la Bce non firmerà alcun assegno in bianco. Mario Draghi potrà offrire interventi di emergenza soltanto se il governo di Nicosia si obbligherà a impegni specifici. Comincia a circolare l’idea che, se non si trova un compromesso, Cipro potrebbe anche essere abbandonata, con il suo cratere bancario da 17 miliardi di euro (piccolo in assoluto, enorme per l’isoletta che ha un Pil annuale analogo).
IL CAPO ECONOMISTA globale di Unicredit Erik Nielsen, in una nota di ieri, non sembrava particolarmente preoccupato: “Se dovesse verificarsi un collasso, il contagio non sarebbe affatto scontato. Questa è la crisi in un sistema bancario off-shore grande molte volte il Pil del Paese che lo ospita, ma che non ha importanza sistemica”. Meglio comunque non mettere alla prova questa teoria, l’ultimo fallimento controllato di un soggetto considerato non sistemico è stato quello di Lehman Brothers, la banca americana abbandonata dall’amministrazione Bush nel 2008. E non è un precedente che invita all’ottimismo. Il presidente della Federal Reserve, la banca centrale americana, Ben Bernanke, ha detto che sta monitorando la situazione ma che per il sistema bancario americano non dovrebbero esserci rischi gravi. Le Borse per ora non cedono al panico, anzi: ieri Milano ha chiuso in rialzo del 2,2 per cento. Ma gli investitori non sono affatto sereni, semplicemente confidano nel fatto che, presto o tardi, qualcuno interverrà.
Spesso il pessimista è soltanto un ottimista ben informato. E le informazioni disponibili sono queste. Il Parlamento ha bocciato lo schema deciso dall’eurogruppo, a Bruxelles, nella notte tra venerdì e sabato: una imposta straordinaria del 6,75 per cento per i depositi bancari sotto i 100mila euro, 9,9 per cento per quelli superiori. Quell’accordo ora non ha padri: la Francia (che pure era presente all’Eurogruppo) critica esplicitamente la scelta, la Commissione Ue rivela di essere sempre stata favorevole a esentare le somme basse dal prelievo, perfino lo stesso Eurogruppo ha suggerito che forse è meglio garantire i piccoli depositanti senza responsabilità nel dissesto. Tutta la colpa, insomma, sarebbe di Nicosia che non ha voluto un prelievo con la doppia cifra perché sarebbe stato una pubblicità negativa per l’attraente piazza finanziaria cipriota (limitando la tassa ai depositi sopra i 100 mila euro serviva un’aliquota del 15 per cento). Chissà. Oggi il governo cipriota dovrebbe elaborare una nuova ipotesi di compromesso. Vedremo.
Il presidente Nicos Anastasiades, per la verità, non sembra avere una gran fretta. Sa che più passano i giorni, maggiore sarà il panico e quindi crescerà il suo potere contrattuale.
SOPRATTUTTO se continua ad avvicinarsi alla Russia: ieri il ministro delle Finanze Michalis Sarris, oggi è volato a Mosca per trattare direttamente con il Cremlino. A Cipro sono investiti miliardi di capitali russi (da riciclare, sostengono in tanti). E Nicosia spera che Vladimir Putin offra un sostegno concorrenziale a quello europeo. Magari non per consegnarsi davvero alla Russia, ma per spuntare condizioni migliori da Bruxelles. Tutti i protagonisti stanno rialzando la posta, sperando che gli altri giocatori non chiedano di vedere la mano. Il rischio che alla fine qualcuno perda il controllo è però alto. Ieri si ipotizzava il blocco alla circolazione dei capitali per il giorno in cui riapriranno le banche. Una mossa estrema che sarebbe inevitabile nel caso un Paese pensasse di uscire dall’euro. Chissà.