Luca Bergamin, SportWeek 2/3/2013, 2 marzo 2013
VI SPIACE SE MI RIVESTO?
Il suo nome, Mark Roberts, magari non vi dice nulla. Ma il suo corpo nudo non può essere passato inosservato a chi guarda lo sport in tv, anche se le sue apparizioni vengono... arrestate dopo pochi secondi dalla polizia. Sui suoi documenti, alla voce "lavoro" dovrebbe esserci scritto streaker, letteralmente colui che corre come un lampo. The King di questa specialità amata dagli anglosassoni ha invaso per 519 volte nudo i campi in cui si disputano eventi come Wimbledon, Ascot, la finale di Champions o la Ryder Cup. Col suo petto muscoloso che recava tatuato il nome dello sponsor ha "disputato" anche le Olimpiadi (estive e invernali) e i Mondiali di nuoto... Adesso, però, a 48 anni ha annunciato il proprio ritiro. Una notizia sparata in prima pagina dai tabloid inglesi. Mentre Channel 4 gli ha persino dedicato un documentario televisivo intitolato L’uomo che non sa tenere i vestiti addosso.
Mark, sicuro di voler smettere?
«Sugli spalti o in tv, mi hanno visto con i genitali a penzoloni oltre mezzo miliardo di persone, penso che possa bastare. Non vorrei che dalle risate si passasse alla derisione. E poi i miei figli. Rebecca di 24 anni; Mark che ne ha 19 e Georgia di 15 mi hanno pregato di finirla qui: dicono che si vergognano un po’ del padre».
Ma lei imbarazzo l’ha mai provato?
«Mi sento uno showman e penso che col mio gesto semplice, provocatorio, per nulla volgare ho fatto ridere milioni di persone. Adesso mi hanno offerto di condurre un programma comico negli Stati Uniti. E a Natale pubblicherò un libro autobiografico provocatoriamente intitolato I Didn’t Know An Inch Would Take Me This Far (Non pensavo che un pollice, inteso come unità di... misura, mi avrebbe portato così lontano; ndr). La gente, insomma, mi vuole bene».
Perché uno streaker fa quello che fa? Per soldi? Per fama? Per vanità?
«Sterline ne ho guadagnate pochissime. Per anni ho avuto come sponsor un casino on line, ma mi dava quel tanto che bastava per pagarmi le spese. Non credo nemmeno di essere sessualmente così dotato, se è per quello. L’ho fatto per puro divertimento. Nel 1993, mentre lavoravo come barista a Hong Kong, vidi una donna fare la streaker a una partita di rugby a 7 e dissi ad alta voce: "Bello, lo posso fare anch’io". Alcuni avventori scommisero su di me. Il giorno successivo trovai un’automobile ad aspettarmi per portarmi allo stadio, non potevo più tirarmi indietro...».
È vero che anche le agenzie inglesi scommettono sui suoi streak?
«Me lo proposero, ma io mi sono sempre rifiutato di farlo per scommessa. Quando corri davanti a 50 mila persone senti una carica pazzesca. Tutti ridono, dalla tribuna si alza un boato e a te sembra di impazzire di gioia quando durante una partita di rugby abbranchi la palla ovale e vai in meta tra gli All Blacks».
Lo streak più pazzesco?
«Nel 2004, alla finale del Super Bowl in Texas davanti a 130 milioni di persone in diretta che guardavano la partita da 87 Paesi. Mi vestii da arbitro riuscendo così a salire sul bus che portava quelli veri allo stadio. In quell’occasione ho avuto veramente paura di finire male. La polizia americana non scherza».
La volta in cui ha preso più botte?
«All’Old Trafford di Manchester me le hanno date di santa ragione. Lì non ho più voluto riprovare».
La corsa adamitica più divertente?
«Ad Ascot tra gli uomini in tight. Prima mi ero travestito da donna, con tanto di rossetto e cappellino. E il tuffo col tutù rosa nella piscina dei Mondiali di nuoto di Barcellona. Mi contattò persino il Guinness dei Primati, poi però cambiarono idea sostenendo che non dessi il buon esempio».
Come fa a evadere la sorveglianza e intrufolarsi in campo per poi spogliarsi e correre nudo? Ha dei complici? La lasciano passare perché ormai è famoso?
«Nessun aiuto. Ogni streak richiede studio, preparazione, perlustrazioni. Scarico da Internet le planimetrie degli stadi, vado a fare le fotografie. E poi lasciatemi dire che sono bravo. Il più bravo».
Va bene. Ma ci sarà stata una volta in cui anche Mark Roberts ha fallito.
«Cinque appena contro 519. La più amara fu alla finale della Coppa del Mondo di calcio del 2006, a Berlino. Ero riuscito a nascondermi dentro la buca piena d’acqua della pista di atletica, uscii all’improvviso ma mi bloccarono a un metro dal campo».
In Italia quante volte abbiamo avuto il piacere di vederla nudo?
«All’Olimpiade Invernale di Torino del 2006 piombai sul campo di curling e lucidai una delle "tazze". La polizia italiana fu gentilissima, mi rispedì a casa praticamente subito. Così presi l’aereo per Rotterdam e nemmeno 24 ore dopo lì riuscii a ripetere il mio "show" a un torneo indoor di tennis».
Come si comportano con lei gli atleti di cui interrompe le prestazioni? È mai diventato amico di un top player o di un altro sportivo famoso?
«Li vedo sempre ridere, ma nessuno mi ha mai detto nulla, dura troppo poco il mio passaggio perché si possa scambiare qualche parola. Però sono diventato amico del rapper Puff Daddy dopo il Super Bowl. E ho incontrato Stevie Wonder».
Perché ai Giochi di Londra non l’abbiamo vista all’opera?
«Mi avevano detto che mi avrebbero ritirato il passaporto se ci avessi provato».
E la tentazione di farlo durante un’apparizione della Regina?
«No, Sua Maestà non la si deve nemmeno nominare».
Però non si è fatto mancare altri eventi, anche non sportivi....
«Ho interrotto il programma delle previsioni del tempo in diretta televisiva, la corsa dei tori di Pamplona, una finale di Miss Mondo, l’inaugurazione di mostre alla Tate Britain, la cerimonia del Turner Prize...».
È finito tante volte in carcere, ma è sempre stato perdonato.
«Nel 2007, la polizia di Merseyside mi ingiunse un provvedimento che mi impediva di mostrare i genitali in pubblico. Ma poi il giudice mi assolse sostenendo che il mio comportamento non fosse oltraggioso del pubblico decoro».
Scusi, una curiosità: ma lei in spiaggia che cosa fa?
«Io sono molto timido fuori dal campo di gara. Non ho mai frequentato un lido per nudisti, mi copro sempre con l’asciugamano».