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 2013  marzo 08 Venerdì calendario

RICERCARE DIO SU GOOGLE NON È UN’ERESIA


Anni fa, studiando il fenomeno Second Life, il mio avatar si aggirava tra le sue sim, cercando di capire come si vive la "seconda vita". Quello che mi ha stupito allora era la varietà di presenza religiosa tra le regioni e le isole. Ho trovato di tutto: da istituzioni "autodosse" e pan-denominazionali a templi di grandi religioni tradizionali. Esisteva anche una sorta di piazza delle religioni in cui si ritrovavano ricostruzioni di una cattedrale, di una moschea, di una pagoda, di un tempio zen, di un tempio indù, di una sinagoga, di un tempio Kiva. Tra le chiese anche simulazioni della cattolica Notre-Dame di Parigi o della anglicana St. Paul di Londra. E queste chiese erano frequentate dagli avatar per la preghiera. Mi ha colpito la testimonianza di un musulmano: «Io metto il mio avatar in posizione di preghiera e nello stesso tempo io prego. La mia preghiera nella mia stanza è valida e la mia preghiera online è simbolica». E come non ricordare la splendida cattedrale nell’isola di Epiphany dove padre Mark Brown guidava la preghiera dei vespri, molto frequentata da avatar? Insomma: col crescere degli spazi digitali molti avevano cominciato ad avvertire il bisogno di creare luoghi di preghiera o addirittura chiostri e conventi per tempi di sosta e di meditazione.
Certo, la Rete è stata anche incubatrice di nuove forme di religiosità che la considerano come uno "spazio sacro", le cosidette "cyber-religioni" quali il tecnopaganesimo o i culti ecologici tecno-spirituali. E comunque, attraversando queste realtà, a volte paccottiglia, è anche possibile farsi un’idea dell’enorme bisogno profondo di Dio che agita il cuore umano e che prende le forme più strane. Lo diceva già la grande scrittrice (cattolica) americana Flannery O’Connor: se credi e la tua fede non riesce a trovare una forma per esprimersi te ne vai in giro a far cose strane. Il «cuore affamato» evocato da sant’Agostino e cantato da Bruce Springsteen pulsa anche di bit.
I rischi? Si "naviga" con la mano: col mouse, col touchpad o direttamente su uno schermo. Per trovare e vedere occorre toccare. È la mano a guidare e gestire la visione in una logica di "apparizione", che può non essere senza conseguenze. La tentazione è quella di piombare in piena sensibilità neo-gnostica da self-service dell’anima, illudendosi che il sacro sia a portata di mano: basta un click per passare da un sito di neo-stregoneria a quello di un’apparizione mariana, oppure da un tempio neo-pagano a un sito di cristiani tradizionalisti. La Rete facilmente può essere paragonata a una sorta di grande supermarket del religioso in cui è possibile trovare ogni genere di "prodotto" religioso con grande facilità. La Rete dunque, anche per i cristiani, è da sempre spazio di discernimento e di missione: evaderla significherebbe venir meno a una sfida impegnativa e importante.
Ma il mondo di Second Life era destinato a svanire. E così tutta la paccottiglia che crede di poter appiattire "spirituale" su "virtuale" e ridurre il "virtuale" a fake, "fasullo". La Rete sempre di più sta diventando un ambiente ordinario di vita, il tessuto connettivo delle nostre esperienze. Non un luogo di alienazione, ma uno spazio di integrazione ed estensione della nostra capacità di conoscenza e relazione.
Benedetto XVI nel suo messaggio di rinuncia al pontificato ha ribadito l’importanza di affrontare le sfide dei «rapidi mutamenti». E durante il suo ministero non si è sottratto alle sfide, anche riguardo all’ambiente digitale. Nel gennaio scorso, nel suo messaggio per la Giornata delle comunicazioni, ha riconosciuto che «l’ambiente digitale non è un mondo parallelo o puramente virtuale, ma è parte della realtà quotidiana di molte persone». La Rete come luogo della "doppia vita" è una tappa infantile e, come tale, è destinata a sparire. La Rete dei network sociali è ormai la Rete della "prima vita" che connette – virtuosamente o meno è un’altra questione – volti, pensieri, immagini "reali" anche se digitali. Internet è un luogo caldo di umanità dove gli uomini esprimono i propri desideri, i propri dubbi, persino – come il Papa stesso ha riconosciuto – il desiderio di verità e gli interrogativi di senso. E così l’uomo alla ricerca di Dio oggi si pone anche di fronte a uno schermo e avvia una navigazione.
E a questo punto però lo stesso Benedetto XVI ha sorpreso molti dicendo che i social network non devono essere visti dai credenti semplicemente come uno strumento di evangelizzazione. La Rete non è da usare, ma da "abitare". Se entriamo in questa prospettiva il concetto tradizionale di cyber-religione in quanto "cosa in sé" cade. Non c’è una religione offline e una online: si vive la stessa fede che si esprime in entrambi gli ambienti.
Semmai la questione è: se la Rete ha un impatto sul modo di pensare, e la teologia è intellectus fidei, cioè pensare la fede, come la Rete cambierà il modo di pensare la fede? Questo oggi è il punto. Paolo VI in tempi non sospetti (1964) non ha esitato a dire che «il cervello meccanico viene in aiuto del cervello spirituale», immaginando futuristicamente lo «sforzo di infondere in strumenti meccanici il riflesso di funzioni spirituali».
Invece al vedere il Papa consapevole dei «rapidi mutamenti» su Twitter, dove ora anche la Segreteria di Stato vaticana ha aperto il suo account @TerzaLoggia, qualcuno si è strappato le vesti, dimenticando che il dito di Benedetto XVI che lancia la sua benedizione da uno schermo capacitivo touch (2012) è da vedere accanto all’immagine di Pio XI che benedice tra le valvole termoioniche della Radio Vaticana (1931) e, prima ancora, a quella di Leone XIII, filmato nel 1896 da un rappresentate dei fratelli Lumière, che registra la sua benedizione su nitrato di cellulosa. Twitter rappresenta la conoscenza connettiva e condivisa e il "Papa teologo" non sembra avere alcuna intenzione di starne fuori. Ed ecco il suo primo tweet: «Cari amici, è con gioia che mi unisco a voi via Twitter. Grazie per la vostra generosa risposta. Vi benedico tutti di cuore». Il Papa ha inteso «unirsi» alla conversazione così come lo hanno fatto altri leader religiosi cristiani e non, dal Dalai Lama al Primate della Comunione Anglicana Justin Welby o al Papa ortodosso Tawadros II. Anche in caso di naturale disorientamento, il cristiano dovrebbe ricordare le severe parole di Paolo VI a proposito dei media in un’enciclica del 1975: stando fuori o abbandonando la conversazione «la Chiesa si sentirebbe colpevole davanti al Suo Signore».
Insomma la Rete non è più la strana "casa" del dottor Jekyll e di mister Hyde, la casa del doppio virtuale e fasullo, e la cyber-religione è la fede che si esprime autenticamente anche nel contesto digitale.