Alberto D’argenzio, L’Espresso 22/3/2013, 22 marzo 2013
NON CI RESTA CHE IL MATERASSO
A Cipro, «è stato violato un altro tabù». Daniele Antonucci, economista di Morgan Stanley, sintetizza così il prelievo sui depositi concordato dal governo cipriota con l’Eurogruppo e poi abortito. Nel 2009 l’Unione europea decise di dare un segnale di sicurezza ai cittadini approvando una direttiva che proteggesse i deposit: 100 mila euro intoccabili in caso di fallimento della banca. Sono passati pochi anni e i ministri dell’Eurogruppo decidono di salvare Cipro imponendo, tra l’altro, una tassa sui depositi bancari per raccogliere 5,8 miliardi di euro (su 17 miliardi del piano di salvataggio di cui 10 di aiuti dalla zona euro). Il problema è che la tassa avrebbe colpito anche i depositi inferiori ai 100 mila euro. «L’idea – spiega ancora Antonucci - è la condivisione: non è solo il contribuente tedesco a pagare ma anche imprese e risparmiatori».
Sulle aliquote e le soglie da applicare la responsabilità rimbalza tra Berlino, Bruxelles e Nicosia: i tedeschi, che hanno voluto fortemente questa tassa, tanto da chiedere inizialmente un haircut ("taglio di capelli") del 30-40 per cento sui conti oltre i 100 mila euro, se ne lavano le mani, dando la responsabilità ai ciprioti. Ed è vero che il Presidente Nikos Anastasiades, in carica da un mese e dipinto come uomo della Merkel (il precedente, il comunista Dimitris Christofias, era quello di Putin), non voleva tassare oltre il 9,99 per cento i grossi depositi, per paura di far scappare i capitali stranieri. Con la conseguenza di essere costretto a estendere il prelievo anche ai piccoli risparmiatori. Non a caso la banca centrale cipriota parla di fughe di capitali per un ammontare pari al 10 per cento, un terzo del Pil dell’isola. Fatto sta che l’Eurogruppo il 15 marzo ha approvato il piano, inclusa la mazzata sui conti teoricamente protetti dalla direttiva. Ed è scoppiato il caos. «Si tratta di una decisione di una stupidità estrema che rischia di spingere la zona euro in una nuova crisi», attacca Paul De Grauwe, economista belga e professore alla London School of Economics, «qualche anno fa abbiamo deciso di stabilire un sistema di garanzia dei depositi fino a 100 mila euro in modo da stabilizzare il sistema, arriva la crisi a Cipro e si dice che non si applica più la norma. Ciò vuol dire – insiste - che se la crisi batte con più forza in Italia o in Spagna i correntisti correranno alle banche a ritirare i depositi, ci sarà una nuova crisi bancaria. È una mossa incomprensibile. Per mantenere il modello bancario off-shore, per attrarre capitali mafiosi e illegali hanno deciso di far pagare anche il piccolo risparmiatore».
I ciprioti sono scesi in piazza, furenti, e il Parlamento, che doveva approvare la misura, è stato preso dai ripensamenti. Chi invece ha immediatamente capito cosa andava fatto sono i russi: scappare, portare via i soldi dal loro paradiso fiscale favorito. E i russi non vanno al bancomat: da lunedì l’aeroporto di Larnaca colleziona jet privati, provenienti da Mosca. «Tutti i miei clienti russi se ne stanno andando, con i loro soldi. Cipro non produce alcun bene, l’unica cosa che produciamo sono i servizi finanziari e ora che si tassano i depositi cosa fanno i nostri clienti stranieri? Scappano!". A.N. è un avvocato di Nicosia, non ha preso d’assalto le banche e non ha manifestato di fronte alla sede del Parlamento, ma nemmeno lui riesce a trattenere la rabbia. «È l’Europa che me li fa scappare».
Ai russi sono intestati un quarto dei depositi delle banche cipriote e da loro viene un terzo degli investimenti stranieri nell’isola. A Cipro sono di casa i fondi di Abramovich e di altri oligarchi come Kerimov, l’uomo che ha portato il calciatore Eto’o in Dagestan, il re dei metalli Deripaska o i proprietari dell’aeroporto Domododevo di Mosca.
«Ci sono legami molto forti tra Cipro e la Russia - spiega ancora Antonucci - la religione ortodossa, il 2,5 per cento della popolazione parla russo e poi le connessioni degli investimenti, che sono molto grandi. Apparentemente Cipro investe cinque volte il suo Pil in Russia, ma spesso il vero investitore è russo». Cipro è il primo tra i paesi stranieri che investono in Russia (vedere grafico qui sopra), un’anomalia che si spiega con il fatto che dietro alle società cipriote ci sono i russi, sono soldi che tornano a casa, magari dopo un lavaggio. Un rapporto impennatosi negli ultimi dieci anni grazie al Trattato fiscale sulla doppia tassazione del 1998 che assicura alle società russe basse aliquote sui dividendi, del 10 per cento (ma si può scendere fino allo 0) e l’uso a Cipro del diritto anglosassone.
Secondo l’agenzia di rating Moody’s alla fine del 2012 le banche russe avevano depositi per circa 9 miliardi di euro negli istituti ciprioti mentre le società avevano conti per più o meno 14,4 miliardi. Un totale di oltre 25 miliardi, per cui oltre la metà dei 5,8 miliardi che l’Eurogruppo contava di ricavare tassando i conti bancari ciprioti sarebbe dovuto arrivare proprio dalle società russe. Ma non solo.
Il cocktail di sole, paradiso fiscale, gas, petrolio e posizione strategica ha infatti fatto breccia anche nel cuore di cinesi e israeliani. Come pure di alcuni italiani. Per esempio l’ex tesoriere della Lega Francesco Belsito che si serviva della Krispa Enterprises di Larnaca. O Bruno Mentasti, l’imprenditore amico di Silvio Berlusconi, che era socio della Centrex la cui holding di controllo aveva sede nella capitale dell’isola.
In difficoltà con l’Europa, Cipro si guarda attorno, forte del rinnovato ruolo strategico ereditato dalla scoperta dei giacimenti e dalla guerra in Siria. «Si dice che i ciprioti siano i migliori negoziatori del mondo, che racchiudano la migliore tradizione mercantile greco-turco-britannica», sospira una fonte comunitaria, «ma qui in Europa nessuno capisce come stanno gestendo la cosa». Mercoledì 20 marzo il ministro dell’economia Michael Sarris è partito per Mosca, in teoria per rinegoziare i termini del primo prestito da 2,5 miliardi concesso nel 2011 dalla Russia per salvare i due principali istituti, la Banca di Cipro e Laiki Bank, troppe esposte sul debito ellenico, ma non si escludono altre trattative. «La prospettiva europea è che l’intervento da 5,8 miliardi deve diminuire il debito a lungo termine, se l’aiuto russo va in questa direzione si può accettare, se è un assegno per tappare la falla, no», insiste la fonte. Si vocifera di un intervento di Gazprom Bank, che potrebbe comprare azioni degli istituti ciprioti in cambio di garanzie sui giacimenti di gas e petrolio, un’offerta fatta da Nicosia anche all’eurogruppo, ma rigettata da Berlino. Intanto, i jet privati russi attendono all’aeroporto di Larnaca. E se Cipro tasserà i depositi, partiranno per un’altra destinazione. «Dovremo trovare altri paradisi fiscali», assicura Anton Danilov-Danilian, Presidente dell’unione di imprenditori Delovaya Rossiya, «tra le alternative, Belize è una delle più promettenti». Dasvidania Cipro, meglio i Caraibi.