Fabrizio Gatti, L’Espresso 22/3/2013, 22 marzo 2013
ZAR DI TUTTE LE MENSE
Putin guarda il mondo dalle finestre del suo castello. E il mondo là fuori sta cambiando in fretta. È vero che gli oligarchi del centrodestra hanno recuperato alle elezioni e sono di nuovo in Parlamento. Ce l’ha fatta anche l’amico Giancarlo. Ma questa è solo la buona notizia. Quella brutta è che la Guardia di Finanza ha cominciato a indagare sugli stessi anni in cui Giancarlo Galan, l’amico, ex governatore, ex ministro e neo eletto alla Camera, ha tenuto insieme il sistema Nordest: che, tradotto, è il patto tra imprenditori e politica con cui da quasi vent’anni Pdl e Lega governano il Veneto. Perché questo Putin non è il famoso Vladimir che vive a Mosca. Mario Putìn, 63 anni, lo zar delle mense, abita a Costabissara, nove chilometri da Vicenza. Sì, si legge Putìn. L’accento sulla i, nella più classica delle cadenze venete. L’importante è che non lo si pronunci alla francese.
L’imprenditore è ormai lanciato alla conquista degli appalti nella sanità e nei Comuni di mezza Italia. Roma compresa. Al di qua del Tevere, i contratti con il Campidoglio di Gianni Alemanno. Di là, il prestigioso sbarco in Vaticano per sfamare turisti e dipendenti. La gente non immagina quanta diplomazia ci sia dietro un piatto di maccheroni servito ai bambini di una scuola o ai malati ricoverati in ospedale. La pasta, il sugo, il formaggio grattugiato sono soltanto gli ultimi ingredienti. Non sarà la crisi a infastidire lo zar e la crescita ininterrotta della sua Serenissima ristorazione spa: tredici anni di bilanci d’oro che hanno portato i ricavi della capogruppo di Vicenza dai 43 milioni del 1999 ai 241 del 2012. Non è nemmeno l’avvelenamento l’anno scorso tra gli ospiti della casa di riposo a Oderzo, due morti e 42 intossicati vicino a Treviso. Non hanno fermato il decollo di Putin le freccette di plastica nella carne: «Colpa di un ragazzo che aveva fatto uno scherzo ai compagni di classe», sostiene lui, anche se dalla contestazione del Comune di Padova risulta una scuola materna. Né gli insetti nella minestra alla mensa di un asilo nido. E neppure la pasta al vetro e pomodoro, due anni fa in due scuole a Sasso Marconi, sull’Appennino bolognese, le mozzarelle blu all’istituto Saragat di Anzio, la frutta e i panini ghiacciati all’ospedale San Martino di Genova. «Tra il 2008 e il 2012 abbiamo prodotto 250 milioni di pasti», dice Mario Putin: «In tutti questi anni nessun nostro dipendente o amministratore è mai stato condannato».
Quella che potrebbe risvegliarsi dai cassetti dove dorme da anni però è la storia degli appalti. La volta che Putin è riuscito a farsi assegnare dall’Azienda ospedaliera e dalla Ulss 16 di Padova il contratto fino al 2018 per i pasti a pazienti e dipendenti: 152 milioni di valore complessivo, ottenuti a trattativa privata. Cioè senza gara. Che poi è la stessa volta in cui ha caricato sulle casse della sanità pubblica, con tanto di ammortamento e interessi, il costo di costruzione del centro di cottura di Boara Pisani, nelle campagne al confine con la provincia di Rovigo. Un moderno impianto, il più grande d’Italia, di proprietà della Serenissima progettato per rifornire i clienti con il sistema "cook and chill", cuoci e raffredda. Quanto costi agli italiani la crescita industriale dello zar di Vicenza lo riassume un sindacalista della Cgil, Ilario Simonaggio, già segretario della Camera del lavoro padovana. L’esposto consegnato sei anni fa alla Procura è scritto su carta intestata del maggiore sindacato italiano. Simonaggio segnalava come l’investimento complessivo addebitato da Serenissima ristorazione alle aziende sanitarie di Padova per il centro cottura ammontasse a 12 milioni e mezzo: «Questa rilevante somma è poi gravata dall’interesse annuo, l’8 per cento, per nove anni, per cui alla fine del periodo le aziende sanitarie avranno pagato 16 milioni 803 mila euro». Cioè una rata mensile di 155.590 euro per nove anni. Ed è quanto sia l’azienda ospedaliera sia la Ulss 16 stanno versando a Putin in aggiunta alla spesa per i pasti. Tanto che il costo a giornata di ogni paziente a Padova è di 16,22 euro. Lo stesso tipo di servizio, ma con i piatti freschi e cotti al momento, gli ospedali privati padovani lo pagano 8,90 euro al giorno.
L’aspetto antipatico per le casse della nostra sanità è che alla fine dei nove anni il centro cottura finanziato dagli italiani resterà di proprietà di Putin e della sua Serenissima azienda. È un po’ come comprare l’auto, pagarla a rate e alla fine delle rate, doverla restituire al concessionario. Tutto nella norma, secondo lo zar: «Perché», spiega lui, «il centro di cottura è stato costruito con denaro della Serenissima. Nell’offerta alla pubblica amministrazione era richiesta la specificazione delle componenti del prezzo del pasto. Una delle componenti era l’ammortamento». La spesa dichiarata per lo stabilimento di Boara Pisani, essendo un investimento privato, è al di fuori del controllo pubblico: 511 mila euro di terreno, 3 milioni 700 mila euro di opere edili che aggiunte agli impianti fanno 7 milioni 800 mila euro per 4.500 metri quadri coperti, secondo l’esposto della Camera del lavoro. Cioè un costo di costruzione di 1.733 euro al metro quadro. Le quotazioni immobiliari dell’Agenzia del territorio indicano per la stessa zona cifre molto più basse. In via dell’Artigianato, l’indirizzo del centro cottura nella nebbiosa pianura di Boara Pisani, il costo di costruzione di un capannone industriale non dovrebbe superare i 500 euro al metro.
Quattro anni fa Putin viene messo fuori dall’Angem, l’associazione di categoria, per divergenze sul rispetto del codice etico del settore. Ma a fine gennaio 2010, quando lo zar inaugura con un anno di ritardo sul programma le sue cucine industriali, ci sono tutti i nomi che lo hanno accompagnato al successo. Il direttore dell’ospedale di Padova, Adriano Cestrone, il direttore generale dell’Ulss 16, Fortunato Rao, il vicepresidente dell’Opera romana pellegrinaggi, monsignor Liberio Andreatta. E soprattutto lui, il compagno di tante cene, il governatore Giancarlo Galan. «Tu hai fatto il passante, io ho fatto il grande centro cottura», gli dice Putin euforico ricordando l’opera autostradale affidata all’altro amico del governatore, Piergiorgio Baita, amministratore delegato della Mantovani spa arrestato a fine febbraio con l’ex segretaria di Galan, Claudia Minutillo. Contro di loro l’accusa è associazione per delinquere finalizzata all’evasione fiscale mediante fatture false. Un giro di milioni in nero che la procura di Venezia sta cercando di ripercorrere fino al misterioso destinatario. Baita e Putin sono anche consorziati con altre aziende, tra cui alcune coop rosse, nella Summano sanità: 173 milioni, metà della Regione, metà privati, per la costruzione e poi la gestione in project-financing del nuovo ospedale di Santorso, in provincia di Vicenza.
Pochi giorni fa, dopo l’arresto di Baita, l’europarlamentare vicentino del Pdl, Sergio Berlato presenta un’interrogazione alla Commissione europea. Ed è un atto d’accusa tutto interno al centrodestra: «Si sospetta che dietro la costruzione di importanti infrastrutture realizzate in Veneto negli ultimi dieci anni», scrive Berlato, «vi sia in realtà una perversa organizzazione malavitosa mirante a garantire illeciti proventi a favore di alcuni privati ma soprattutto a beneficio di alcuni politici». Berlato dice anche di aver chiesto alla Procura di Vicenza di verificare una serie di punti. Tra questi, gli appalti per la ristorazione.
Gli esposti contro Putin comunque non hanno mai portato a un solo processo. Tutto regolare anche secondo lo staff di Flavio Tosi, futuro sindaco leghista di Verona e assessore regionale alla Sanità quando il 25 settembre 2006 a Padova viene assegnato il contratto da 152 milioni a trattativa privata. La gara in realtà c’è stata. Ma il direttore dell’azienda sanitaria ha deciso di non aggiudicare il servizio per «eccessiva onerosità». La Serenissima ristorazione, unica azienda selezionata per qualità e caratteristiche, aveva presentato un’offerta di 14 milioni 191 mila euro all’anno contro una base di gara di 10 milioni 847 mila. Troppo. Nel giro di tre mesi Putin abbassa il prezzo a 13 milioni 908 mila. E con una limatura di soli 283 mila euro si porta a casa il super appalto. A casa per modo di dire. Perché il quartier generale è il castello medievale Sforza-Colleoni di Costabissara, sede legale di gran parte delle attività dello zar e dei quattro figli.
I nove anni di contratto fino al 2018 fanno più di 125 milioni di incasso. Altri 27 milioni vengono concessi a Putin, sempre senza gara, per il periodo di proroga del servizio dal 2006 al 2008. Soltanto l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici ha qualcosa da eccepire. «Il consiglio», scrive il presidente Giuseppe Brienza, «ritiene che il contratto è stato attivato in violazione dei principi di par condicio e di concorrenza, nonché dei canoni del corretto agire amministrativo». Mario Putin però risponde che la legittimità della gara è stata riconosciuta dalla giustizia amministrativa: «Per quanto a mia conoscenza, l’autorità di vigilanza ha espresso il giudizio senza contradditorio sulla base di un esposto che non rappresentava esaustivamente i fatti».
Già nel 2008 un dossier riservato della Finanza analizza il ruolo di Putin nella gestione della Serenissima ristorazione. Una denuncia aveva segnalato la possibilità che alcuni documenti presentati per partecipare agli appalti contenessero firme false. «Putin Mario», è scritto nel rapporto, «ha redatto un verbale del consiglio di amministrazione falso, firmandolo senza che nei successivi sei mesi abbia sentito la necessità di rettificare le attestazioni poste... Gli elementi sin qui rappresentati spingono alla convinzione che diversi testimoni abbiano concorso a un tentativo collettivo di inquinamento a favore dell’indagato». Sono gli stessi mesi in cui i tecnici chiamati da Putin trovano le microspie negli uffici a Vicenza. Qualche tempo dopo i carabinieri cercano lo zar per una perquisizione. In realtà devono recuperare altre cimici. Una la smontano dalla sua Audi. Fanno tutto davanti al proprietario, raccontano i giornali locali. Non appena se ne vanno, Mario Putin torna a chiudersi nel suo castello. Da una finestra osserva il meraviglioso parco. È chiaro che l’indagine è ormai bruciata.
Sono pochi, in questa dura recessione, gli imprenditori veneti che possono ancora permettersi una sede così sfarzosa. Perfino gli ospedali del Nordest devono tagliare le prestazioni, ridurre il personale, accorpare i reparti. Ma nessuno in Regione sembra oggi voler ridiscutere il ricco contratto affidato senza gara all’amico di Galan. Anche negli ospedali di Treviso e Oderzo dovranno chiudere divisioni, sopprimere primariati, trasferire medici e infermieri. Qui super Mario, lo zar delle mense, si è aggiudicato l’appalto per cinque anni a 45 milioni. Soltanto la sua società si era presentata. A metà febbraio 2012 lungo la filiera che dalle cucine arriva alla distribuzione si sviluppa un batterio killer. I sospetti delle analisi cadono sul clostridium perfringens. Nel giro di poche ore 44 anziani ricoverati hanno gravi sintomi di intossicazione. Muoiono Ernesto Brunello, 65 anni, e Mario Bellomo, 78. La Procura non ha ancora stabilito se la colpa sia della Serenissima ristorazione o di altri. La società fa sapere che i pasti incriminati non sono stati conservati né distribuiti dai suoi dipendenti: «Le perizie dei nostri consulenti escludono la nostra responsabilità».
L’azienda di Putin era stata valutata positivamente da una commissione tecnica di cui faceva parte la direttrice della casa di riposo, Anna Vittoria Fiori. A Oderzo la Serenissima prepara i pasti anche per l’ospedale e i bambini delle scuole. È normale chiedere quali misure siano state prese per scongiurare il rischio di un altro avvelenamento. Ma Anna Vittoria Fiori sembra spaventata dalla domanda. «Io non intendo rilasciare alcuna dichiarazione rispetto a questo fatto», è l’immediata reazione della direttrice: «Io non parlo, non sono direttamente coinvolta. Lei non scriva neanche che mi ha parlato. Non scriva niente, perché io non le ho detto niente».