Salvatore Cannavò, il Fatto Quotidiano 20/3/2013, 20 marzo 2013
FIAT, LE VENDITE PRECIPITANO LA PAGA DEI MANAGER VOLA
Si possono perdere quote di mercato e contemporaneamente vedersi aumentare lo “stipendio” a dismisura? Si può, se ci si chiama Sergio Marchionne, si fa l’amministratore delegato del gruppo Fiat-Chrysler e si è considerati uno dei manager migliori al mondo. Il paradosso vale 7,4 milioni di euro, la “retribuzione” complessiva – fisso più incentivi – guadagnata dall’ad italo-canadese nel 2012 e resa nota ieri dalla relazione sulle remunerazioni del gruppo. A questa vanno aggiunte però altre voci più o meno comprensibili a un comune lettore visto che sono nascoste nel bilancio. In particolare le stock options che ammontano a 16,9 milioni di azioni Fiat e che Marchionne ha diritto ad acquistare a un prezzo prefissato. Poi ci sono le “stock grants”, azioni gratuite del gruppo che gli sono state devolute come “premio” dall’azienda: nel 2012 sono state 4 milioni per Fiat Group e 4 milioni per Fiat Industrial, anche se di queste ne ha dovute vendere 980 mila per pagare le tasse relative (e, come ha scritto Vittorio Malagutti sul Fatto, con una tassazione favorevole al 30 per cento). Ai valori azionari di ieri, si tratta di un bonus di quasi 45 milioni di euro (equivalente a denaro liquido da subito) che vanno ad aggiungersi alla paga ordinaria (oltre ai compensi ricevuti dalla Philip Morris, l’unica compagnia esterna al mondo Fiat in cui Marchionne siede nel consiglio direttivo).
LA “BUSTA PAGA” di colui che si è definito un “metalmeccanico” è comprensiva di svariate voci. Da FiatGroup, Marchionne ha incassato lo scorso anno 4,5 milioni di euro di cui 1,4 provenienti da società controllate e collegate. Di questi, 2,3 milioni sono relativi a compensi fissi mentre altri 2 milioni da “bonus e altri incentivi” mentre 226 milioni provengono da benefici non monetari. Il compenso percepito da Fiat Industrial, invece, ammonta a circa 2,9 milioni di euro: 1,25 proviene da compensi fissi mentre 1,58 da bonus e incentivi. In totale 7,387 milioni contro i cinque del 2011. Un aumento secco di 2,4 milioni di euro, circa il 50% in un anno mentre ai suoi dipendenti la Fiat ha corrisposto 40 euro di aumento mensili.
La differenza dipende dai circa 2 milioni di bonus e incentivi avuti dalla società automobilistica e dagli oltre 300 mila euro di “aumento” ricevuti da Fiat Industrial. Benefici che riguardano il solo Marchionne e non le altre figure apicali del gruppo come il presidente John Elkann e il presidente Ferrari, Luca Cordero di Montezemolo. Il primo ha ricevuto un compenso di 1,46 milioni di euro contro l’1,34 del 2011 (cui occorre aggiungere circa 2 milioni percepiti in qualità di presidente della Exor, la finanziaria della famiglia Agnelli). Leggero calo di stipendio anche per Montezemolo che passa da 5,55 milioni del 2011 ai 5,53 dello scorso anno: una piccola spending review per chi ha deciso di dedicarsi, sia pure marginalmente, alla politica.
A queste cifre, come abbiamo visto, occorre aggiungere la montagna di stock options che fa affluire nelle tasche dell’amministratore delegato del gruppo svariate decine di milioni di euro. Anche l’attività di amministratore della Chrysler, contrariamente alle apparenze, prevede una retribuzione, sia pure sotto forma di diritti azionari, Unit appreciate rights, che saranno esigibili solo alla scadenza della carica. Si tratta in ogni caso di 1,1 milioni di dollari che si aggiungono a tutto il resto. Non male per chi, a febbraio del 2013, ha visto la propria azienda scontare in Europa una perdita del 14% relativamente ai primi due mesi dell’anno. Una tendenza negativa che prosegue l’andamento del 2012, anno in cui la Fiat, sempre nei paesi europei, aveva perso il 16% del mercato passando da 948 mila vetture a 798 mila (unico dato in controtendenza, la Jeep Chrysler).
IERI MARCHIONNE non ha commentato i dati limitandosi a ribadire che i “target del 2013 sono tutti confermati” anche se il primo trimestre di quest’anno non sarà “eccezionale”. Sicuramente non come la sua busta paga.