Ferdinando Camon, Avvenire 21/3/2013, 21 marzo 2013
PARLA "A BRACCIO" SPENDENDO SE STESSO
Tutti lo notano, ma credo che meriti un’analisi il nuovo modo di Papa Francesco di rivolgersi al pubblico direttamente o attraverso i media: parla ’a braccio’. Non siamo abituati a vedere un’autorità parlare improvvisando. Neanche un sindaco alla sagra del paese. Siamo abituati a vedere che chi ha una qualche carica, anche piccola, si presenta davanti al pubblico o al microfono, mette la mano in tasca e tira fuori il suo bel foglio stampato. Lo fanno all’Onu, all’Ue, alla Casa Bianca, ai Parlamenti nazionali. I Grandi hanno gli scrittori-fantasma, che lavorano per loro. Il presidente degli Stati Uniti (non solo Obama, ma tutti i precedenti) si presenta ai giornalisti e legge un foglio sul quale sta scritto ’tutto’, tutto ciò che il presidente deve dire o fare. Sta scritto, per esempio, anche: ’Alzare la voce’, ’Sorridere a destra’, ’Sorridere a sinistra’, ’Ridere’, e così via. In questo modo l’oratore è guidato, mentre parla al pubblico, dall’esperto o dal gruppo di esperti di comunicazione di massa che hanno materialmente scritto e postillato il suo testo. Se c’è una raffinatezza stilistica nel testo, noi non sappiamo se sia del presidente o dello scrittore che gli ha scritto il testo. Quasi sempre è dello scrittore. Per cui può capitare che un presidente, noto come oratore mediocre, in una grande occasione sfoggi un discorso memorabile. Capitò a Bush junior, nell’orazione subito dopo la strage delle Due Torri. Commosso, turbato, minaccioso, protettivo. Disse: «Faremo cose che diremo e faremo cose che non diremo». Il popolo pensò: «Abbiamo un capo».
Ora sappiamo come parla in pubblico, o davanti alle tv, Papa Francesco. Sappiamo come ha parlato subito dopo l’elezione, fra i cardinali. Sappiamo come rievoca la sua vita, la sua terra, come dà i consigli, gli ammonimenti, che sono anche questi soprattutto consigli. La cosa stupefacente è che parla ’a braccio’. Anche se gli danno un foglio da seguire, lui lo legge, sì, ma ogni volta che può solleva gli occhi, guarda in giro e pesca nel cervello. Che differenza c’è tra leggere un foglio e parlare a braccio? Questa: se parli a braccio ti abbandoni a te stesso, usi le associazioni spontanee, ti fidi del tuo inconscio, non mostri soltanto la tua cultura o i tuoi studi ma la tua persona tutta intera. Non ti presenti come oratore, ma come uomo. Sei tu. Se leggi, sei colui che ha scritto, o coloro che hanno scritto, e controllato. Non un uomo, ma un ufficio o un ruolo. Come, ascoltando quel discorso di Bush, il popolo pensava: «Abbiamo un capo», così, ascoltando il discorso «a braccio» di Papa Francesco, veniva da pensare: «Abbiamo un Papa». È nella parte improvvisata che s’è rivolto ai giornalisti esclamando: «Avete lavorato, eh?». È nella parte «a braccio» che dice: «Vi avevo promesso che vi avrei dato la mia benedizione, ma poiché una parte di voi non è cattolica, io vi benedico in silenzio», e così li benedice tutti, anche i non-cattolici, senza che possano lamentarsi.
Ancora: solleva il volto, e improvvisa, quando esclama: «Ah, quanto vorrei una Chiesa povera, e per i poveri!». Una frasetta extra-testuale, che sembra parentetica, ma chissà quante volte ci torneremo sopra, a scavare quel che contiene. Non era nel testo scritto del discorso. Ma quel discorso resterà storico per questa inserzione. Il Papa dice che Francesco «è l’uomo che ama e custodisce il creato», poi ci guarda in faccia e aggiunge: «E noi in questo momento non abbiamo una relazione tanto buona con il creato, no?». Ci stiamo accorgendo di quanto siano importanti le improvvisazioni di Papa Francesco, gli inserti, le varianti, i fuori-testo. Quando si pubblicano i suoi testi, questi fuori-testo andrebbero aggiunti in nota. E le note diventerebbero importanti come il testo. Anche di più.