Panorama 21/3/2013, 21 marzo 2013
NOI SINDACI INDEBITATI PERCHÉ LO STATO SI TIENE I NOSTRI SOLDI
I comuni hanno 9 miliardi di disponibilità liquide e 9 miliardi di debiti verso le imprese. Logica vorrebbe che li pagassero, invece non lo fanno. Non per cattiva volontà, ma perché il «patto di stabilità interno» glielo impedisce. Si tratta di un meccanismo introdotto nel 1997 dall’allora sottosegretario Piero Giarda, che impone ai comuni (ma anche alle province) di spendere, in un anno, solo i soldi incassati quell’anno e che, dal 2012, congela presso la tesoreria centrale di Roma tutti i risparmi degli anni precedenti. Siccome le entrate correnti bastano appena a coprire le spese correnti, gli investimenti e i relativi pagamenti sono fermi.
«Per di più lo Stato ha sostanzialmente azzerato i trasferimenti» spiega Matteo Barbero, esperto di finanza locale «che sono stati solo parzialmente compensati dal gettito dell’Imu ai comuni». Contro questa paralisi l’Anci, l’associazione dei comuni italiani, ha deciso di scendere in piazza il 21 marzo minacciando di sforare il patto di stabilità. La Ue ha concesso all’Italia di pagare 7,5 miliardi alle imprese (misura da non confondere con la più recente decisione di non conteggiare i pagamenti nel debito), ma sono troppo pochi per scongiurare la clamorosa protesta.
Antonio Saitta presidente della Provincia di Torino
«Arrivati a questo punto sarò io a presentare un’ingiunzione di pagamento nei confronti della regione, visto che le imprese le presentano a me». Antonio Saitta è il presidente della Provincia di Torino e ha 70 milioni che vorrebbe tanto usare per pagare le imprese appaltatrici e, per esempio, mandare avanti i lavori per la variante vicino al Castello di Stupinigi, interrotti al terzo lotto. O far proseguire i lavori per una palestra alla scuola Curie. Ma non può e a volte le imprese si rivolgono al tribunale per ottenere il dovuto. «Quando succede, noi abbiamo un doppio danno: dobbiamo pagare un avvocato e versare all’impresa il dovuto con in più gli interessi. Follia». Ma non è finita: Saitta deve ricevere dalla regione circa 100 milioni, «che non arrivano, quindi, se sarò costretto, andrò io in tribunale contro la regione. Prima» spiega «mi sottraggono i soldi e li portano a Roma, poi mi impediscono di usarli e, infine, non mi danno quelli ai quali ho diritto. Follia».
Bruno Valentini sindaco di Monteriggioni (Siena)
Monteriggioni è uno dei pochi comuni italiani che non ha praticamente debiti e «ben 14 milioni in cassa che non possiamo toccare». Come ha fatto? Intanto per ottenere risorse il comune ha reso edificabili dei terreni e poi li ha venduti, insieme a un appartamento, incassando 550 mila euro. E poi, spiega il sindaco Bruno Valentini, «basta ragionare come una brava massaia: incassare all’inizio dell’anno, e non alla fine; partecipare a bandi pubblici che prevedono il trasferimento di risorse legate a specifici programmi; gestire bene le società pubbliche, come la nostra che si occupa di servizi turistici. Certo» aggiunge «si è più manager che politici, ma un bravo politico si vede anche da come riesce a tenere a freno la spesa corrente».
Fabrizio Caprioli sindaco di Gorla Maggiore (Varese)
Come fa un comune con 5.081 abitanti ad avere 64 milioni in cassa? «Sul nostro territorio c’è una discarica regionale che ci procura entrate aggiuntive» spiega il sindaco Fabrizio Caprioli «ma sono soldi che, ovviamente, non possiamo usare». Fino a quando ha potuto, il sindaco ha investito in un parco fotovoltaico e un parco biogas per produrre energia elettrica, ma ora che avrebbe altri investimenti da fare, non può. «Sostituire le lampade dell’illuminazione pubblica ci farebbe risparmiare il 40 per cento sulla bolletta, ma servono 400 mila euro che non posso spendere perché siamo sottoposti a regole deliranti che rendono i comuni virtuosi come il nostro garanti del debito pubblico dello Stato, che mi trattiene 64 milioni in cambio di un interesse dello 0,25 per cento. Qualsiasi banca mi darebbe almeno sei volte tanto».
Riccardo Borgonovo sindaco di Concorezzo (Monza-Brianza)
«Abbiamo 9 milioni di debiti coi fornitori che riusciamo a pagare con una fatica enorme». E per tirare avanti Riccardo Borgonovo, sindaco di Concorezzo, è costretto a fare i salti mortali. «Faccio emettere le fatture dai fornitori a gennaio e faccio anche in modo di non incassare alla fine dell’anno». Ma c’è un altro problema: i tagli. «Il ministero mi ha dato come obiettivo quello di risparmiare 1,1 milioni rispetto al 2012. Bene, solo che non so ancora quanti soldi mi verranno tagliati dalla regione. Quindi non so quanti soldi avrò, ma so che dovrò risparmiare 1,1 milioni». E di lavori da appaltare il sindaco di Concorezzo ne avrebbe di urgenti. «I cornicioni di una scuola da sistemare per evitare che cadano, come è già successo, e il centro culturale: quest’inverno la neve ha fatto slittare le tegole e per ripararle dovrei spendere 300 mila euro, ma siccome i soldi che ho non li posso usare, sono stato costretto a transennare tutta l’area spendendo 6.500 euro. Buttati via».
Camillo Luigi Comandulli sindaco di Castelleone (Cremona)
«Se si lasciassero liberi i sindaci di spendere, a quest’ora saremmo noi la Grecia» dice Camillo Luigi Comandulli, sindaco di Castelleone «quindi il problema non è il patto di stabilità, quanto il fatto che sono state adottate regole uguali per tutti, sia per i comuni virtuosi sia per quelli che non lo sono». Castelleone ha fatture non pagate verso le imprese per 150-180 mila euro. «Sono debiti che ho contratto per realizzare opere assolutamente indispensabili come le fogne o il depuratore, però ho anche 1,5 milioni in cassa che non posso spendere». Tra le fatture non pagate ci sono quelle della ditta che, due anni fa, ha costruito i loculi del cimitero. «Deve avere 100 mila euro e per ora sono riuscito a pagargliene solo la metà ed è scandaloso, cosi come è scandaloso che i sindaci siano diventati commissari del governo».