Mattia Feltri, LA STAMPA 21/3/2013, 21 marzo 2013
Presidente Bertinotti, la moda del nuovismo è tornata, e prepotente. «Il nuovismo è la scienza dei nullatenenti perché è una categoria così lassa che può essere maneggiata a qualsiasi fine, è applicabile sempre e ovunque
Presidente Bertinotti, la moda del nuovismo è tornata, e prepotente. «Il nuovismo è la scienza dei nullatenenti perché è una categoria così lassa che può essere maneggiata a qualsiasi fine, è applicabile sempre e ovunque. Per me è difficilmente interpretabile e scarsamente significativa, come tutti i concetti di cui non è sostenibile il contrario: si può essere contro il nuovo?». Però oggi il desiderio di nuovo è dominante, il nuovo purchessia. «È un desiderio assai rilevante in tempi di politica flebile o desertificata, quando le categorie forti sono sotto schiaffo. In momenti così evapora il riformismo. Emergono termini come rivoluzione, trasformazione, rivolta, che alludono a un potere che si è esaurito. Ed è lì che qualcuno si alza per dare corso a una nuova società. È successo alla fine della Prima repubblica, succede ora che finisce la Seconda». Nuovo vuol dire giusto? «Oggi nuovo ancora non vuol dire giusto. Ci sono momenti in cui il nuovo si qualifica per ciò da cui si distacca. Se il vecchio fa schifo, in quel momento il nuovo prende un significato che non ha, e lo prende in modo transitorio. Intanto basta essere nuovi. Il problema è che io non capisco che tipo di società si sta proponendo. Non capisco qual è il punto di rottura col passato». Più che nel ’94? «Molto di più. Nel ’94 il nuovismo si accoppiava a un’idea di società nascente, che io trovo orribile, ma questo conta poco. Si faceva largo una teoria economica che si è chiamata neoliberismo e quel “nuovo” caratterizzava la società verso cui si era diretti, una società che faceva riferimento alle esperienze di Ronald Reagan e Margaret Thatcher, e che faceva postulato della morte delle ideologie». E adesso? «Adesso trovo del tutto incomprensibile la domanda che si fa a Beppe Grillo, quando gli chiedono quale sia il suo programma. Non c’è sintonia fra gli interlocutori, perché Grillo non vuole riformare il sistema, vuole abbatterlo. Lui e i suoi sono come i mercanti nel tempio, prima pensano a sgombrarlo. A come riempirlo penseranno dopo». Uno dei problemi è che ci si adegua un po’ acriticamente. In posizioni di potere, alla presidenza della Camera e del Senato, a capogruppo anche del Pd vanno persone a cui è esplicitamente richiesto di essere inesperti, novelli. Cioè non competenti. «Non voglio assolutamente parlare di persone che stimo o non conosco. Dico in generale che in un periodo come questo l’esperienza e la competenza sono applicate a un corpo debole, cioè alle istituzioni. Mi spiego: se un politico inesperto avesse avuto a che fare col Parlamento di Alcide De Gasperi, di Palmiro Togliatti e di Ugo La Malfa, il suo problema sarebbe stato un problema serio. Ma oggi?». Oggi non c’è bisogno di uno come Pietro Ingrao? «Ma Ingrao era straordinariamente competente ed era al servizio di un Parlamento in cui la competenza era imprescindibile. Sennò si era in seconda fila. Ma ormai le istituzioni sono decadute al punto che se fossero sospese non se ne accorgerebbe nessuno. In una situazione del genere la competenza minima necessaria te la fai immediatamente. Io in fondo ho sbagliato». Ha sbagliato? «Quando ho fatto il presidente della Camera, pensavo proprio a figure come quella di Pietro Ingrao. Non mi sono accorto di quello che mi succedeva sotto gli occhi: ho cercato di improntare la mia presidenza a criteri di conoscenza e dimestichezza, e non mi erano richieste». Basta poco per essere adeguati al poco? «Esattamente. Tanto decidono il governo e Bruxelles. È chiaro che per riforme importanti come quella elettorale, dei regolamenti parlamentari, dei diritti civili, che pure mi stanno straordinariamente a cuore, il Parlamento serve. Ma se un uomo intelligente e cinico come Mario Draghi dice all’Europa di non preoccuparsi che tanto innestiamo il pilota automatico, bè, qualcosa vorrà dire... ». Dunque la moda del nuovismo tanti danni non li farà. «Il problema è sapere se il sistema sia riformabile dall’interno, e io temo di no. Il successo del Movimento 5 Stelle deriva dal desiderio di un colpo d’ariete che butta giù tutto, e poi vediamo che cosa succede. Oggi ci sarebbe una grande necessità di barbari senza barbarie, e quando dico barbari intendo in senso letterale “quelli che vengono da fuori”». E i grillini non sono i barbari che dice lei? «Nooo. Non sono barbari. Manca un elemento: c’è la critica al sistema ma manca la critica alla società. Guardo con interesse ai cinque stelle, vedo che hanno una fortissima motivazione, una fortissima tensione verso il nuovo, ma è un nuovo monco, che si preclude le critiche alla causa».