Michele Bocci, la Repubblica 21/3/2013, 21 marzo 2013
LA RISCOSSA DEI MERCATI
Dentro bellissime strutture storiche di ferro, vetro e ghisa, sui marciapiedi di viali di periferia, nelle piazze del centro durante il fine settimana. Non importa dove si trovano, gli italiani amano i loro mercati e in questo periodo di crisi e di nuova consapevolezza alimentare li setacciano alla ricerca di prodotti buoni e convenienti. Se questo settore del commercio è meno in crisi di altri, buona parte del merito è dei piccoli produttori che portano nuova linfa tra i banchi «tradizionali ». I mercati dei contadini stanno infatti facendo mutare anche il modo in cui lavorano molti verdurai, fruttivendoli, macellai e formaggiai.
Per esempio, li hanno resi più sensibili al tema della stagionalità e al concetto di «chilometro zero» (quello vero, non l’accezione modaiola con cui tanti si riempiono la bocca). Coldiretti, per esempio, anni fa ha inventato «Campagna amica», basata proprio sull’idea di portare chi produce più vicino possibile ai consumatori. Oggi si contano 7000 punti vendita che aderiscono a questa iniziativa, di cui circa mille organizzati nelle piazze mettendo insieme più venditori.
L’associazione ha commissionato una ricerca al Censis nel 2012 per capire come vanno i mercati degli agricoltori. L’anno scorso sono stati frequentati da ben 21 milioni di persone, di cui un terzo con regolarità. «Il 90 per cento degli intervistati vorrebbero consumare cibo prodotto sul proprio territorio ». I motivi sono tre: si ritiene che questo serva a creare lavoro a livello locale, che il cibo sia più genuino, che così ci siano meno spostamenti delle merci e meno inquinamento.
Quando si rivolgono ai banchi dei contadini, svela un’altra ricerca di Coldiretti, questa volta con Swg, gli italiani riempiono i sacchetti della spesa soprattutto, nell’ordine, di verdura e frutta. Seguono formaggi, salumi, vino, latte, pane, conserve di frutta, frutta secca, biscotti e legumi. Una delle chiavi è quella del recupero delle produzioni a rischio scomparsa. Almeno 100 varietà vegetali definite minori, tra frutta, verdura, legumi, erbe selvatiche e prodotti ottenuti da almeno 30 diverse razze di bovini, maiali, pecore e capre allevati su scala ridotta si trovano nei mercati di «Campagna amica». È anche per questo che nel 2012 gli acquisti diretti dal
produttore sono aumentati sensibilmente, segnando un più 40% rispetto al 2011. Da sempre frequentatori incalliti dei mercati, o direttamente delle aziende produttrici, sono i grandi cuochi. Sanno dove acquistare e soprattutto cosa. «Bisogna ricercare le varietà territoriali per frutta e verdura. Anche se non sono molto belle, sapori e profumi sono superiori. Basta comprarle una volta per rendersene conto». A parlare è Alfonso Iaccarino del Don Alfonso di Sant’Agata sui Due Golfi nella penisola sorrentina, tra l’altro proprietario di un orto meraviglioso e produttore di olio. «Ho anche 400 alberi di agrumi. Tra poco sono pronte le patate nuove e i primi piselli e fave — dice illuminandosi — È importante puntare sul rapporto personale con chi vende, cercare serietà e consigli, perché troppo spesso pensiamo di sapere tutto. Io sono per il biologico, contro la chimica e l’omologazione dei sapori. Il mondo va sempre di più verso la globalizzazione e noi italiani dobbiamo sfruttare le nostre peculiarità».
Fabio Picchi, è il patron del Cibreo di Firenze (e delle sue derivazioni, tra bar, trattoria e teatro), che si trova a meno di 50 metri dai banchi dello storico mercato di Sant’Ambrogio. Ha le idee molto chiare su come si debba fare la spesa e le espone con forza. «La gente deve rifiutare di danneggiare se stessa e il pianeta comprando contro natura. Si fanno viaggiare le merci per mezzo mondo, e così dobbiamo chiederci quanta chimica c’è nelle fragole che ci propongono in questa stagione. Io acquisto una quota di biologico e una quota di prodotti del territorio». Picchi da sempre si rivolge a piccoli produttori ma ha notato come siano in crescita le vendite dei banchi dei contadini. «Accanto ad anziani coltivatori, oggi ci sono i figli laureati in agraria — dice — Anche loro contribuiscono a cambiare le abitudini dei consumatori. Dobbiamo smettere di mangiare cose che non ci fanno male e cercare solo quelle che ci fanno bene. La stagionalità è entusiasmante, ci fa riscoprire verdure come le rape, le bietoline. Sogno il giorno in cui dai banchi della grande distribuzione vedrò scomparire quei pomodori pallidi tirati avanti con la chimica violenta. Cosa mangi quando mangi quel pomodoro lì?».