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 2013  marzo 21 Giovedì calendario

ROMA — «Chi ha più buonsenso lo usi». Bersani conclude il vertice del Pd sugli ultimi tasselli del puzzle istituzionale, imponendo la linea della «massima apertura» e del dialogo

ROMA — «Chi ha più buonsenso lo usi». Bersani conclude il vertice del Pd sugli ultimi tasselli del puzzle istituzionale, imponendo la linea della «massima apertura» e del dialogo. Oggi il Parlamento vota i vice presidenti, i questori, i segretari di presidenza, e il leader democratico — pur ripetendo che una cosa è la partita istituzionale, altra quella per gli accordi di governo — sa che blindarsi significherebbe bruciare ogni futura chance. Quindi, sì ai questori che i 5Stelle chiedono: Laura Castelli, 26 anni da Collegno, tecnico dei bilanci alla Regione Piemonte, per la Camera (per il Pd, sarà proposto Paolo Fontanelli); e Laura Bottici per il Senato. E nella strategia bersaniana, i Democratici sono pronti anche a cedere una vice presidenza delle Camere ai grillini e un’altra ai montiani. Lo schema è questo, alla fine di una giornata in cui si riuniscono correnti e si formano e si disfano capannelli in Transatlantico, mentre le parlamentari conducono l’offensiva delle donne. Parte la girandola di nomi, ma soprattutto i malumori, le divisioni, la rabbia degli esclusi e le perplessità sul grillismo che soffia nel partito. La schiera democratica più numerosa è quella degli “avvelenati”, di chi fa buon viso a un gioco che giudica «impazzito». Commenti a mezza bocca. Dario Nardella, vice sindaco di Renzi approdato in Parlamento, invece è esplicito: «O si cede qualcosa perché c’è una reciprocità, oppure quale è il senso? Oltretutto il ruolo di questore è estremamente delicato, il collegio dei questori decide all’unanimità, non è che si va lì per fare Wikileaks... «. In Parlamento i grillini si aggirano con l’adesivo sul bavero della giacca: “Questori uguale controllori”. «Ecco — osserva Michele Mela — è la loro ragione sociale, come si fa a dirgli di no?». A un certo punto si sparge la voce che si potrebbe congelare l’elezione delicatissima dei questori. Le discussioni sono ancora più accese. Tra i supporter di Franceschini c’è molto malcontento: «Avranno senso di responsabilità, ‘sti grillini. Qua noi diamo, diamo via tutto... «. Bersani e il capo della segreteria, Migliavacca riuniscono ieri sera i neo capigruppo Roberto Speranza e Luigi Zanda. C’è il risiko dei nomi. E c’è la richiesta di rispettare le “quote rosa”. Nel momento della scelta dei nuovi capigruppo, lunedì, il segretario aveva garantito che il rapporto del 40% di presenza femminile non sarebbe stato messo in discussione. Poiché fidarsi è bene, non fidarsi è meglio, le deputate democratiche convocano una lunga assemblea dalla quale scaturisce una “sotto riunione” delle “under 40”. Una vice presidenza dovrà andare a una donna, del resto Rosy Bindi è la vice presidente uscente. «Ci vuole la parità tra uomini e donne alla guida della Camera e del gruppo», twitta Stella Bianchi. I nomi sono quelli di Sesa Amici, Marina Sereni, Marianna Madia, anche se Roberto Giachetti, renziano, è in pole position. L’altra vice presidenza il Pd la darebbe alla Camera o a Luigi Di Majo (indicato dai grillini) o a Andrea Romano (Scelta civica, tendenza Montezemolo). Al Senato, lo schema delle vice presidenze prevede Gasparri (Pdl); Calderoli (Lega); un 5Stelle (Orellana) oppure Scelta civica (Lanzillotta) e il Pd fino a tarda sera si giocava la partita tra Roberta Pinotti, franceschiniana, e il dalemiano Nicola Latorre. Le donne del partito sono sul piede di guerra e assai restie a rinunciare agli spazi che si sono conquistate portando acqua al mulino del partito. Scalpitano i “giovani turchi” riuniti fino a tarda sera, che si sentono non rappresentati.