Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  marzo 21 Giovedì calendario

ROMA — «Non so nemmeno perché sono venuto qui oggi, ho avuto la tentazione di non farlo. Io non cerco poltrone e non capisco perché qualcuno di voi metta in giro voci che sembrano voler provocare la mia estinzione»

ROMA — «Non so nemmeno perché sono venuto qui oggi, ho avuto la tentazione di non farlo. Io non cerco poltrone e non capisco perché qualcuno di voi metta in giro voci che sembrano voler provocare la mia estinzione». Mario Monti è durissimo con gli eletti di Scelta Civica, la formazione politica nata a gennaio per sostenere la sua agenda, e con gli alleati provenienti da Udc e Fli. È amareggiato, disgustato dagli attacchi interni al partito finiti - sotto forma anonima o con frasi attribuite ad alcuni parlamentari - sulla stampa. Fatto sta che la riunione dei deputati e senatori centristi per concordare la linea da tenere nelle consultazioni con il Capo dello Stato si trasforma in un processo interno. Monti prende la parola per ultimo per tirare le somme sulla posi- zione da tenere al Colle. Ma, raccontano diverse fonti presenti alla riunione, apre il suo intervento partendo dalle questioni interne al partito lasciando di stucco i suoi. Nei giorni scorsi infatti oltre a essere filtrate sulla stampa le divisioni tra la componente cattolica e quella di Italia Futura (i montezemoliani) di Scelta Civica, nelle ricostruzioni giornalistiche sono filtrate anche voci, anonime o meno, sulla delusione di alcuni parlamentari che attribuivano a Monti la volontà di voler trovare una poltrona per se e mollare il partito. Intento che sarebbe stato avvalorato dal tentativo del premier uscente di farsi eleggere alla presidenza del Senato per poi puntare al Quirinale. Ricostruzioni che al Professore sono andate di traverso. Lui, ha spiegato, aveva deciso di accettare l’offerta del Pd di sedere sullo scranno più alto di Palazzo Madama (poi stoppata da Napolitano) solo se ciò avesse contribuito a pacificare democratici e pidiellini per formare un governo di larghe intese, soluzione che il premier ritiene il male minore rispetto a un governo zoppicante o a nuove elezioni a giugno. Due scenari che per il Professore potrebbero mettere a rischio la tenuta finanziaria del Paese. «I giornalisti colorano, ma certe cose non se le inventano, è evidente che qualcuno offre loro validi spunti. Dovete stare attenti», attacca Monti. Che poi passa al sarcasmo: «Dopo le nostre riunioni se parlate magari in un bar affollato tenete la voce bassa, in giro potrebbero esserci dei cronisti ». Lo sfogo del premier, esteriormente pacato ma affilato nei contenuti, prosegue: «Vedo che poi quando smentite le dichiarazioni che i giornali vi attribuiscono mi difendete come se fossi un animale in via di estinzione: magari mi estinguerò per ragioni anagrafiche ma nel frattempo mi spiacerebbe se qualcuno di voi, che ho contribuito a portare qui, mi volesse estinto per allontanarmi dal mio stesso partito. Le cose che ho letto sui miei supposti interessi personali sono disgustose ». Parole durissime alle quali nessun presente ha avuto il coraggio di ribattere anche se poi, a riunione finita, nei conciliaboli qualche parlamentare ha dato ragione al premier ma altri hanno sottolineato che la mossa sul Senato è stata comunicata male e si è prestata ad equivoci. Necessario è stato anche un chiarimento sui litigi tra le diverse correnti del partito. La sfida tra cattolici e montezemoliani, che ha rallentato l’elezione dei capigruppo alle Camere, si ripresenta ogni qual volta si debba decidere la linea politica (per esempio, anche sull’Europa ci sono divisioni, con i primi che vogliono entrare nel Ppe e i secondi nel gruppo dei liberali) e si ripresenterà quando da assegnare ci saranno le presidenze di commissione e una vicepresidenza delle Camere. A smorzare i toni ha contribuito Andrea Romano, uno dei colonnelli di Italia Futura che ha ceduto il passo a Dellai per la guida del gruppo a Montecitorio. Romano ha spiegato che dopo la tenzone per il posto di capogruppo ha voltato pagina, che bisogna ripartire per il bene del partito. D’altra parte era stato proprio lui a ritirarsi per non arrivare allo scontro finale con Dellai. Ma le tensioni tra montiani sembrano destinate a perdurare.