Ugo Bertone, Libero 19/3/2013, 19 marzo 2013
LA GERMANIA CI HA GIÀ GETTATI A MARE
«Se l’obiettivo era quello di alimentare un’insurrezione nel Sud Europa, si è scelta la strada più efficace». Wolfgang Münchau del Financial Times, critico feroce dalla politica di Angela Merkel (e per questo assai criticato da Mario Monti...) non ha atteso l’apertura delle Borse per cogliere il significato politico dell’affondo sui conti correnti deciso dall’Unione Europea. «Il caso di Cipro - scrive ancora - dimostra che la solvibilità di un conto corrente dentro l’Unione Europea è legato alla solvibilità di uno Stato. Il che significa che un Paese con il debito pubblico dell’Italia, piuttosto che con indebitamento cumulato da famiglie e Stato, come la Spagna o il Portogallo, non può più garantire la protezione dei depositi bancari».
Sono bastate poche ore perché la minaccia evocata da Münchau trovasse conferma. A lanciare il sasso è stato Die Handelsblatt, il quotidiano economico tedesco che riporta l’opinione di Joerg Kraemer, capo economista di Commerzbank, cioè una banca salvata dal crac con i soldi dei contribuenti. Kraemer si rifà a una ricerca del Crédit Suisse per rilevare che il patrimonio degli italiani supera largamente il debito pubblico. Anzi, vista in questo modo, l’Italia (con un rapporto ricchezza privata/ debito pubblico pari al 173%) sta meglio della Germania (124%). A che serve questa considerazione? Semplicemente a dimostrare che sarebbe sufficiente una tosatura del 15% al salvadanaio degli italiani (conti correnti, fondi comuni, depositi postali, azioni e pure Bot) per far scendere il debito pubblico sotto la soglia del 100%. Dunque, dopo aver raccomandato l’austerità formato Monti (coi risultati che si sono visti) la Germania suggerisce una patrimoniale choc, sufficiente a paralizzare i consumi di casa nostra per un bel po’.
In altri termini, i soldi li avete, perciò usateli senza scocciare noi tedeschi. Inutile dire che l’esproprio via patrimoniale dei risparmiatori potrebbe avere enormi conseguenze sia economiche sia politiche. Non è un problema che tocca la Germania di oggi, più concentrata sulle elezioni di settembre che sulla tenuta della coesione dell’eurozona, un tema che a Berlino (e in buona parte del nord Europa) incontra sempre meno favori. Certo, l’opinione di Handelsblatt, seppur rilevante, non riflette per forza l’opinione della maggioranza dei tedeschi. Ma il segnale pesa, anche perché in linea con l’atteggiamento del governo. Anzi, il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble, con gusto assai discutibile, ha colto l’occasione per assicurare che i conti correnti in Germania sono solidi e ben garantiti.
La posta in gioco, insomma, va assai al di là di Cipro, come ha rilevato una nota di Moody’s. «La decisione - si legge in un report dell’agenzia di rating - rischia di avere pesanti conseguenze per i risparmiatori non solo a Cipro ma anche per i creditori di banche in altri Paesi europei, aumentando nel contempo i rischi di una fuga di capitali da altri Paesi in difficoltà dell’Eurozona». Anche se il prelievo forzoso resterà limitato a Cipro, aggiunge Moody’s, si è verificato un salto di qualità: «Con la decisione si è avviato un passo importante per limitare, o addirittura eliminare, la tutela sistemica dei creditori bancari in tutta Europa». In questo modo, i responsabili politici europei «dimostrano di essere disponibili a rischiare turbolenze più consistenti sui mercati finanziari, nel perseguimento di obiettivi politici».
Qui sta il punto. Sia per Münchau, che la Merkel la conosce bene, che per Moody’s è ormai evidente che l’attuale governo tedesco, impegnato nella sua campagna elettorale, è pronto a rischiare «turbolenze consistenti» in Europa e fuori piuttosto che compiere un gesto in direzione della solidarietà. Può darsi che il piano per Cipro subisca modifiche che rendano meno pesanti il salasso per i depositi sotto i 100 mila euro, ma il colpo inferto alla fiducia dei risparmiatori di Italia, Spagna e Portogallo è destinato a pesare. L’indicazione in arrivo dal vertice Ue sembra fatta apposta per invitare le banche tedesche a ritirare i fondi da Italia e Spagna, come già avvenuto nell’estate 2011 e 2012, quando il sistema bancario italiano si è trovato alle prese con una drammatica crisi di liquidità. Le parole di Schäuble, al contrario, sono un invito ai depositanti italiani e spagnoli perché approfittino della libertà di movimento dei capitali all’interno dell’Unione Europea perché finanzino tasso zero (o anche meno) i Bund e le obbligazioni societarie tedesche. Intanto, lungi dallo spendere almeno una porzione dell’enorme surplus commerciale vantato verso il Sud Europa, la Germania, anche grazie al costo zero dei suoi debiti, riduce di 5 miliardi il budget.
Di qui la reazione degli osservatori anglosassoni: l’Europa, scrive il Wall Street Journal, «ha varcato il Rubicone» e (parole di Morgan Stanley) «infranto un tabù». Un gesto così clamoroso che non può essere scaricato sulle spalle del governo di Cipro (nelle mani di un amico della Merkel) o della Bce, ingessata da regole imposte dal modello Bundesbank. No, si tratta di un’operazione politica consapevole e fredda, da cui emerge che la diffidenza nei confronti dell’Europa meridionale è ormai qualcosa di più profondo e radicato: la Germania non si fida più delle possibilità di recupero dell’«Europa periferica» che perde colpi. E si prepara con metodo all’eventuale «piano B»: il divorzio più indolore possibile per la finanza di Berlino. Magari dopo che qualche erede di Giuliano Amato avrà tirato fuori dal cassetto una patrimoniale robusta che, in assenza di riforme, servirà solo a ripagare i debiti verso i creditori stranieri, che utilizzano i capitali per acquistare quel che resta di buono dalle nostre parti.