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 2013  marzo 17 Domenica calendario

CURA AMATO PER «SALVARE» CIPRO

Cipro è finita a gambe all’aria perché il suo sistema bancario è legato a doppio filo, per ragioni storico-geografiche, con la Grecia. Anche la sua economia ha una forte dipendenza con quella della penisola ellenica. Così, dopo aver resistito per mesi alla buriana ateniese, Nicosia è stata costretta ad alzare bandiera bianca. Ieri, dopo una lunga notte di trattative tra i ministri delle Finanze dell’area euro, è stato deciso a Bruxelles il via libera a una piano di aiuti da 10 miliardi. Cipro, per salvare il suo sistema bancario, sovraesposto sui titoli pubblici greci e martoriato dai piani di ristrutturazione del debito della penisola, ne chiedeva 17. Ma per i restanti 7 dovrà arrangiarsi da sola. E il modo lo ha già trovato: una tassa straordinaria sui depositi bancari che sarà pari al 6,75% per quelli inferiori a 100mila euro e del 9,9% per quelli superiori. Da questa manovra raschierà dal barile poco meno di sei miliardi, il resto dovrebbe arrivare dall’aumento delle tasse per le società: dal 10% passeranno al 12,5%. Per il nuovo governo di Cipro, guidato dal presidente Nikos Anestesiades, si è trattato del minore dei mali. Il ministro delle Finanze cipriota Michael Sarris, parlando con i giornalisti nella notte, dopo un Eurogruppo straordinario durato quasi undici ore, ha sottolineato come il Paese si trovi sull’orlo del baratro per «una seria minaccia alla stabilità del nostro sistema bancario e finanziario. Non è un esito piacevole, ma crediamo che sia la strada meno onerosa, se paragonata con altri possibili esiti». La presenza di uomini d’affari e di milionari russi sull’isola è consistente. Per questo nel comunicato successivo alla decisione sugli aiuti, i ministri delle Finanze dell’eurozona dicono poi di attendere l’accordo tra Cipro e la Russia su un contributo finanziario. Mosca, ha chiarito nella conferenza stampa a Bruxelles il commissario europeo agli Affari economici e monetari Olli Rehn, «è pronta ad estendere il rimborso di un prestito» da 2,5 miliardi di euro che scade nel 2016 ed a «ridurre il tasso d’interesse, ma non intende andare oltre». Dopo la Grecia, l’Irlanda, il Portogallo e la Spagna, tocca quindi a Cipro essere salvata dalle casse comunitarie. E, di conseguenza, dovrà sottoporsi a un rigido piano di rientro, come preteso già negli altri casi dai Paesi del Nord Europa. Tra le richieste Ue ci sarà anche una maggiore trasparenza del sistema bancario. Un’austerità comunque estesa anche agli altri soci comunitari, costretti a rispettare pareggi di bilancio in tempi strettissimi. La mancanza di investimenti ha spesso peggiorato lo stato di salute dei Paesi più deboli (tra questi anche l’Italia) che da un lato devono contribuire a rifornire i fondi salva-Stati (la quota di Roma è del 18% circa) e dall’altro trovare le risorse necessarie per proseguire nella strada del risanamento. Questa strategia non sembra stia però dando i risultati sperati. L’eccessiva tassazione e la mancanza di investimenti adeguati sta allungando i tempi di una crisi già devastante. Tra i più noti contestatori del «metodo Merkel», dal nome della cancelliera tedesca, capofila della politica del rigore, c’è l’economista e premio Nobel statunitense Paul Krugman che porta avanti la sua crociata contro la linea europea che lui considera tutta sacrifici e niente crescita. In un recente post sul New York Times il popolare opinionista parla di un’Europa sanguinante, salassata inutilmente come i malati nel Medioevo, curati con salassi che li facevano ammalare ancora di più.