Roberto Giardina, ItaliaOggi 19/3/2013, 19 marzo 2013
IL PIEDE IN DUE SCARPE (DA CALCIO)
Peer, sempre lui, questa volta l’ha fatta grossa. I tedeschi possono perdonare tutto, o quasi, a Steinbrück, lo sfidante di Angela Merkel, ma adesso esagera. Il leader socialdemocratico ha protestato perché il Cancelliere secondo lui guadagnerebbe troppo poco, 220 mila euro all’anno, e lui non si degnerebbe mai di sorseggiare un pinot grigio che costi 5 euro a bottiglia, si è immischiato anche nelle elezioni italiane, vinte, ritiene, da due clown.
Potrebbe anche essere vero, commentano i suoi elettori, ma dovrebbe dirlo un comune cittadino, non chi spera di governare da settembre la Germania, rovinando i rapporti con paesi amici. Non sono parole degne di uno statista, per il 67% dei tedeschi. Ma tutto si può dimenticare, tranne una gaffe sportiva.
Peer si è lasciato fotografare con al collo la sciarpa azzurra dello Schalke. Che c’è di male? I politici non possono avere una squadra del cuore? Ma qualche maligno ha scoperto in archivio un’altra foto di Steinbrück sorpreso allo stadio con la sciarpa gialla e nera del Dortmund. Imperdonabile. Come un bambino, sorpreso a rubare la marmellata, ha anche mentito: «È un’immagine che risale a dieci anni fa». No, lo hanno smentito: è del 2008. Come se per un fan qualche anno in più o in meno facesse differenza. La passione sportiva è per sempre. Non basta: il socialdemocratico che ama i bianchi italiani fa parte anche del consiglio direttivo del Dortmund.
Schalke non è una cittadina, come molti pensano, ma una collinetta di Gelsenkirchen, a nemmeno 28 chilometri da Dortmund. Siamo nel bacino della Ruhr, una volta disseminato di miniere di carbone e di acciaierie. Nel raggio di qualche decina di chilometri si trovano almeno una dozzina di squadre che hanno giocato nella Bundesliga, la Serie A tedesca, a volte contemporaneamente. Squadre di minatori, divise da storiche e proletarie rivalità. Sarebbe come sfoggiare i colori della Lazio insieme con quelli della Roma, della Juve e del Toro, del Milan e dell’Inter. E i loro tifosi da sempre votano a sinistra, erano rossi anche sotto il nazismo. Lo Schalke è sponsorizzato tra l’altro dalla Gazprom di Putin, grazie all’intercessione di Gerhard Schröder. Non sono sciarpe ufficiali, è stata l’ultima disperata difesa, ma quelle confezionate dagli sponsor. «Ecco, Peer è sempre pronto a fare l’uomo sandwich per la pubblicità», hanno commentato ironicamente i tifosi.
Che fiducia si può avere in un Cancelliere pronto a tenere il piede in due staffe? A parteggiare per Silvio e per Bersani, per Obama e per Hollande? La Germania e l’Italia hanno più punti di contatto di quanto sospettano, o temono. E uno è il Fussball, cioè il calcio, anche se in Germania non è pensabile un politico che compri Balotelli per conquistare gli elettori. Angela non aveva mai visto una partita prima di arrivare alla Cancelleria, oggi la vediamo soffrire in tribuna quando i suoi perdono contro gli azzurri. Ha imparato presto, sa distinguere un fuorigioco da una rimessa laterale, ma va a sostenere solo la Nazionale. Il predecessore Schröder fa il tifo per Hannover, la città della Westfalia dove abita con la famiglia. Ed è rimasto fedele anche quando rischiava la retrocessione. Anni fa, alla vigilia della guerra contro Saddam, ci fu un vertice tra Italia e Germania a Brema. I nostri punti di vista sono così distanti che non ci sarà comunicato congiunto, venne annunciato ancor prima che Gerhard incontrasse Silvio. Mai accaduto prima.
Alla fine, apparve Schröder e annunciò che, data l’ora tarda, c’era tempo solo per tre domande per ciascun paese. Tre come i desideri accordati ad Aladino. Si alzò velocissimo un nostro collega che gli chiese: «La sua squadra sta per incontrare il Milan, già qualificato per i quarti della Champions. Ha chiesto a Berlusconi di dare un aiutino al suo Hannover?». Tutti avrebbero voluto strozzare il collega che alla vigilia di una guerra parlava di calcio (poi ci lamentiamo che i tedeschi pensano male di noi), e sprecava una domanda. Gerhard impallidì, ma si trattenne. Se si fosse rifiutato di rispondere, avrebbe offeso i suoi elettori tifosi. «Lei non capisce niente di calcio», esordì e spiegò il perché la domanda fosse stupida, con argomenti che per la verità non compresi. Diciamo che si rifugiò in corner. Peer dovrebbe andare a lezione da Gerhard, ma temo che sia troppo tardi.