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 2013  marzo 18 Lunedì calendario

SHALE GAS LA CORSA CHE MUOVE L’AMERICA


On the move again. On the road. L’America torna a muoversi. La mobilità interna fa parte dei miti fondatori di questa nazione. Nel bene e nel male. Ci sono state l’epopea del Far West e la febbre dell’oro, tra le migrazioni “ottimiste” (pur accompagnate dal genocidio degli indiani). Ci fu anche il disperato esodo verso la California degli agricoltori in fuga dalle zone inaridite dal Dust Bowl durante la Grande Depressione, raccontato da John Steinbeck in Furore. Molto più di recente il boom della New Economy mise in movimento una generazione di giovani in cerca di opportunità sulla West Coast. Poi tutto si era fermato. Uno degli effetti micidiali della Grande Contrazione del 2008 fu di congelare la mobilità geografica degli americani (quella sociale dal basso in alto è in crisi da decenni). Non ci si spostava più per due ragioni. Il mercato del lavoro era depresso in tutti gli stati. Inoltre traslocare era divenuto impossibile per molte famiglie gravate da un onere tremendo: dopo il crollo dei pezzi immobiliari, le loro case valevano meno dei mutui contratti per pagarle. Uno degli ingredienti che avevano sempre contribuito alla mobilità era la liquidità del mercato immobiliare, la facilità nel vendere per ricomprare. Tutto ciò è venuto meno dal 2008 al 2010. Un segno robusto e inequivocabile che siamo usciti dalla crisi, è la poderosa ripresa delle migrazioni interne. Già nel 2011, secondo i dati del Census Bureau, gli americani si sono rimessi in strada: in un solo anno il 4% della popolazione nazionale ha cambiato la propria contea di residenza (la contea è un’unità amministrativo-territoriale paragonabile alla nostra provincia). Le città che erano diventate “buchi neri” del crac immobiliare, come Phoenix in Arizona e Las Vegas nel Nevada, tornano a registrare un incremento della popolazione di quasi il 2% annuo. Las Vegas da sola ha accolto 12.000 nuovi residenti venuti da altre zone degli Stati Uniti. I percorsi delle migrazioni interne ricordano quelli pre-crisi. A svuotarsi sono aree metropolitane del Midwest e del Nordest come Detroit e Philadelphia. A riempirsi di nuovi arrivi è ancora una volta la West Coast, insieme con alcuni stati del Sud dall’economia dinamica come l’Arizona e il New Mexico. A trainare la ripresa delle grandi migrazioni interne ci sono l’industria tecnologica che è stata una delle prime a risollevarsi in California, e il settore immobiliare. Ma oggi si affaccia un terzo settore trainante: l’energia. Sulla mappa delle destinazioni favorite dai nuovi migranti compaiono il Texas e il North Dakota, due Stati in pieno boom per l’estrazione di petrolio e gas. Anche questa non è una storia sconosciuta agli americani. Tra le grandi migrazioni interne del passato ce ne furono già diverse che ebbero come origine le scoperte dei primi giacimenti petroliferi. Oggi è un boom energetico collegato all’evoluzione tecnologica (il fracking che separa gas e petrolio dalle rocce) che ha reso competitivi giacimenti prima non sfruttabili.