Paolo Berizzi, la Repubblica 19/3/2013, 19 marzo 2013
IL GRANDE NORD
Proviamo a immaginarla così. Klagenfurt, Veneto, Italaustria. Lubiana e Trieste unite tipo coppia di fatto, interconnesse o intermodali: che fa tanto “new economy 2.0”. Non solo Trieste collegata, ma anche Venezia e poi, forse, se l’Emilia Romagna ci sta, Bologna e Ravenna. A vederlo in controluce sembra una specie di ritorno agli Asburgo. Allargato in chiave post-leghista. In nome soprattutto degli schèi, che puzzano solo se finiscono a Roma e cioè nella pancia del «nemico », per dirla con il Doge ed ex ministro “romano” Luca Zaia. In realtà è un pezzo di euromacroregione così come la vorrebbero i governatori del Nord.
Per chiarezza: euromacroregione vuol dire macroregione settentrionale — e dunque: Lombardia, Piemonte, Veneto (a guida Lega Nord), Friuli Venezia Giulia — più pezzi e pezzettini di Europa. Europa “delle regioni” e non più “degli Stati”. La rivoluzione copernicana sarebbe questa. In soldoni: un blocco d’Italia che, dopo essersi consorziato sulla carta (macroregione), andrebbe a saldarsi con gli staterelli confinanti e/o vicini diventando anche “euro”. Slovenia, Istria, Carinzia, Croazia, Svizzera, Baviera. Tutte aree economicamente floride (a parte la Croazia, 25% di disoccupazione) e teoricamente autosufficienti. Un polmone del vecchio continente che si è stancato di pompare soldi e tasse per l’ingordo e malato corpaccione centrale (Roma, Vienna). «Se in Veneto una siringa costa 6 centesimi e al Sud 25 - incalza Zaia -, se in un ospedale di Treviso un pasto costa 1,60 euro e in un ospedale di Palermo o di Napoli lo stesso pasto costa 20, 60, 80 euro, vuol dire che c’è una parte del Paese che è fallita. E se una parte del paese fallisce è normale che l’altra parte guardi altrove. Fuori dai confini nazionali».
Dove, di preciso? E con quali occhi se nel 2013 più di 700 (settecento) imprese venete hanno fatto i bagagli e si sono trasferite in Carinzia per pagare meno tasse? Settecento imprese sono 13mila posti di lavoro persi. Tredicimila famiglie in apnea. Trentamila potenziali voti che non si capisce bene se e a chi siano andati: forse a Grillo, per rabbia. «Dal Veneto a Klagenfurt c’è un’ora e mezza di strada, la partita Iva si è messa in macchina ed è andata via...». Claudia, originaria di Sion, sette dipendenti (erano 25), confeziona abiti e maglieria alle porte di Vicenza. Sta pensando di trasferirsi anche nell’ex regno di Jorg Haider. «Metta solo il nome, basta quello... Che qui vengono a tassarti anche la carta igienica... La verità è che in Veneto c’è il 68% di pressione fiscale contro il 25% della Carinzia. Per questo rimpiango gli Asburgo».
Dai palazzi delle Regioni ai capannoni sparsi sul territorio che «guarda altrove»; dall’esodo delle partite alle nuove formazioni transnazionali a «geometria variabile». Chi e perché vuole “sganciare” il Nord e federarlo con i «nostri cugini ricchi, lavoratori e mica fessi»? La risposta va cercata sempre a Est. Profondo Est. Cinque porti collegati da un sistemino da 2 miliardi: soldi dell’Ue che, sembra un ossimoro, andrà o andrebbe a finanziare la nuova “Europa delle Regioni”. Utopia forzaleghista? Qualche mese, e si capirà. I cinque porti, intanto. Venezia, Monfalcone, Trieste, Capodistria, Rijeka. Nei sogni a occhi aperti dei macropresidenti del Nord c’è un lungo corridoio d’acqua che percorrerà l’Alto Adriatico. Che farà il paio con il nastro di ferro e asfalto che un giorno, forse, unirà Danzica con Ravenna.
«... qui dove un’antica vita si screzia in una dolce ansietà d’Oriente». Così Montale, descrivendo il capoluogo romagnolo collegato al mare Adriatico dal canale Candiano. Altri tempi. Oggi si va sul pratico: la poesia ha lasciato il posto agli accordi di programma. «Per l’ “Italia-Slovenia” ci sono 138 milioni di euro pronti a Bruxelles — entra in sfondamento Elio De Anna, da Cordenons, ex ala del Rugby Rovigo, oggi assessore all’Internazionalizzazione del Friuli Venezia Giulia — . Lui è un tifoso del Gect (gruppo europeo di cooperazione territoriale) che nel caso del Nord Est si chiama Euregio senza confini. Il presidente è Zaia. Veneto, Fvg e Carinzia, con prossimo allargamento a Slovenia, Istria e Croazia. «Ci muoviamo secondo le regole europee, accederemo ai fondi dell’Europa destinandoli a zone che sanno ottimizzarli ». Lassù, in Alto Adriatico, non vedono l’ora. «Realizzeremo un sistema di trasporti intermodale, una nuova era per la portualità tra Slovenia Venezia e Trieste, una svolta per l’Est Italia e per le repubbliche baltiche».
C’è solo qualche problemino da superare: per esempio che la Croazia non è ancora entrata in Europa (lo farà l’1 luglio prossimo). E l’Istria deve aspettarla per poi mettersi in scia (nell’Euregio). Oppure che le 12 regioni in cui è divisa la Slovenia hanno carattere solo statistico e non ammi-nistrativo: e quindi è come se non esistessero. Per Nino Jakovcic, da 12 anni presidente della penisola istriana, sono solo dettagli. «L’Euregio è una nuova architettura moderna europea. Adesso che il Nord sta diventando macroregione, avremo finalmente una struttura che riuscirà a creare progetti insieme. Altro che gli anni bui in cui i confini erano muri». Né pare essere un ostacolo il cambio della guardia al vertice della Carinzia (il neo governatore Peter Kaiser subentrato a Gerhard Doerfler, quello che diceva «noi non siamo interessati ad attirare aziende italiane in Carinzia, non siamo vostri concorrenti ma partner»). Dice Renzo Tondo, presidente del Friuli Venezia Giulia: «Abbiamo collaborato con un governatore nazionalsocialista e oggi lo faremo con un presidente socialdemocratico ». Ma per arrivare all’Euregio bisogna passare dalla macroregione del Nord. «Va allargata anche a Liguria e Emilia Romagna».
Adesso spostiamoci di là, a Ovest. Bad Ragaz è un paesotto svizzero del Cantone San Gallo. Se non fosse che nel 1854 vi morì il filosofo Friedrich Schelling, Wikipedia lo trascurerebbe questo Comune di 4.979 abitanti. Il 29 giugno scorso i rappresentanti delle regioni alpine d’Europa — tra cui Lombardia, Veneto, Piemonte e Fvg — sono saliti qui per “maritare” le loro terre. Matrimonio di interesse. Regioni di Francia, Italia, Svizzera, Austria, Germania: una macroregione da 70 milioni di abitanti. la parte del gigante, ovvio, la fa la Baviera. Assieme all’altro land tedesco Baden-Württemberg fanno 23 milioni di abitanti e un terzo del Pil dell’intera Germania: facile capire perché il Nord Italia li corteggia. Però se sul versante Est iniziano a vedersi i fatti (per uno dei due trafori che dovranno realizzare per il corridoio Baltico-Adriatico i carinziani sono già riusciti ad avere da Bruxelles 400 milioni) — a Ovest tutto è più incerto. Al netto delle dichiarazioni ottimistiche di Maroni e Cota, in Germania non è che siano proprio convintissimi. «Bisogna capire bene che cosa propongono in concreto i governatori italiani — dice da Monaco Alessandro Marino, segretario generale della Camera di Commercio italotedesca — . Noi auspichiamo maggiore collaborazione tra le regioni del Nord Italia e quelle del Sud della Germania, ma di questa macroregione, a livello politico, per ora se ne parla solo in Italia». Già. E ce l’hanno tutti con Roma. «La macroregione è necessaria per aumentare la capacità di intervenire sulle politiche nazionali», chiosa Maroni. Non sarà che c’è un problema, come dire, di Costituzione? La fusione tra nuove Regioni è disciplinata dall’art.132, ma sulla possibilità di sfruttarlo decide il Parlamento. Piccolo particolare: alla Camera la Lega ha solo 18 deputati (minimo storico), nemmeno sufficienti a formare un gruppo parlamentare. Basteranno per gettare le fondamenta legislative della macroregione?