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 2013  marzo 19 Martedì calendario

CHI VINCE E CHI PERDE NELLA GEOPOLITICA DELL’ENERGIA

Sono stata di recente colpita dalla notizia che nei prossimi sette, otto anni gli Stati Uniti diventeranno il più grande produttore di petrolio al mondo, superando l’Arabia Saudita, e che si stanno già avviando rapidamente verso l’autosufficienza in campo energetico. Il prezzo del gas naturale è già ai minimi storici da loro, tanto che le centrali elettriche a carbone hanno cominciato a riconvertirsi al gas, con relativo declino delle emissioni di carbonio. Tutto questo è sicuramente un bene per l’America, ma per l’Europa?
Dora Artom, Pavia
Cara Signora, la presenza di gas nelle rocce scistose (quelle che hanno tendenza a sfaldarsi lungo piani paralleli) era nota da molto tempo. Ma l’estrazione del gas era tecnicamente complicata e i costi dell’operazione troppo alti per giustificare iniziative di grande respiro. L’iniezione di acqua ad alta pressione e altre nuove tecnologie hanno modificato la situazione e reso possibile lo sfruttamento su grande scala. Ne hanno tratto vantaggio anzitutto due Paesi, Stati Uniti e Canada (che dispongono di grandi giacimenti e della tecnologia necessaria), a cui si aggiungerà fra poco, forse, anche il Giappone. Secondo un commentatore americano (David Brooks sull’International Herald Tribune del 13 marzo), l’America avrebbe già superato la Russia nella graduatoria dei Paesi produttori e il traguardo dell’autosufficienza sarebbe a portata di mano (cinque anni).
Il Canada, intanto, sta negoziando con una grande compagnia petrolifera (Chevron) i contratti che permetteranno d’indirizzare una buona parte della produzione, sotto forma di gas liquefatto, verso i mercati asiatici. Può permetterselo. I giacimenti della sola Colombia britannica, nella parte occidentale del Paese, contengono circa 17 trilioni di metri cubi di gas: una quantità pari al fabbisogno annuale dell’intera Cina moltiplicato per dieci. Il Giappone, dal canto suo, sta sperimentando l’estrazione del gas da una combinazione di metano e acqua ghiacciata al largo delle sue coste sul Pacifico.
Non tutto è semplice. L’estrazione comporta enormi quantitativi d’acqua. Il processo di liquefazione e gassificazione richiede la costruzione di nuovi impianti. L’uso del gas rende necessario l’adattamento delle centrali costruite per consumare carbone o petrolio. Ma le rocce scistose sono presenti in altri Paesi, compresa la Russia, e l’aumento della disponibilità di gas avrà grandi ripercussioni non soltanto sui prezzi. Se la geopolitica dell’energia cambia, alcuni Paesi diverranno più indipendenti, mentre altri perderanno la capacità d’imporre le loro condizioni e dovranno fare i conti con una diminuzione del reddito nazionale. Non sarà facile per i Paesi del Golfo, ad esempio, continuare a comprare il consenso dei propri sudditi con generose politiche fiscali. Molti Stati dovranno adottare nuove strategie economiche e correranno il rischio, nel frattempo, di scontrarsi con forme di protesta sociale a cui non erano abituati. Per l’Europa questa nuova situazione dovrebbe presentare molti vantaggi. Pagheremo meno il nostro gas e saremo meno ricattabili. Ma gli italiani, in particolare, dovranno comprendere che saranno in grado di cogliere l’occasione soltanto se il Paese disporrà di parecchi impianti per la gassificazione del gas liquido. In caso contrario perderemo ancora una volta l’appuntamento con la modernità.
Sergio Romano