Michela Coricelli, Avvenire 19/3/2013, 19 marzo 2013
IN ARGENTINA IL BLOCCO DURO’ UN ANNO
Il primo ad utilizzare il termine «corralito», riferendosi alla crisi economica argentina e alle misure speciali imposte alle banche dal governo di Buenos Aires, fu il giornalista Antonio Laje, nel dicembre del 2001. In Argentina, prima di allora, la parola indicava solo il box dove possono giocare, al sicuro, i bambini di pochi mesi: protetti, ma rinchiusi in una sorta di «gabbia». L’argentino Laje non immaginava che di lì a poco quell’ironica analogia sarebbe stata adottata in tutti i Paesi di lingua spagnola, e non solo. Sabato scorso, le immagini delle file degli abitanti di Cipro davanti agli sportelli bancari hanno immediatamente rispolverato il ricordo di Buenos Aires, delle chilometriche code e delle proteste di fronte agli istituti di credito. Il caso di Cipro è diverso, al limite si potrebbe parlare di «corralito parziale», ma i timori e i dubbi che circolano per le strade, tra la gente, permettono di impiegare la metafora argentina senza essere accusati di eccessi di fantasia.
La recessione più lunga e dolorosa della storia argentina iniziò nel 1998, con il presidente Carlos Menem. Il debito esterno, il deficit in continuo rialzo, la disoccupazione soffocavano il Paese sudamericano. Le banche scricchiolavano rumorosamente: lo spettro minaccioso della bancarotta aleggiava su Buenos Aires. Nel 2000 iniziarono le misure speciali, molto impopolari. Il presidente Fernando De la Rua nel giugno del 2001 chiede al Fmi e alle banche private un ’aiuto’ aggiuntivo, ma il debito galoppa e i disoccupati sono ormai vicini ai 5 milioni. Nei primi 11 mesi del 2001 escono dal Paese circa 18 miliardi di dollari. La sfiducia si mescola alla paura: il governo teme il collasso del sistema finanziario. Nel dicembre del 2001 le autorità annunciano il decreto con cui si restringe la libera disposizione del denaro depositato su conti correnti, di risparmio e depositi: De la Rua e il ministro dell’Economia, Domingo Cavallo, pensano di fermare così l’emorragia di capitali. Ma esplode la rabbia e la disperazione sociale. Il gap fra ricchi e poveri aumenta a dismisura. In uno dei pochissimi Paesi dell’America latina in cui una buona fetta della società appartiene alla classe media, quest’ultima diventa la vittima principale del «corralito ». Durerà un anno: il 2 dicembre del 2002 i conti e i depositi vengono sbloccati. Il successore di De la Rua, Adolfo Rodriguez Saà dichiara il default. Nel 2002 il «corralito » argentino contagia il vicino Uruguay, causando una crisi bancaria anche a Montevideo.