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 2013  marzo 18 Lunedì calendario

BOLDRINI, LA FINTA FRANCESCANA: UNA CARRIERA NEI SALOTTI DEL POTERE

Roma Un po’ sul serio, un po’ con iro­nia fioccano i paragoni tra Laura Bol­drini e Papa Francesco. Già si prepara­no q­uelli con la missionaria madre Te­resa di Calcutta, ma forse sarebbe me­glio con qualche «pasionaria» rossa della guerriglia sudamericana. E si pre­senta l’ex p­ortavoce dell’Alto commis­sariato per i rifugiati delle Nazioni Uni­te come la nuova presidente della «Ca­mera della carità», quella rivolta agli ul­timi della terra, ai poveri, ai diseredati, alle donne maltrattate, ai profughi del­la terra. Manca solo l’aureola. E la sua prove­nienza dalle fila del Se­l di Nichi Vendo­la dà all’impegno umanitario quella lu­ce di ideologia politica facile da enfatiz­zare. Ma troppo entusiasmo può riser­vare anche amare delusioni. Perché chi conosce bene Laura Boldrini e la sua folgorante carriera sotto i riflettori internazionali assicura che è figlia di una casta radical snob ben ammanica­ta nelle stanze del potere e il suo per­corso è stato, per così dire, preferenzia­le. Tanto che il suo ruolo all’Unhcr scompare con lei, perché le è stato tagliato addosso come un vestito d’alta moda. Alla faccia di tanti che avrebbe­ro voluto subentrare in quella posizio­ne, così ricca di soddisfazioni e così li­bera del ferreo controllo riservato ad altri ruoli. La maceratese Laura viene da quella società marchigiana fatta di famiglie tradizionali e un po’ bucoli­che, colte e all’antica, molte di riserva­ta nobiltà altre di solidi patrimoni, che spesso avviano i rampolli ad un futuro in diplomazia o comunque in organi­smi internazionali. È sempre stato uno dei giardini più ambiti dall’alta so­cie­tà e con quell’obiettivo si fanno stu­diare i giovani nei migliori collegi, d’estate si iscrivono ai corsi di lingue e si organizzano viaggi per conoscere il mondo, li si iscrive a università di fama e si pagano stage e master all’estero do­po la laurea. Un’esperienza nel mon­do del volontariato, in certi circoli radi­cal­snob, è d’obbligo per far brillare il curriculum. Fa molto nobiltà d’animo e i genitori raccontano con orgoglio nei salotti le esperienze vissute lonta­no da casa dei figli. Se poi da grandi compiono il grande salto, certo è meri­to loro, ma il trampolino di lancio ad al­tri è precluso.
Laura, nipote di un petroliere, dopo la maturità vola nelle risaie del Ve­nezuela e poi si regala un lungo viaggio in tutto il Centroamerica. Poi arri­va la laurea. Ora che tutti si entusia­smano per il nuovo stile della presiden­te della Camera, che all’investitura si presenta con una giacchetta nera stri­minzita e sale a piedi al Quirinale per la prima visita al Capo dello Stato, bisognerà pur chiedersi se la Boldrini non abbia avuto la strada spianata come pochi. Visto che è entrata in Rai come giornalista negli anni Ottanta, ha fatto tappa all’agenzia giornalistica Agi di proprietà Eni, per poi dare un calcio ad un posto ambito e solido per tuffar­si nelle sue avventure nel mondo. En­trando, certo grazie alle sue doti e alla sua tenacia prima alla Fao, poi all’Onu nel 1989. Infine, l’approdo all’Alto commissariato per i rifugiati nel 1998. Medaglie e riconoscimenti si spreca­no, compresa la nomina nel 2009 ad «Italiano dell’anno» di Famiglia Cri­stiana.
Laura, la francescana, ha lo stesso pe­drigree sociale e castaiolo di una Me­landri o di una Concita De Gregorio, solo che il suo orizzonte è più interna­zionale. Sa come incantare le masse e il potere. Su twitter ha raccontato il suo incontro con Napolitano. Il presi­dente l’ha salutata con queste parole: «Sangue freddo, fatica e successo». Nessuna paura: Laura Boldrini è una predestinata.