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 2013  marzo 18 Lunedì calendario

TENDENZA SAN FRANCESCO


L’ALTRO ieri Laura Boldrini a via Fani senza la scorta, ieri da Napolitano a piedi. Se i segni non ingannano, procede dunque privo di armi, a piccoli grandi passi e con un sorriso femminile, il “cammino” delle istituzioni – tutte – verso un cambio di clima.

POI sì, certo, è davvero troppo presto per segnalare, con la dovuta esultanza, il ritorno del francescanesimo in politica. Ma nell’imminenza della primavera, che in ogni caso arriva giovedì, e nonostante i temporali, ci si può forse sbilanciare dinanzi ai primi indizi. Al di qua del Tevere, cioè tra Montecitorio e Palazzo Madama, proprio perché già più chiaramente visibili al di là, dove il Papa Francesco non cessa di trasmettere segnali.
Mansuetudine, rispetto, modestia, semplicità, pazienza e allegria: e saranno anche le condizioni oggettive, la fragilità politica e l’incertezza numerica della maggioranza a convocare queste virtù nei palazzi dove si fanno le leggi, però i due nuovi presidenti delle Camere hanno dipinto in faccia il motto: «La nostra corona si chiama accontentarsi ». Anzi, per la verità non c’è nessuna corona: primo perché l’oro e le gemme costano, secondo perché il potere ha bisogno semmai di purificare i suoi simboli anche rinunciandovi. Nelle aule di Camera e Senato, del resto, un terzo di parlamentari rifiuta l’appellativo di “onorevole”; e due terzi, si spera, sono pronti a tagliarsi i quattrini dello stipendio e a rinunciare ai rimborsi ai partiti, che poi non solo sono veri e propri contributi, ma pure destinati a sprechi e male arti.
Se questo accadrà, inutile negarlo, si dovrà essere riconoscenti al Movimento Cinque Stelle, che al Poverello di Assisi, neanche a farlo apposta, è legato da una specialissima venerazione. Nel recentissimo breviario, “Il Grillo canta sempre al tramonto” (Chiarelettere) sorprendentemente si legge da parte di Casaleggio: «Non deve essere un caso che non esista un papa che si sia fatto chiamare Francesco. Noi abbiamo scelto appositamente la data di San Francesco (4 ottobre 2009, ndr) per la creazione del MoVimento. Politica senza soldi. Rispetto degli animali e dell’ambiente. Siamo i pazzi della democrazia ». Lo stesso Grillo giusto ieri ha ribadito: «Ci sono molte affinità tra il francescanesimo e il M5S. C’è qualcosa di nuovo in questa primavera, un terremoto dolce», là dove quest’ultimo ossimoro è in neretto.
Ora, Frate Francesco era certamente più mite, né mai avrebbe rivendicato un marchio o un’esclusiva. Ma essendo l’Italia un paese un po’ così, tenero e fantasioso nei suoi fuggevoli entusiasmi, dal trasporto ridondante e commediante del grillismo d’esportazione al messaggino twitter valido per l’intera classe politica il passo è breve, purtroppo: siamo tutti francescani. Ma tutti-tutti, che poi vuol dire nessuno, come troppo spesso si dimentica.
Vedi la parentesi seguita all’arrivo del governo tecnico: la quaresima, il culto della sobrietà, la spending review, i ministri in car-sharing, i presidenti che si pagavano il biglietto del cinema, la parata militare ridimensionata, il ricevimento del 2 giugno al Quirinale low cost; una specie di moda che al suo culmine portò perfino Alfonso Signorini a deprecare il tempo degli sfarzi e “delle battaglie con le pistole ad acqua caricate con lo champagne”.
E tuttavia né Monti, allora ben restio dall’accogliere tele-cagnolini in grembo, né gli altri suoi ministri professori e professoresse mostravano alcunché di umile o francescano, segnati piuttosto com’erano da una certa alterigia professorale.
Ecco: adesso invece un modello di autorità in quel senso di allegra semplicità c’è, almeno in Vaticano, là dove pure e di più se ne vedeva il bisogno, quindi il vantaggio. E seppure in una visione laica può sembrare sconveniente — anche se non del tutto inedito — che lo stile di un pontefice ispiri quello dei governanti e delle istituzioni della Repubblica, beh, è una di quelle circostanze, o reazioni, o combinazioni, che comunque la storia, possedendo in sé i propri antidoti, rende per certi versi inesorabili.
Non è che servissero Grillo e Casaleggio per avere la conferma che troppo è stata tirata in questi tempi la corda del potere fra megalomanie, incontinenze, esibizionismi, sciaguratissime ebbrezze, insensate vanità, compulsioni acquisitive, come dicono gli studiosi, e ancor più predatorie.
Né forse c’era bisogno di Papa Francesco per intuire che dietro a tutto questo c’era un intimo senso di insicurezza, qualcosa che sconfinava con la paura e la disperazione. Ma certo vedere le pietre dove il Santo appoggiava il capo la notte aiuta a comprendere l’umile maestà della corona che porta il peso del regno.