Anna Zafesova, La Stampa 19/3/2013, 19 marzo 2013
COSI’ L’ISOLA E’ DIVENTATA IL PARADISO PREFERITO DAGLI OLIGARCHI RUSSI
Quando il muro di Berlino cadde i russi - all’epoca ancora ufficialmente denominati «sovietici» scoprirono di essere separati dal resto del mondo da due cortine di ferro. La prima era quella costruita da quelli che li avevano governati per decenni tenendoli sotto chiave e equiparando già il solo desiderio di vedere il mondo là fuori a un potenziale tradimento. La seconda era stata innalzata nel frattempo dagli occidentali, che mentre celebravano la fine del comunismo si preparavano a bloccare le orde di barbari dall’Est che avrebbero dovuto riversarsi in Europa e negli Usa. All’improvviso il passaporto per l’estero, privilegio di pochissimi membri della nomenklatura, ballerini del Bolshoj e intellettuali di regime, era concesso a tutti. Ma per metterci l’agognato timbro di un visto di un Paese straniero bisognava superare un iter composto di interrogatori nei consolati, permessi, raccolta di carte che andavano dall’estratto conto al certificato di sana e robusta costituzione, poliziotti di frontiera sospettosi. Le uniche due destinazioni per le quali un russo appena liberatosi dal comunismo poteva decollare con in mano solo un biglietto aereo e qualche soldo in tasca, senza problemi e preparativi, erano la Turchia e Cipro.
A Limassol gli ospiti dal Nord scoprirono il paradiso. Il clima era molto meglio del mar Nero e, a differenza di Soci, invece di ottenere tutto al mercato nero oppure andare in albergoni sindacali dove si divideva la stanza con altre dieci persone (rigorosamente dello stesso sesso, il che escludeva la vacanza con la famiglia), bastavano poche decine di dollari per essere benvenuti. Una certa rozzezza degli ospiti russi, che faceva arricciare il naso ai negozianti e albergatori della Costa Azzurra, agli occhi dei cordiali greci veniva equilibrata dalla straordinaria disponibilità di spendere soldi. E così Cipro divenne la prima destinazione di fuga della borghesia post-sovietica, dove si poteva scappare anche con poche centinaia di dollari.
Vent’anni dopo i menù in russo, le agenzie immobiliari per russi, le scuole per russi fanno abitualmente parte del paesaggio cipriota. Da ospiti i russi sono diventati padroni. Anche perché, dopo la gioiosa scoperta della vacanza al mare a portata di (quasi) tutti, è arrivata quella del «biznes». Al numero 3 di Chrysanthou Mylona, nel centro di Limassol, in mezzo a tanti altri uffici si può ancora trovare la sede - almeno giuridica - di Electus Investments, una società sconosciuta che però risulta l’unica azionista della Millhouse Capital, l’etichetta britannica alla quale risale tutto l’impero di Roman Abramovich, dal Chelsea alle fabbriche di alluminio in Siberia. Gli oligarchi ormai abitano tra Londra e Sardegna, ma non dimenticano l’isola che è stata il primo «estero» nel quale hanno messo piede. A Cipro hanno «sede» la Nafta-Moskva dell’oligarca Suleiman Kerimov, società del re dei metalli Oleg Deripaska, controllanti di giganti di telecomunicazioni e petrolio. Un retaggio dei tempi quando nella Russia del capitalismo primordiale non si sapeva ancora bene come aprire un conto in banca, mentre nell’isola spesso bastava una casella postale e un notaio che aveva rapidamente imparato un po’ di russo. La fiscalità più che light e i controlli laschi hanno fatto il resto, e a Mosca si dormiva - fino a ieri - tranquilli nella consapevolezza che i soldi, miliardi o poche migliaia, erano nel Mediterraneo, al sicuro da svalutazioni, default, ricatti del fisco e della mafia e avventure politiche azzardate. Per anni Cipro è stata al primo posto nella classifica dei Paesi che investono in Russia, con larghissimo distacco sulle potenze economiche europee: soldi russi che tornavano indietro, come nel caso della Uniastrum Bank, acquistata dalla Banca di Cipro, della quale è azionista (via un fondo delle isole Vergini) Dmitry Rybolovlev, magnate dei concimi famoso per aver regalato alla figlia l’attico più costoso del mondo. Che non è più a Limassol, ma a Manhattan.