Leonardo Sonnoli, il Sole 24 Ore 17/3/13, 19 marzo 2013
SIGNORA DELLE COPERTINE
La storia del design del libro in Italia nella seconda parte del XX secolo è sicuramente poco sviluppata e carente di una bibliografia che ne approfondisca criticamente sia gli aspetti del progetto che i suoi protagonisti. Nell’âge d’or di questa storia, tra la fine degli anni Cinquanta e gli anni Settanta, sono molti i protagonisti tra editori illuminati, designer che raggiungono in breve fama internazionale e straordinari illustratori. Quasi tutti sono conosciuti e celebrati. Tra quegli inventori di copertine e impaginazioni troviamo le firme di Bob Noorda, Massimo Vignelli, Bruno Munari, Mimmo Castellano, Giulio Confalonieri, Enzo Mari.
Manca però spesso all’appello una delle voci più originali del design italiano, Anita Klinz, che purtroppo ora dobbiamo ricordare perché venerdì 8 marzo se n’è andata per sempre. Proprio nella giornata della donna, lei che è stata l’unica donna in quel periodo (ma anche oggi ce ne sono poche) ad avere e interpretare un ruolo così moderno come quello dell’art director, dirigendo l’ufficio artistico della Mondadori prima e de Il Saggiatore in seguito.
Questa signora del design editoriale, dalmata di origine e praghese di formazione, incarna una delle tante romanzesche storie di émigré mitteleuropei, di famiglie in viaggio per lavoro e poi in fuga dalle dittature, prima fascista e poi sovietica. Arriva in Italia nel dopoguerra, a piedi, assieme alla madre e la sorella. Si ritrova a Milano, con la necessità di sbarcare il lunario, facendo vari mestieri, dalla baby-sitter all’impiegata di banca, ma sempre con la grande passione del disegno e il grande rimpianto di non aver potuto frequentare l’università per affinare questa inclinazione. Ma proprio la passione per il disegno che pratica en plein air, la fa notare e arriva a lavorare in un’agenzia pubblicitaria. Da qui il salto nella casa editrice Arnoldo Mondadori dove inizia nella redazione di «Epoca» a reimpaginare le pubblicità. Lì conosce Alberto Mondadori e con lui partecipa al design della rivista. Ottiene sempre più fiducia dalla casa editrice e all’inizio degli anni Sessanta è l’artefice della creazione del l’ufficio artistico che dirige negli anni seguenti.
È una figura anomala e inedita nel panorama professionale di quel tempo: non è solo chi disegna direttamente le copertine e nemmeno l’artigiano-grafico che fa ricopiare le sue idee e il suo stile a un assistente. Anita Klinz fa assumere bravissimi grafici e illustratori di provenienza culturale diversa e a ogni problema da risolvere sceglie la strada più appropriata e il collaboratore più adatto. E quasi sempre con un’idea originale e una soluzione inedita. Così nascono le copertine della collana «Omnibus» con le bellissime illustrazioni di Ferenc Pintèr che la Klinz, scontrandosi non poco con l’ungherese, vuole avvolgano anche il dorso e la quarta, comprendendo più di altri che un libro non è solo la copertina ma è un oggetto di design; ancora con l’idea che tutta la copertina deve raccontare il contenuto assieme a Ferruccio Bocca disegna la nuova veste della prestigiosa collana «il tornasole», ma qui con uno stile molto diverso, più scarno nel l’immagine, usando delle immagini fotografiche al limite dell’astrazione, che contengono nella quarta di copertina il ritratto del l’autore assolutamente integrato nell’immagine stessa e con il titolo, autore, genere ed editore composti in Helvetica nero e rosso; stessa composizione minimale anche per l’Enciclopedia dei Ragazzi, che realizza collaborando con lo svizzero Peter Gogel, che addirittura riesce a vincere la proverbiale durezza della Klinz convincendola a un uso più sintetico delle immagini. E fece bene a farsi convincere perché quel progetto le fruttò la medaglia d’oro alla Fiera di Lipsia. Ma molti altri sono i nomi, spesso sconosciuti ai più, che firmano le copertine mondadoriane assieme alla Klinz: Elio Uberti (con cui firma la bellissima collana de «I maestri dell’architettura contemporanea»), Bruno Binosi, Paul Scharff, Paolo Zancuoghi e probabilmente altri.
Ma anche alcuni progetti firmati da sola restano dei capolavori, come la collana de «I Gabbiani», di ispirazione concettuale, che come in un modulo prestampato indica in modo paritario titolo, autore, editore, collana, prezzo e argomento.
Quando Alberto Mondadori inizia la sua autonoma esperienza de Il Saggiatore, Anita lo segue occupandosi di tutta l’identità di quel progetto ambizioso. Ci restano di quel periodo degli straordinari esempi come l’opera in 4 volumi di Winston Churchill sulla Grande Guerra – realizzato con Gogel – in cui un filo spinato fuori scala attraversa le 4 copertine, ma anche un progetto di allestimento alla Fiera di Francoforte in cui compaiono esposti prevalentemente dei libri bianchi, quelli ancora da progettare, che rendono lo spazio surreale ma estremamente «leggibile». Il fallimento della casa editrice segna il suo percorso professionale probabilmente in maniera indelebile. Ritorna alla Mondadori nel gruppo periodici e poi sembra scomparire, voltando le spalle a chi anche anni dopo cercava di volerla incontrare per saperne di più su quel periodo d’oro. Anche recentemente, Niccolò Mazzoni per ricostruire quegli anni del Saggiatore e la storia di Anita Klinz, nella sua importante tesi del 2011 allo Iuav di Venezia, non è riuscito a rompere quel muro che aveva costruito tra sè e il mondo, dove potevano accedere solo pochi amici come lo stesso Gogel, prezioso testimone di quella esperienza. Voleva forse dimenticare e farsi dimenticare. Ma anche il recentissimo premio alla carriera conferitole, l’Aiap Women in Design Award, testimonia che le sue geniali idee sono riuscite ad essere più ostinate di lei, viaggiando su migliaia di copertine e arrivando fino a noi.