Alessandro Oppes, il Fatto Quotidiano 17/3/2013, 17 marzo 2013
QUARANT’ANNI DI ABORTO DI STATO PER “FRENARE” I CINESI
Cambia il vertice del regime a Pechino, ma resta invariata la legge che, forse più di qualunque altra, i cinesi avrebbero voluto vedere abrogata: non si tocca la cosiddetta “regola del figlio unico”, quella norma introdotta nel 1978, proprio in coincidenza con l’avvio del processo di apertura dell’economia agli investimenti stranieri, che prevede l’imposizione di pesanti multe alle coppie urbane che hanno più di un figlio. Lo fa sapere - all’indomani dell’insediamento del nuovo presidente Xi Jinping e del primo ministro Li Keqang - il Ministero della Sanità in una nota dalla quale si apprende l’inquietante escalation dei dati sull’aborto, diretta conseguenza della politica del governo: nel corso degli ultimi quarant’anni, a partire dal 1971, sono stati 336 milioni i casi di interruzione della gravidanza.
UNA CIFRA sconvolgente, ma che sorprende solo fino a un certo punto, perché corrisponde più o meno ai calcoli approssimativi già rivelati in passato dal regime, secondo cui in assenza di una rigida politica di contenimento delle nascite, oggi in luogo del miliardo e 300 milioni di abitanti censiti tre anni fa, gli abitanti della Cina sarebbero almeno 400 milioni in più.
Ma non basta. Le autorità di Pechino fanno anche sapere che, nel corso dello stesso periodo, 196 milioni di uomini e donne sono stati sterilizzati e 403 milioni di donne hanno fatto ricorso alle spirali intrauterine per evitare “gravidanze indesiderate”. Verrebbe da chiedersi quante fossero effettivamente “indesiderate”, e in che percentuali questi casi siano da ricondurre alla politica governativa. Quando, nei giorni scorsi, è stato annunciato lo scioglimento della Commissione per la pianificazione familiare, che sarà assorbita dal Ministero della Sanità, qualcuno ha cominciato a sperare che potesse essere solo il primo passo verso l’abrogazione dell’odiata legge sul figlio unico. Illusione subito frustrata dalle dichiarazioni ufficiali. “La pianificazione verrà rafforzata, non indebolita”, ha detto Wang Feng, numero due dell’ufficio per la riforma del settore pubblico. “Dopo questa riforma, la Cina proseguirà nella sua politica di pianificazione familiare”, ha confermato il segretario generale del governo, Ma Kai, gelando le ultime speranze.
L’INCUBO, DUNQUE, continua. La legge è estremamente impopolare, anche per l’assurda ferocia con la quale, a volte, viene applicata dalle autorità. Lo scorso anno, fu enorme lo scandalo provocato dal caso di Feng Jianmei, una ragazza di 23 anni costretta ad abortire al settimo mese di gravidanza. Feng e il marito, Deng Jiyaun, si erano rifiutati di pagare una multa pari a 4500 euro imposta loro dalle autorità della provincia nord-orientale del Shanxi per aver deciso di tenere il secondo figlio. Milioni di persone protestarono sui social network contro il governo locale. L’attivista democratico Chen Guangcheng, emigrato lo scorso anno negli Usa, ha denunciato pratiche simili e estremamente diffuse nella sua provincia natale dello Shandong.