Piergiorgio Odifreddi, la Repubblica 17/3/2013, 17 marzo 2013
IL NUOVO PAPA, LA CHIMICA, GALILEO GALILEI E LA SCIENZA
In passato avevamo avuto un chimico premio Nobel per la letteratura: Elias Canetti, nel 1981. Ora abbiamo anche un chimico papa, il neoeletto Jorge Mario Bergoglio. La cosa è interessante, perché al cuore della dottrina cattolica sta il dogma della transustanziazione, che ha appunto a che fare con le proprietà chimiche del pane e del vino consacrati.
Secondo la definizione dogmatica del 1551 del Concilio di Trento, con la consacrazione tutti gli accidenti del pane e del vino rimangono inalterati, ma la loro sostanza si muta in quella del corpo e del sangue di Cristo. Secondo una pagina del 1623 del Saggiatore di Galileo, invece, non può esistere nessuna sostanza del pane e del vino separata dai loro accidenti.
Un documento ritrovato negli anni ’80 negli archivi vaticani attesta che Galileo fu denunciato al Santo Uffizio perché questa sua visione contrastava con il dogma della transustanziazione, appunto. E Pietro Redondi afferma in Galileo eretico (Einaudi, 1983 e Laterza, 2009) che questa fu una concausa della sua condanna nel 1633, insieme alla visione copernicana del mondo.
Oggi la visione di Galileo è diventata la posizione ufficiale della scienza: in particolare della chimica, che non crede più all’esistenza di una sostanza disgiunta dagli accidenti. Ma la visione del Concilio di Trento rimane la posizione ufficiale della Chiesa, e costituisce un dogma di fede per i cattolici.
Cosa ne pensa il papa chimico Francesco, o il chimico papa Bergoglio, visto che le due posizioni sono antitetiche e incompatibili? La domanda si situa sulla linea di demarcazione tra scienza e fede cattolica. E dalla risposta dipende la natura dei loro possibili rapporti.