Antonio Cianciullo, la Repubblica 17/3/2013, 17 marzo 2013
ONDA SU ONDA
Qualche stazione di ricerca, poche centinaia di milioni di euro, molti studi: siamo solo alle schermaglie iniziali. La vera partita si deve ancora giocare e il prossimo decennio potrebbe essere quello del decollo dell’energia dal mare. Sull’onda del successo delle fonti rinnovabili, opzioni fino a ieri considerate poco più che un gioco accademico cominciano ad acquistare concretezza. E ad attirare investimenti: secondo il Cnr, cento miliardi di euro al 2030 per ricavare dai mari del mondo il doppio dell’energia consumata dall’Italia. In Europa è la Francia a lanciare la sfida alla leadership tedesca nel campo delle rinnovabili. Col nucleare che declina in molti paesi industrializzati, calcolando che presto le centrali nucleari più vecchie dovranno chiudere, Parigi si guarda intorno per diversificare. Delphine Batho, ministro dell’ecologia, il 25 febbraio scorso è arrivata a Cherbourg per assicurare che lì sulla Manica, dove passa una delle correnti più forti del continente, la Francia costruirà la sua supremazia «idroeolica». Con l’aiuto di società del peso di Gdf-Suez ed Edf. Ma Parigi non è l’unica a giocare la carta dell’energia marina. In Europa ci sono anche Scozia, Irlanda, Grecia e Italia. È stata proprio la Scozia la prima a partire seriamente. Nel 2007 una società scozzese con capitali italiani, la Ocean Power Delivery, ha costruito una centrale capace di utilizzare l’energia delle onde con impianti in Portogallo e Scozia. Poi, nel giugno del 2012, è stato varato nelle Isole Orcadi il primo parco eolico sottomarino. Una definizione letterale perché le pale somigliano a quelle che siamo abituati a veder catturare l’energia eolica. Sono però immerse a trenta metri di profondità e dunque bisogna parlare di una centrale che sfrutta le correnti.
In Italia le aree più interessanti sono lo Stretto di Messina, la laguna di Venezia, il canale di Sicilia e le Bocche di Bonifacio in Sardegna. Per ora l’attenzione si è concentrata sullo Stretto, dove l’Iamc-Cnr e l’Ismar, utilizzando la nave oceanografica Urania, hanno studiato il fondale per individuare i luoghi più adatti a ospitare le turbine. Ma la gara per conquistare l’energia del mare non finisce qui. Oltre alle correnti e alle onde, si possono sfruttare le maree e le differenze di temperatura e salinità. «Le prime stime a livello globale, tenendo conto di tutte queste opzioni, indicano che il potenziale energetico teorico del mare supera di gran lunga il fabbisogno energetico dell’intera popolazione mondiale», spiega Ilaria Sergi, di Enea Utaprad. «È una forma di energia ideale: pulita, abbastanza continua come capacità produttiva e ben distribuita geograficamente». Proprio l’Enea Frascati ha rilanciato la filiera più avveniristica di energia marina: la trasformazione della differenza di salinità in energia elettrica. Questa tecnica — basata sulla capacità elettrica di conduttori immersi in una soluzione salina — in Italia potrebbe essere sviluppata attraverso impianti capaci di sfruttare la differenza di salinità tra acqua di mare e acqua proveniente dalle saline, o tra acqua di fiume e di mare. «È l’ultima frontiera in fatto di produzione di energia rinnovabile e le possibilità di sviluppo sono molto interessanti », continua Ilaria Sergi. «Prendiamo il Tevere: la sua portata d’acqua permetterebbe di produrre alla foce una quantità di elettricità maggiore del fabbisogno di Roma. Tanto che Norvegia e Paesi Bassi guardano con interesse a questa inesauribile fonte di energia per l’abbondanza di acqua dolce di cui dispongono ». Ma se il mare è un serbatoio energetico così conveniente perché non è stato già utilizzato? «C’erano due problemi: il costo delle turbine e la corrosione delle parti meccaniche degli impianti», risponde Mario Pagliaro, dell’Istituto materiali nanostrutturati del Cnr Palermo. «Oggi però sono stati risolti. Lo sviluppo straordinario dell’eolico ha abbattuto i costi delle pale e di conseguenza sono scesi anche i prezzi delle turbine marine che rappresentano un adattamento di quella tecnologia. E poi, grazie alle nanotecnologie, tutte le parti metalliche possono essere coperte da una pellicola sottilissima e non inquinante di silicati idrofobici che prevengono la formazione di vegetazione marina».
Naturalmente, come è successo con l’eolico, poi col fotovoltaico e infine con le biomasse, già si intravedono le proteste. In Francia gruppi locali hanno protestato contro i divieti di pesca che, nella zona degli impianti, servono a proteggere le turbine. Ma, visto che il mare copre il 71 per cento della superficie terrestre, sembra strano non si riesca a trovare un accordo per dedicare qualche ettaro alla produzione di un’energia rinnovabile destinata a sostituire i combustibili fossili che minacciano la stabilità climatica del pianeta.