Sergio Rizzo, Corriere della Sera 18/03/2013, 18 marzo 2013
MEZZO SERVIZIO (MA DOPPIO STIPENDIO): IL PREFETTO CAPO DELLA PROVINCIA DI ROMA —
Lui stesso ne è consapevole: «Non è che posso reggere a lungo a questo doppio stress». Proprio la parola giusta per definire ciò che sta passando Umberto Postiglione. Perché non dev’essere facile fare il prefetto di una città come Palermo e insieme il commissario straordinario della Provincia di Roma, da tre mesi senza il suo presidente eletto, Nicola Zingaretti, ora seduto sulla poltrona di governatore della Regione Lazio.
D’accordo che oggi, ricorda Postiglione, ci sono i telefonini, la posta elettronica, i fax... Ma Palermo non è Cuneo, e nemmeno Rieti. D’accordo che le Province dovevano essere chiuse. Ma finché non le chiudono qualcuno le deve mandare avanti, e quella di Roma ha 3 mila dipendenti. D’accordo che il commissario ha ben quattro subcommissari prefettizi. Ma ci sono cose per cui lui è insostituibile.
Non c’è dunque da stupirsi che Postiglione riconosca come il suo doppio incarico «possa suscitare perplessità», pur tenendo a precisare di non avvertire un particolare disagio nel ricoprire entrambe le funzioni. L’esperienza amministrativa non gli fa difetto: per ben nove anni, dal 1995 al 2004, il prefetto Postiglione è stato sindaco di Angri, città di 32 mila abitanti in provincia di Salerno, alla testa di una giunta di centrosinistra che alle elezioni se la dovette vedere con una ben strana coalizione nella quale esponenti di Alleanza nazionale coabitavano con quelli di Rifondazione comunista.
Per inciso, il sito Internet della Provincia di Roma informa che al commissario spetta una indennità di 8.505 euro e 47 centesimi lordi al mese. Oltre allo stipendio da prefetto di Palermo, s’intende. Così al subcommissario vicario Clara Vaccaro toccano 6.379 euro e 10 centesimi, sempre lordi, e agli altri tre sub Paola Berardino, Antonio Colaianni e Giuseppe Marani, 5.528 euro e 55 centesimi. Retribuzioni stabilite, come previsto dalla legge, per decreto prefettizio.
Come il prefetto di Palermo sia finito in questa curiosa situazione, si spiega probabilmente con le dimissioni del governo di Mario Monti, che ha di fatto congelato spostamenti e nomine. Ma ancora più della singolarità della posizione personale di Postiglione, questa vicenda è dimostrazione lampante del gigantesco pasticcio prodotto dalla titubanza con cui è stata gestita la faccenda delle Province.
Di norma il commissariamento di un ente locale dura fintanto che non si ritorna a votare e si insedia una nuova giunta. Ma non in questo caso. Perché in base al decreto «salva Italia» approvato alla fine del 2011, i Consigli provinciali non sono più organi eletti dai cittadini, ma nominati dai Comuni. Peccato che la legge con la quale dovrebbe diventare operativo quel meccanismo, presentata dal governo Monti la scorsa estate, non sia mai stata approvata. La Provincia di Roma, poi, si trova in una condizione particolare: nel 2014 dovrebbe infatti lasciare il posto all’Area metropolitana. Anche qui mancano però i provvedimenti attuativi, per esempio il decreto che fissa i confini geografici del nuovo ente. Tanto queste norme, quanto la legge sulle nomine si potrebbero certo approvare rapidamente. Ci vorrebbero però un Parlamento cosciente della necessità di risolvere in fretta questo problema e soprattutto un governo nella pienezza dei poteri. Mancando l’uno e l’altro, l’orizzonte dell’incarico di Postiglione e dei suoi quattro subcommissari è estremamente indefinito.
Come pure quello degli altri commissari. Senza considerare gli enti siciliani che il governatore Rosario Crocetta ha autonomamente deciso di abolire, diverse Province in seguito al decreto «salva Italia» sono precipitate in un limbo simile a quello romano dopo che i Consigli sono scaduti senza la possibilità di tenere nuove elezioni. C’è quella di Vibo Valentia, che è stata affidata al prefetto in pensione Mario Ciclosi, già commissario del Comune di Parma. C’è quella di Belluno, dove è arrivato un altro prefetto in pensione, Vittorio Capocelli. C’è quella di Genova, il cui presidente Alessandro Repetto si è dimesso, lasciando il suo posto, ma in versione commissario, all’assessore della sua ex giunta Giuseppe Piero Fossati. Il quale si trova in una situazione piuttosto assurda, occupando una posizione che di regola dovrebbe essere affidata a un prefetto. Idem è successo a Patrizia Casagrande Esposto, presidente scaduta della Provincia di Ancona, esponente del Pd, rimasta in carica come commissario. Come pure al suo collega di partito Marino Fiasella, per cinque anni presidente della Provincia di La Spezia e ora commissario. E al leghista Attilio Schneck, presidente della Provincia di Vicenza. Tutti prorogati, senza essere stati rieletti, per chissà quanto tempo...
Sergio Rizzo