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 2013  marzo 17 Domenica calendario

OGNI LIBRO E’ UNA SOCIETA’

Dato che ho fatto il salto dall’editoria a stampa a quella elettronica da più di trent’anni, spesso mi si chiede cosa penso del «futuro del libro». Francamente non sopporto questo genere di domande, soprattutto quando sono poste in maniera semplicistica. Si deve anzitutto precisare meglio. Parliamo di un futuro di 2, 10 o 100 anni? E che cosa si intende per libro? Si vuol sapere quale potrebbe essere l’evoluzione dell’oggetto fisico o del suo ruolo nel tessuto sociale?
Nel corso degli ultimi trent’anni la mia definizione di libro è molto mutata. All’inizio pensavo a un libro semplicemente in relazione alla sua natura fisica: fogli di carta stampata, rilegati assieme in volume. Poi, verso la fine degli anni Settanta, con l’avvento delle nuove tecnologie nei media, si è vista la possibilità di estendere il concetto di pagina ai documenti audio e video, e si è cominciato a immaginare libri con componenti audio e video. Perché la cosa avesse senso, abbiamo iniziato a definire i libri non in termini di componenti fisici, ma secondo il modo in cui vengono utilizzati. In questo senso un libro non è più un insieme di fogli stampati e rilegati, ma «un medium controllato dall’utente», in cui è il lettore a decidere come accedere al contenuto. Con i videodischi laser prima, e i cd-rom poi, gli utenti/lettori hanno iniziato a «leggere» immagini filmiche, trasformando l’esperienza tradizionale — determinata dal produttore, in cui l’utente è uno spettatore che non può intervenire su ritmo o sequenze — in un medium pienamente controllato dall’utente. Questa definizione ha funzionato per tutto il periodo del videodisco laser e del cd-rom, ma è venuta meno con l’avvento di Internet. Non più legato a un «oggetto», iniziai a pensare al libro come a un veicolo utilizzato dagli uomini per far circolare nel tempo e nello spazio le idee. Ci vorranno decenni, forse anche un secolo, perché emergano nuove, stabili modalità di espressione e i termini per esprimerle. Per ora, a mio avviso, è meglio continuare a modificare la definizione di «libro», finché qualcosa d’altro non si imporrà.
Il libro è un luogo
Nel 2005 mi fu accordato un consistente finanziamento dalla MacArthur Foundation per indagare quali trasformazioni avrebbe potuto subire l’editoria nel passare dalla pagina stampata allo schermo in Rete e conducemmo una serie di esperimenti su «i libri e la Rete». Erano gli anni dei blog, e ci chiedevamo cosa sarebbe successo se avessimo applicato il concetto dei «commenti dei lettori» a saggi e libri. Facemmo il primo tentativo usando Gamer Theory di McKenzie Wark, che si rivelò una scelta molto felice. La struttura del libro — in cui erano i paragrafi, e non le pagine, a essere numerati — richiese da parte dei miei colleghi un’impostazione innovativa, che permettesse ai lettori di riferire i commenti al paragrafo, anziché alla pagina. La soluzione che diedero a quello che, al momento, sembrava un semplice problema di costruzione dell’interfaccia utente, fu collocare i commenti alla destra di ogni paragrafo del libro, invece di seguire la prassi di metterli sotto il testo dell’autore.
Poche ore dopo aver messo online Gamer Theory, su quei margini si scatenò una vivace discussione. Ci accorgemmo che lo spostamento dei commenti dal basso al lato — che allora ci sembrava trascurabile — ebbe in realtà grandi conseguenze. Dato che Wark prese parte alle discussioni, la nostra attenzione fu inizialmente attratta dal modo in cui questo nuovo formato rovesciava le gerarchie della stampa, che pongono l’autore su un piedistallo e il lettore, reverente, ai suoi piedi. Con la nuova impostazione, il testo e i commenti si trovavano fianco a fianco: autore e lettore occupavano così lo stesso spazio visivo, e il loro rapporto diventava molto più paritario. Con il passare dei giorni fu evidente che autore e lettore erano impegnati assieme nello sforzo di approfondire le loro conoscenze. Iniziammo a parlare del «libro come un luogo» in cui le persone si riuniscono per discutere pensieri e idee. Successivi esperimenti, in classi e in gruppi di lettura, ebbero altrettanto successo, anche quando l’autore non era coinvolto. Pensammo quindi di essere di fronte a un cambiamento assai più profondo di quello che riguardava solo la relazione tra autore e lettore.
La reificazione delle idee in oggetti stampati oscura l’aspetto sociale della lettura e della scrittura, tanto è vero che la nostra cultura considera queste attività tra le più solitarie. Questo perché l’aspetto sociale tradizionalmente ha luogo al di fuori delle pagine: attorno al distributore di bibite, a cena, e sulle pagine di altre pubblicazioni in forma di recensioni, citazioni e bibliografie. Spostare i testi dalla pagina allo schermo non li rende sociali, ma consente alle componenti sociali di emergere e di accrescere la loro intensità. Il valore di un’esperienza di lettura sociale, se la si affronta, diventa chiaro. I problemi moderni sono talmente complessi che gli individui raramente riescono ad approfondirli da soli. I nostri nipoti daranno per scontato che leggere con gli altri, la lettura sociale, sia il modo «naturale» di leggere. Si stupiranno che ai nostri giorni la lettura fosse un’attività solitaria. Leggere da soli gli sembrerà antiquato come a noi sembrano antiquati i film muti.
Prevedere il futuro della lettura è difficile, perché tutto quello che ho detto finora presuppone che ciò che si sta leggendo sia un articolo o un saggio di n-pagine, o un libro di n-capitoli, mentre le forme di espressione cambieranno drasticamente quando impareremo a sfruttare le caratteristiche uniche dei nuovi media elettronici. Quando i lettori avranno un ruolo più attivo nella produzione di conoscenza e di idee, i confini tra lettura e scrittura, ad esempio, saranno sempre più permeabili. Clemens Setz, autore del romanzo Indigo, ha seguito lo svolgimento della conversazione — che aveva prodotto oltre 1.800 commenti al suo libro — tra 40 studenti di un corso all’Università di Hildesheim. In un recente simposio, lo scrittore ha detto che la consapevolezza che i suoi lettori avrebbero avuto un ruolo attivo ai margini dei suoi libri avrebbe influenzato il suo modo di scrivere, e ha aggiunto che avrebbe lasciato spazio alla loro partecipazione.
Teniamo d’occhio i giochi
Se pensate che queste trasformazioni si applichino solo alla saggistica, vi invito a considerare i grandi giochi multiplayer (di cui ci occupiamo a pagina 20 della «Lettura» ndr), come World of Warcraft, come esempi della narrativa del futuro, in cui l’autore descrive un mondo e i giocatori/lettori scrivono lo svolgersi della vicenda mentre giocano. L’era della stampa iniziò nel 1454, ma ci vollero più di duecento anni perché nascesse una forma riconoscibile come «romanzo». E ci volle ancor di più perché entrassero in scena giornali e riviste. Proprio come Gutenberg e i suoi colleghi cominciarono riproducendo i manoscritti illustrati, gli editori contemporanei stanno trasferendo i loro testi a stampa su schermi elettronici. Questo passaggio porterà dei preziosi benefici (possibilità di fare ricerche sui testi, biblioteche personali portatili, accesso attraverso il download da Internet, eccetera), ma questa fase della storia dell’editoria sarà transitoria. Con il tempo nuove tecnologie daranno luogo a nuove forme di espressione ancora da inventare e che nei decenni e nei secoli a venire domineranno il panorama dei media.
Il mio istinto mi dice che i produttori di giochi, i quali, a differenza degli editori, non sono condizionati dall’eredità di prodotti del passato, saranno in prima linea in questa trasformazione. La multimedialità è già la loro lingua, e stanno facendo enormi progressi nella creazione di comunità di milioni di giocatori. Mentre gli editori tradizionali devotamente trasferiscono la carta stampata sui tablet, i produttori di giochi abbracciano le immense potenzialità della Rete, ed entrambi inventeranno e definiranno le modalità di espressione che si imporranno nei secoli a venire.
Il futuro dei libri e della società
«Il medium, o strumento, del nostro tempo — la tecnologia elettrica — sta trasformando i modelli di interazione sociale e ogni aspetto della nostra vita personale. Ci costringono a riconsiderare e rivalutare praticamente ogni pensiero, ogni azione, ogni istituzione che davamo per scontati. Tutto sta cambiando: noi, la nostra famiglia, la nostra istruzione, il quartiere, il lavoro, il governo, le relazioni con gli altri. E sta cambiando in modo radicale»: così scrive Marshall McLuhan in Il medium è il messaggio. Sulla scia di McLuhan e del suo mentore Harold Innis, si potrebbe sostenere che la stampa ha avuto un ruolo chiave nella nascita degli Stati-nazione e del capitalismo, e anche nel formarsi della nostra idea di privacy e della superiorità dell’individualismo sul collettivismo. Gli esperimenti di lettura sociale e i grandi giochi multiplayer rappresentano i primi segni del passaggio a una cultura basata sulla Rete. Nel corso dei prossimi due o tre secoli, nuove modalità di comunicazione introdurranno nuovi modi di organizzare la società, cambiando completamente la nostra idea di cosa significhi essere umani.
Bob Stein
(Traduzione di Maria Sepa)