Guido Santevecchi, Corriere della Sera 17/03/2013, 17 marzo 2013
CINA, 330 MILIONI DI ABORTI IN 40 ANNI —
Nel 1971 la Cina cominciò ad «incoraggiare» le coppie a fare meno figli per evitare l’esplosione della bomba demografica. Nel 1980 il regime impose la «politica del figlio unico». Ora il ministero della Salute ha comunicato i numeri di questa imposizione: dal 1971 i medici cinesi hanno praticato 336 milioni di aborti e hanno sterilizzato 196 milioni di uomini e donne, oltre ad avere impiantato 403 milioni di spirali intrauterine. In base a questa contabilità dell’aborto, nella Repubblica Popolare sono state interrotte in media oltre sette milioni di gravidanze all’anno per quarant’anni.
Secondo la «Commissione per la popolazione nazionale e la pianificazione familiare», incaricata di gestire la politica del figlio unico, senza restrizioni, aborti e sterilizzazioni, la popolazione cinese (che supera il miliardo e trecento milioni) sarebbe cresciuta di un altro 30 per cento. Un altro effetto dello stretto controllo è lo squilibrio di genere: i maschi sono 34 milioni più delle femmine, perché quando una coppia scopre di aspettare una bambina, sapendo che poi non potrà avere un altro bimbo, spesso ricorre a un aborto selettivo.
Nella Cina diventata seconda potenza economica del mondo, con una nuova classe media molto istruita e urbanizzata, diverse voci si sono levate per invocare la libertà di poter costruire famiglie senza l’intromissione oppressiva dei pianificatori statali.
I giornali hanno cominciato a raccontare casi di applicazione ottusa e feroce della legge: le punizioni sono lasciate alla discrezionalità (spesso all’arbitrio) delle autorità amministrative e possono variare dalla multa fino al licenziamento dal lavoro per il padre o la madre. L’ultimo episodio tragico è successo il mese scorso nella provincia meridionale dello Zhejiang: in casa di due genitori che avevano violato la regola si sono presentati 11 agenti del locale ufficio pianificazione. Il padre ha preso in braccio il piccolo di 13 mesi ed è fuggito nel cortile, mentre la moglie veniva portata via per essere interrogata. Non si è capito bene come, ma il bambino è stato investito e ucciso dall’auto dei funzionari.
Le multe per chi ha violato la legge del figlio unico possono essere molto pesanti e variano a seconda del reddito della zona in cui nasce il bimbo «illegale»: a Pechino si può arrivare fino a 300 mila yuan (35 mila euro). Ci sono dei genitori che non potendo pagare nascondono il piccolo, non lo registrano. Questo però lo condanna a una vita clandestina: niente assistenza ospedaliera e niente scuola. L’unica soluzione è corrompere qualche funzionario. Ora c’è grande attesa, dopo alcuni segnali arrivati dal governo centrale. L’odiata «Commissione per la popolazione nazionale e la pianificazione familiare» è stata abolita e le sue competenze passate al ministero della Salute. L’«Agenzia per lo sviluppo economico» ha raccomandato un allentamento della politica: entro il 2015 dovrebbe essere consentito a tutte le coppie di avere un secondo figlio. Questa concessione è già in vigore per alcune zone rurali, per alcune minoranze etniche e per i genitori che sono a loro volta figli unici.
Ma soprattutto, sono i dati dell’economia che spingono a un ripensamento: nel 2012 per la prima volta in Cina è cresciuto il «tasso di dipendenza» che compara la forza lavoro con la somma di anziani e minori. I pianificatori di Pechino temono che questa tendenza possa portare a una carenza di mano d’opera nella «fabbrica del mondo».
Guido Santevecchi