Luigi Accattoli, Corriere della Sera 17/03/2013, 17 marzo 2013
IL SILENZIO PER RISPETTARE I LAICI
Non è solo un nuovo Papa ma un Papa nuovo quello che abbiamo davanti agli occhi da quattro giorni: novità di linguaggio e di atteggiamento vengono fuori a ogni appuntamento pubblico e ieri abbiamo visto quella della «benedizione in silenzio» ai non credenti. Sembra niente e invece è un segno forte.
«Dato che molti di voi — ha spiegato Papa Francesco — non appartengono alla Chiesa Cattolica, altri non sono credenti, imparto di cuore questa benedizione, in silenzio, a ciascuno di voi, rispettando la coscienza di ciascuno, ma sapendo che ciascuno di voi è figlio di Dio».
Non ha dato cioè la benedizione con la formula liturgica «Benedicat vos Omnipotens Deus» accompagnata dal gesto della mano destra che traccia la croce. I Papi sempre benedicevano, che fossero in visita a un ospedale o a un carcere, alla Ferrari di Maranello o al porto di Civitavecchia (tanto per citare due degli innumerevoli luoghi non ecclesiali dove andò Giovanni Paolo II), senza tener conto della presenza di non cattolici e non credenti; e ciò valeva doppiamente quando erano gli altri in visita da lui, si trattasse di squadre di calcio o del personale di un circo.
Quest’uso della benedizione papale indifferenziata e globale si è trasmesso, per emulazione, agli ambienti dell’ufficialità romana, diplomatici e persino mondani: se è presente un nunzio, o un monsignore, ancor più un cardinale, colui che fa gli onori di casa al momento di invitare gli ospiti a mettersi a tavola chiede all’ecclesiastico presente di «benedire la mensa».
Il gesto di Papa Francesco va letto sullo sfondo di queste abitudini e va guardato nelle sue due facce: non dà la benedizione rituale, ma avverte che «in silenzio» benedirà «ciascuno» dei presenti ben sapendo che tutti sono «figli di Dio». Ecco un modo inedito, quanto al rito della benedizione, di rispettare le coscienze, prendendo atto della pluralità delle presenze, ma di svolgere comunque la missione papale dell’«annuncio», che l’impegna a ricordare agli interlocutori il nome di Dio.
La distinzione è feconda e potrebbe avere applicazione in altri momenti delle attività della Santa Sede, e vedremo se l’avrà. Ma intanto conviene prendere nota di questa possibilità di «benedire in silenzio», che il Papa argentino aveva già segnalato la sera dell’elezione, quando aveva chiesto alla folla qualcosa di simile a ciò che ha fatto ieri: «Vi chiedo che voi preghiate il Signore perché mi benedica. Facciamo in silenzio questa preghiera di voi su di me».
Il silenzio sta diventando importante nel linguaggio «pontificale» degli ultimi due Papi. Ora abbiamo questi richiami del Papa nuovo, ma subito prima avevamo avuto il saluto del Papa emerito che a più riprese aveva evocato il silenzio orante a cui stava per dedicarsi: «Io, ritirato con la mia preghiera, nascosto agli occhi del mondo, sarò sempre con voi».
Lungo i suoi otto anni il Papa teologo aveva molto insistito sul silenzio nella preghiera: aveva fatto introdurre nelle celebrazioni pontificie lunghe pause di silenzio dopo l’omelia e dopo la comunione; aveva voluto che in ogni appuntamento importante — comprese le rumorose Giornale mondiali della gioventù — ci fosse un «tempo» di «adorazione eucaristica», intesa come preghiera silenziosa davanti al Santissimo esposto nell’ostensorio.
Un elemento di questa pedagogia del silenzio ha legato tra loro, come un filo rosso, i due Pontificati. Il protocollo che segue all’elezione aveva stavolta un cambiamento disposto da Papa Benedetto: che l’eletto, nel trasferimento dalla Sistina alla Loggia della Basilica Vaticana, sostasse in «preghiera silenziosa» davanti al Santissimo, nella Cappella Paolina. Questa preghiera previa a ogni azione pubblica del nuovo Papa prima non c’era. L’ha disposto Benedetto e l’ha svolta Francesco, il quale poi dalla Loggia ha chiesto al Popolo di Dio di invocare in silenzio la Benedizione del Cielo su di lui prima della benedizione sua Urbi et Orbi.
Ecco come il filo del silenzio è passato dall’uno all’altro Papa. È stato annunciato ieri che sabato 23 marzo il Papa nuovo andrà dall’emerito, nella Villa Pontificia di Castel Gandolfo, e pranzeranno insieme. Non si fa difficoltà a immaginare che prima di mettersi a tavola passeranno in cappella e pregheranno in silenzio l’uno accanto all’altro.
Luigi Accattoli