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 2013  marzo 17 Domenica calendario

LA PRIMAVERA DEI GIOVANI TURCHI. IL GRANDE FRATELLO IN PARLAMENTO

Se la legislatura non durerà a lungo, Bersani dovrà chiedere ragione ai suoi «giovani turchi», gli Orfini, gli Orlando, i Fassina e i loro affiliati. Dovevano dare al segretario un tocco di modernità nella tradizione e portare dentro al Pd un nuovo significato «a parole come rappresentanza, cittadinanza, mobilità sociale». Dovevano essere la nuova linfa del trionfo bersaniano, ma sembrano solo la caricatura dei «Lothar dalemiani», il pensatoio del Baffino composto da teste lucide (per via della rasatura).
Si sono chiamati «giovani turchi», forse in onore del movimento politico nato nell’Impero ottomano all’inizio del ’900 (un sogno infranto miseramente) o più probabilmente per richiamare i giovani turchi sardi di Cossiga alla conquista della Dc. Per chi ha amato «les jeunes turcs» della Nouvelle Vague (Truffaut, Godard, Chabrol...), la corrente di Matteo Orfini è solo fonte di scoramento.
Per contrastare i «rottamatori» si sono persino dotati di un Manuale dei Giovani turchi, scritto da Francesco Cundari, al cui confronto il Manuale delle Giovani marmotte sembra un libro sapienziale. La mitologica Chiara Geloni, direttrice di Youdem, spiega che il libro «con dovizia di dati e rigore scientifico indica chiaramente ai lettori la strada da intraprendere..., schema di gioco e strategia, esercizi per tenersi in forma, manifesto ideologico e bozza per lo statuto del partito (dopo la presa del potere)». Sì, presa del potere: a ogni apparizione televisiva di Stefano Fassina, migliaia di voti s’involavano; Andrea Orlando si occupa del Forum giustizia del Pd e Orfini di cultura, settori nei quali la competenza sarebbe quantomeno necessaria.
Orfini dice che si può tornare alle urne, magari senza Bersani, magari con un Renzi più a sinistra, chi ci capisce è bravo. L’altra sera, ospite di Lerner, esponeva le sue strategie come un vecchio dalemiano: turchi fuori, ma tirchi dentro. Non c’è da stupirsi poi che il reality sia entrato in Parlamento: se i professionisti della politica sono questi, è giusto che la gente comune venga traghettata dall’anonimato ai banchi di Montecitorio secondo il format del Grande fratello.
Aldo Grasso