Bruno Ventavoli, La Stampa 17/3/2013, 17 marzo 2013
I LIBRI A 99 CENTESIMI? UN PRODOTTO CIVETTA"
«Ho sentito che in certe librerie li danno come resto», dice Stefano Mauri, presidente di Gems, poco accalorato verso quella nuova stramba unità di misura. Némirovsky, Freud, Poe, stampati in volumetti che costano 99 centesimi. Praticamente un euro.
L’idea l’ha avuta Raffaello Avanzini, di Newton Compton, che ha lanciato il nuovo prodotto su larga scala. Librerie e non solo. Dopo la prima settimana, nella classifica di Tuttolibri c’erano due titoli tra i primi dieci, Lady Susan della Austen, e L’arte di essere felici di Seneca. Nello scorso weekend, già otto. Un ciclone inarrestabile, come nel 1989 quando Baraghini inventò i libri a millelire. La banconota, di solito malconcia, fu tramutata da un milione di lettori nella celebre Lettera sulla felicità di Epicuro. Erano libretti militanti, poi seguiti dal padre dell’attuale Avanzini, sempre per Newton Compton, in edizioni che parevano un po’ cheap. Ora è tutt’altra musica. È vero che gli «0,99» nell’interno della copertina recano pubblicità di altri titoli, conferendo anche e, forse, soprattutto, un plusvalore pubblicitario all’editore (in fondo è più economico e geniale «vendere» pubblicità insieme a Seneca piuttosto che «comprare» uno spazio pubblicitario). Ma sono prodotti più che dignitosi, 120 pagine circa, meno cari di un e-book, stampati in un corpo mediamente ben leggibile (ad essere ragionieri di diottrie, il Grande Gatsby , di Francis Scott Fitzgerald concentrato, richiede occhi di falco più delle Notti bianche di Dostoevskij), che valgono assolutamente l’esigua spesa.
Tutto bene? È il low cost la strada che anche gli altri editori devono seguire per battere la crisi? «Bisogna vedere se questa politica di libri che valgono una “cicca” faccia davvero bene», continua Stefano Mauri. «Questi prezzi si sostengono solo su certi testi, ma la struttura complessiva di un editore non può sopportare questa politica a lungo. Hanno successo perché costano poco? Il problema del caro libro è una fesseria. Siamo il Paese europeo in cui i libri costano meno. E il mercato che ha sofferto maggiore flessione è proprio quello del tascabile. La corsa ad abbassare i prezzi trasforma il libro in un prodotto civetta».
Che ogni cosa abbia un giusto prezzo, per sottolinearne, implicitamente, il valore, è d’accordo anche Massimo Turchetta, direttore generale dei libri Rizzoli, «Brillante operazione, ma continuare a dimostrare che il libro costa nulla, è un messaggio pericoloso. Nel ’95 inventai i miti Mondadori con Cavallero, a 4900 lire, ma poi li ho chiusi, perché sapevamo che era un’operazione limitata nel tempo. La cultura ha un costo, è un ecosistema delicato. I margini sono già bassissimi per qualsiasi editore, se operazioni come quelle di Newton vanno a sostituire il libro tradizionale non resta aria. Gli autori devono poter vivere della propria creatività e non dipendere dalla generosità di un papa o di un mecenate. Il lavoro intellettuale vale, il libro è una merce preziosa».
«Bellissima operazione di marketing», plaude Riccardo Cavallero, Direttore Generale Libri Trade Mondadori, «in questo modo l’editore acquista brillantemente quote di mercato. Non crea però nuovo avvicinamento alla lettura e rischia di cannibalizzare un settore come quello dell’economico che è già in caduta verticale. Ciò detto, un imprenditore non può salvare da solo il mercato, persegue legittimamente obiettivi economici. Il compito spetta al legislatore. Che invece è stato molto miope. La legge Levi ha bloccato gli sconti falsando il mercato. Newton Compton reagisce abbattendo i prezzi. Questo è il risultato. Intanto arriva la cassa integrazione per i grandi gruppi, il mercato continua a scendere, i librai indipendenti chiudono…».
E i librai come reagiscono all’esuberante successo? Rocco Pinto, eroico gladiatore della lettura (ha appena aperto una nuova libreria Il ponte sulla Dora a Torino sfidando ogni crisi), dice semplicemente: «non li ho presi». Come mai? «Mica per mancanza di curiosità verso il nuovo, anzi, ricordo i Millelire di Baraghini che allora erano rivoluzionari. Questi però sono una promozione commerciale, non una promozione vera della lettura. A un libraio richiedono la stessa cura e attenzione di qualsiasi altro libro. Li devi spacchettare, sistemare, disporre, occupano spazio… ma a me costa più battere uno scontrino, di quel che guadagno sulla vendita di uno 0,99».