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 2013  marzo 18 Lunedì calendario

CHE COSA SUCCEDE A CIPRO

Lunedì 18 marzo il Parlamento di Cipro si riunirà in una sessione straordinaria per discutere il nuovo piano di salvataggio economico, concordato negli ultimi giorni della scorsa settimana con l’Unione Europea (UE) e il Fondo Monetario Internazionale (FMI). Non è ancora detto che l’accordo sia approvato dal Parlamento come vorrebbe il presidente Nicos Anastasiades, del partito Raggruppamento Democratico e in carica dal 28 febbraio scorso. UE e FMI hanno acconsentito a un piano di salvataggio da 10 miliardi di euro a patto che le autorità di Cipro impongano un prelievo una tantum dai conti correnti delle banche cipriote, per provvedere autonomamente a parte del ripianamento dei conti pubblici.
In seguito all’annuncio dell’accordo, nel paese si è temuto si potesse verificare la cosiddetta “corsa agli sportelli“, con prelievi di massa di denaro dai propri conti prima del prelievo obbligatorio da parte dello stato. Per cautela, è stato ridotto il limite massimo dei prelievi a poche centinaia di euro e sono state bloccate le transazioni elettroniche. Inoltre, le banche a Cipro non lavorano il 18 marzo perché festeggiano il “lunedì pulito”, l’equivalente per gli ortodossi del mercoledì delle ceneri per i cattolici.
Anastasiades ha cercato di tranquillizzare la popolazione, dicendo di volere attenuare i termini del piano di salvataggio, che deve essere comunque eseguito per evitare che Cipro debba abbandonare l’area dell’euro. Il presidente in Parlamento può contare solamente su 20 dei 56 seggi, e avrà quindi bisogno del sostegno di altre forze politiche per confermare il piano concordato con UE e FMI. Alcuni membri del suo stesso partito hanno chiesto garanzie sull’effettiva efficacia dell’accordo prima di dare il loro consenso.
Anastasiades ha tenuto un discorso alla nazione in televisione, spiegando che il paese si trova nella propria più grande crisi dai tempi dell’invasione da parte della Turchia nel 1974. Ha detto di comprendere la rabbia e la preoccupazione dei ciprioti, confermando il proprio impegno per ottenere qualche apertura dall’Unione Europea per attenuare la portata dell’accordo di salvataggio. Il presidente ha comunque ricordato che il paese doveva scegliere tra la possibilità di stabilizzare le proprie finanze e quella di lasciare fallire il proprio sistema economico.
Prelievo forzoso
Se l’accordo con UE e FMI sarà confermato dal Parlamento negli attuali termini, le persone che hanno un conto corrente a Cipro con meno di 100mila euro subiranno un prelievo obbligatorio da parte dello Stato pari al 6,75 per cento. I possessori di conti correnti con più di 100mila euro ne subiranno uno pari al 9,9 per cento per la parte eccedente. A ogni correntista saranno date, in compenso, azioni della banca in cui ha il proprio conto per un valore pari a quello prelevato dallo Stato. In pratica, ogni correntista sarà obbligato ad acquistare una parte della propria banca, e quindi a contribuire direttamente al salvataggio del settore bancario sotto forte stress.
Secondo alcune fonti vicine alla UE consultate dal Wall Street Journal, Cipro starebbe preparando una nuova proposta per ridurre la portata del prelievo forzoso dai conti correnti. Per i depositi entro i 100mila euro si parla di un prelievo pari al 3 per cento. I possessori di conti correnti con più di 100mila euro subirebbero invece un prelievo pari al 9,9 per cento per la parte eccedente i 100mila, e per chi possiede più di 500mila euro in banca il prelievo per la parte eccedente sarebbe del 15 per cento. La nuova proposta dovrà essere vagliata dai ministri delle finanze dell’UE, probabilmente in teleconferenza già nella giornata di lunedì.
Le cause
La notizia ha messo naturalmente in allarme i cittadini di Cipro, che hanno reagito con proteste e che dicono di essersi sentiti traditi dal loro governo. L’isola fino a qualche anno fa, tra l’altro, se la cavava molto bene: nel 2008 il Fondo Monetario Internazionale definì l’economia del paese in buone condizioni, con finanze forti, un lungo periodo di crescita alle spalle e bassi tassi di disoccupazione. L’anno seguente la crisi economica si fece sentire anche nel paese, ma a livelli molto meno preoccupanti rispetto a quanto avvenne in altri paesi dell’eurozona. Cipro aveva però costruito buona parte della propria crescita su basi poco solide, sia per quanto riguardava le banche sia le finanze pubbliche.
Negli ultimi anni il sistema bancario cipriota è cresciuto molto rapidamente, con una espansione del credito e una quantità crescente di prestiti verso paesi in difficoltà come la Grecia. Il valore delle attività bancarie nel 2011 arrivò a essere pari all’835 per cento del Prodotto interno lordo (PIL) di Cipro. Il sistema bancario prestava denaro con facilità, ma con l’acuirsi della crisi iniziò a essere sempre più difficile ottenere indietro i prestiti. Nel 2012 il governo greco effettuò un taglio del proprio debito necessario per consentire al paese di non fallire, e poiché molto denaro era stato prestato dalle banche di Cipro, il sistema bancario cipriota finì sotto enormi stress che continuano ancora oggi.
Piano di salvataggio
La situazione è andata costantemente peggiorando e il governo di Cipro non ha la disponibilità finanziaria necessaria per salvare le proprie banche, come hanno fatto negli ultimi anni altri stati europei acquistando grandi quantità di azioni degli istituti di credito. Nella buona parte dei casi in questi anni di crisi si è infatti pensato che salvare le banche fosse sì una mossa controversa, ma necessaria per evitare guai più seri alla stabilità finanziaria degli stati. Non avendo denaro a sufficienza per ricapitalizzare pienamente le banche, Cipro si è dovuta rivolgere a UE e FMI, concordando un piano di azione che preveda il prelievo obbligatorio dai conti correnti per avere in cambio 10 miliardi di euro ed evitare che lo stato debba aumentare il proprio debito.
Quando viene accordato un piano di salvataggio, Unione Europea e Fondo Monetario Internazionale richiedono sempre allo stato in difficoltà garanzie e impegni concreti per ripianare il loro debito. Fino a ora le richieste avevano riguardato l’applicazione di misure di austerità, la vendita di beni non essenziali per lo stato e se necessario l’aumento delle imposte. Un accordo basato sul prelievo forzato dai conti correnti da parte di un governo non era stato mai concordato prima e, secondo diversi osservatori, potrebbe costituire un pericoloso precedente, soprattutto per i paesi dell’area meridionale dell’Europa che hanno più difficoltà a causa della crisi economica.
Secondo diversi analisti le autorità internazionali hanno concesso il piano di salvataggio anche per evitare che un collasso delle banche cipriote potesse avere ripercussioni sul resto dell’eurozona, a cominciare dall’Italia che attraversa una fase di grande instabilità politica. Il prelievo forzoso e la corsa agli sportelli potrebbero però avere effetti disastrosi anche oltre Cipro, se tra i correntisti europei dovesse diffondersi il timore concreto dell’approvazione di misure analoghe.
Riciclaggio
È bene comunque ricordare che il caso di Cipro è particolare. Da tempo c’è il sospetto che il sistema bancario dell’isola sia utilizzato per il riciclaggio di denaro sporco, proveniente dall’estero. Ci sono inoltre molti conti correnti posseduti non da ciprioti e riconducibili a società e singoli privati soprattutto dalla Russia. Paesi come la Germania di Angela Merkel non sono disposti a far pagare ai propri contribuenti, attraverso i meccanismi di salvataggio europei, eccessive quantità di denaro per salvare un sistema bancario poco trasparente.
Il precedente italiano
In Europa il precedente più ricordato per quanto riguarda il prelievo forzoso dei conti correnti risale al 1992 e ci riguarda direttamente. Nell’estate di quell’anno Giuliano Amato divenne presidente del Consiglio dei ministri in una difficile, se non critica, situazione finanziaria per l’Italia. L’11 luglio del 1992 il governo Amato approvò un decreto legge da 30mila miliardi di lire che disponeva, tra i vari provvedimenti, anche un prelievo forzoso e retroattivo (alla data del 9 luglio) del 6 per mille dai conti correnti bancari. La decisione fu duramente criticata dall’opinione pubblica e furono anche sollevati possibili profili di incostituzionalità, cosa poi esclusa dalla Corte costituzionale, ma fu anche grazie a quell’operazione e alla successiva enorme manovra finanziaria da 93mila miliardi che l’Italia riuscì a riagganciare gli altri paesi europei che stavano convergendo verso Maastricht e la moneta unica che oggi abbiamo in tasca.