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 2013  marzo 17 Domenica calendario

L’IMPEGNO NELLE PERIFERIE DEL MONDO

A farle capire che il mare non è solo vacanza è un episo­dio che si perde nei suoi ricordi di in­fanzia. Laura Bol­drini, portavoce dell’Alto com­missariato Onu per i rifugiati (Unchr) fino alla sua candidatu­ra alla Camera con Sel, ha pas­sato negli ultimi anni giorni e settimane nei porti dell’Adriati­co e del Tirreno come a Lampe­dusa. Ad accogliere i tanti dispe­rati in fuga da guerre e persecu­zioni, pronta a vigilare sui loro diritti di richiedenti asilo. Ma col mare ha sempre avuto un rap­porto intenso. Nata a Macerata il 28 aprile del 1961, la piccola Laura con i quattro fratelli pas­sa le vacanze di famiglia a Seni­gallia, sulle spiagge della ’Ro­tonda sul mare’. E lì che un giorno il fratellino U­go, tre anni, conquistato il suo turno sul canottino giallo Gal­baleone, omaggio pubblicitario, elude la sorveglianza materna e va a fare il bagnetto. Quando è ora di pranzo, Ughetto manca al­l’appello. Colpa del Garbino, che soffia insidioso verso il largo. «Mia madre venne presa dal pa­nico - racconta Laura Boldrini ­sicura che nostro fratello fosse morto in mare». Un amico par­te in gommone verso quel pun­tino giallo all’orizzonte. «Dopo un po’ tornarono a riva, Ughet­to trionfante e contentissimo del suo giro in alto mare. Ancora og­gi mamma racconta che è stato un miracolo. E che del mare non bisogna mai fidarsi». Dovranno passare ancora parecchi anni per il cambio di prospettiva: «Sareb­be stato difficile immaginare il ruolo che il mare avrebbe avuto nel mio lavoro e nella mia vita». Dopo la maturità Laura Boldri­ni parte per il Venezuela dove la­vora tre mesi in un’azienda di ri­so a Calabozo, e conosce la fati­ca dei campesinos. Poi la laurea in Giurisprudenza a Roma nell’85 e un’esperienza giornali­stica alla Rai. Nell’89 comincia il suo percorso nelle Nazioni Uni­te, prima alla Fao dove si occu­pa di comunicazione, poi nel ’93 al Pam come portavoce. Il collo­quio lo farà col pancione perché è in attesa di Anastasia. È nel ’98 che arriva all’Unhcr dove svol­gerà missioni in teatri caldi: ex Jugoslavia, Caucaso, Afghani­stan, Pakistan, Irak, Iran, Ango­la, Sudan, Ruanda. Boldrini or­mai sa che il mare per tanti uo­mini e donne è solo una perico­losa via di fuga: a fine anni ’90 dall’Albania e dal Montenegro alla Puglia, per migliaia di alba­nesi e kosovari. O dal Kurdistan alle coste calabresi. Nel 2002 è a Lampedusa, meta di naufraghi somali, mauritani, ghanesi.

Ma è nel 2009 che l’impegno del­la portavoce dell’Unchr deve fronteggiare non le avverse con­dizioni del mare, ma una vera tempesta politica. Il governo Berlusconi decide di dare una svolta radicale alle politiche di accoglienza. Le motovedette i­taliane anziché raccogliere i 227 migranti su tre carrette del ma­re, li respingono in Libia. Boldri­ni denuncerà la violazione della convenzione di Ginevra e della Costituzione, per il respingi­mento di profughi verso un pae­se autoritario. Diversi di loro, cacciati dal regime di Gheddafi, finiranno nelle mani del predo­ni del Sinai . La sua denuncia le costa attacchi dai ministri del­l’Interno Maroni e della Difesa La Russa.

Oggi Boldrini ama ripetere, scherzando ma non troppo, che di figli ne ha due. L’altro è Sayed Hasnain, ventenne afgano. «E’ arrivato in Italia con un viaggio incredibile, cominciato a Kabul nel 1998, dove la madre lo spin­ge a partire per sfuggire ai tale­bani - racconta - e finito a Bari nel 2007 dove sbarca aggrappa­to sotto un Tir partito da Patras­so ». L’ennesima traversata di quell’Adriatico che Laura, bam­bina, guardava come una porta aperta sul mondo.