Notizie tratte da: Giampaolo Pansa # la Repubblica di Barbapapà. Storia irriverente di un potere invisibile # Rizzoli Milano 2013 # 19 euro., 17 marzo 2013
Notizie tratte da: Giampaolo Pansa, la Repubblica di Barbapapà. Storia irriverente di un potere invisibile, Rizzoli Milano 2013, 19 euro
Notizie tratte da: Giampaolo Pansa, la Repubblica di Barbapapà. Storia irriverente di un potere invisibile, Rizzoli Milano 2013, 19 euro.
Anno 1968
Scalfari a Montecitorio
• Il Partito socialista porta Eugenio Scalfari a Montecitorio, salvandolo dai guai giudiziari legati all’inchiesta dell’Espresso sul presunto tentativo di colpo di Stato del Sifar, il servizio segreto delle forze armate.
• Scalfari, che da deputato sostiene il Movimento studentesco.
Gennaio 1970
Pansa incontra Scalfari
• La prima volta che Giampaolo Pansa vede Scalfari, ma da lontano, è durante un corteo del Movimento studentesco. Eugenio è tra coloro che guidano il corteo, Pansa inviato a Milano della Stampa di Alberto Ronchey.
• Una foto, scattata da Massimo Vitali, ritrae Scalfari in un’assemblea nell’aula magna dell’università. È in piedi e sta fumando. Accanto a lui c’è Giuseppe Turani, detto Peppino, piccolo e con gli occhiali, giornalista esperto di questioni economiche.
• Eugenio «era bello, aitante, ancora senza barba e si difendeva dal freddo con un magnifico tre quarti di montone» (Pansa).
Ottobre 1971
Guastamacchia al Messaggero
• Luigi Guastamacchia arriva al Messaggero come direttore amministrativo. È un manager giovane, ha 33 anni e proviene dalla Stampa, dove era il dirigente responsabile della diffusione.
Luglio 1972
La proprietà del Messaggero
• La proprietà del Messaggero, per svecchiare il giornale e introdurre nuove figure professionali, propone a Giorgio Fattori di diventare il vicedirettore unico del quotidiano. Lui accetta.
• Fattori, «un signore alto, bello, elegante, che ricordava l’attore americano Joseph Cotten. Nel lavoro era ostinato, puntiglioso, mai soddisfatto di se stesso e degli altri. Per questo poteva apparire distaccato e freddo. Indro Montanelli lo chiamava “Findus”. Enzo Biagi, che gli era amico, l’aveva soprannominato “Robespierre”» (Giampaolo Pansa).
• La proprietà del Messaggero è divisa in parti uguali, cinquanta e cinquanta per cento, tra due clan familiari che non andavano d’accordo tra loro: uno guidato da Alessandro Perrone, 52 anni, direttore del quotidiano dal 1952, e l’altro dal cugino Ferdinando Perrone, 61 anni, presidente della società editrice del giornale.
Anno 1973
Pansa al Messaggero
• Giampaolo Pansa passa per quattro mesi al Messaggero. A proporgli il passaggio è Giorgio Fattori, vicedirettore del quotidiano romano e primo giornalista italiano a visitare la Cina di Mao Tse-tung e a raccontare la rivoluzione culturale maoista.
I numeri del Messaggero
• Vendite del Messaggero nel 1973: 213 mila copie al giorno, di cui 131 mila a Roma e 42 mila nel solo Lazio. Il giornale possiede il monopolio degli annunci mortuari e dei piccoli avvisi commerciali.
21 febbraio 1973
Pansa firma per il Messaggero
• Giampaolo Pansa firma il contratto con il Messaggero. Sarà primo caporedattore alle dipendenze dirette del vicedirettore Giorgio Fattori. Quando va a Torino per dimettersi dalla Stampa, il direttore Alberto Ronchey, già scocciato per l’uscita di Fattori, non vuole riceverlo.
16 aprile 1973
L’incendio di Primavalle
• Nella notte tra il 15 e il 16 aprile, una squadra di criminali politici fa filtrare un po’ di benzina nell’alloggio di Mario Mattei, netturbino e segretario della sezione del Msi di Primavalle, la “Giarabub”, e le dà fuoco. Nel rogo muoiono Virgilio, 22 anni, e Stefano, 10, due dei sei figli di Mattei. Secondo la Procura della Repubblica a compiere l’attentato sono stati tre militanti di Potere operaio. Rischia di finire in carcere, con l’accusa di aver fornito un alibi falso a uno degli attentatori c’è anche Diana Perrone, 22 anni, figlia di Ferdinando, presidente della società editrice del Messaggero. La ragazza viene scagionata del tutto.
23 maggio 1973
Pansa a cena da Ferdinando Perrone
• Ferdinando Perrone, presidente della società editrice del Messaggero, invita Giampaolo Pansa, suo giornalista, a cena nel suo appartamento privato. La sala da pranzo è vasta, immersa nella penombra. Al centro un grande tavolo rettangolare. Perrone e Pansa sono seduti alle estremità. L’ingegnere informa il giornalista che ha venduto la sua metà del giornale all’editore Edilio Rusconi. Forse, alla base della decisione di Perrone, c’è la storia in cui è rimasta coinvolta la figlia Diana, accusata e poi scagionata per il coinvolgimento nell’incendio a opera di Potere operaio in cui morirono, il 16 aprile 1973, due dei sei figli di Mario Mattei, segretario della sezione del Msi di Primavalle. La cifra incassata da Perrone si aggira sui 4 miliardi e 500 milioni di lire, ma le voci sulla cifra reale parlano di 11 miliardi.
1 luglio 1973
Pansa al Corriere
• Giampaolo Pansa, chiamato dal direttore Piero Ottone, inizia a lavorare al Corriere della Sera.
17 ottobre 1973
Montanelli saluta il Corriere
• Indro Montanelli viene licenziato da Piero Ottone, direttore del Corriere della Sera, su ordine di Giulia Maria Crespi, detta la Zarina, proprietaria di un terzo del giornale. Poco prima di essere licenziato, Montanelli aveva detto a Stefano Malatesta che lo intervistava per Panorama: «La rare volte che vado al Corriere ho l’impressione di trovarmi in casa d’altri e di non essere amato. C’è una nuova leva di giornalisti che evidentemente mi considera un’anticaglia e un intralcio. Con loro mi è impossibile stabilire un rapporto, come accadeva tra i miei coetanei».
• Montanelli, «un signore alto poco meno di un metro e novanta, che la magrezza faceva sembrare ancora più lungo. Aveva un vocione da baritono. Ed era capace di battute che accoppavano» (Giampalo Pansa). Mario Missiroli, direttore del Corriere della Sera dal 1952 al 1961, di lui diceva: «In ogni famiglia c’è un pazzo. Anch’io ho il mio. Si chiama Indro».
Montanelli alla Stampa
• Espulso dal Corriere, Montanelli firma un contratto di collaborazione con la Stampa, passata da poco sotto la direzione di Arrigo Levi.
Anno 1974
Montanelli apre un ufficio tutto suo
• Indro Montanelli apre un ufficio nel centro di Milano, in via Manzoni 44. Si vocifera che stia preparando un giornale tutto suo. Ottone, direttore del Corriere della Sera, teme che l’uscita del quotidiano dei secessionisti porti via dal suo giornale tra le 50 e le 80 mila copie di quelle guadagnate dalla sua gestione tra il 1972 e il 1973.
marzo 1974
Via dal Corriere
• Il 15 marzo Gian Galeazzo Biazzi Vergani, redattore capo al Corriere della Sera, si dimette. Sta per raggiungere Montanelli. Dopo di lui lasciano il quotidiano diretto da Ottone anche Enzo Bettiza, inviato speciale per i fatti esteri, Cesare Zappulli, editorialista di economia, ed Egisto Corradi, inviato. Nei corridoi di via Solferino inizia a serpeggiare il panico, accentuato alla partenza di Gianfranco Piazzesi, firma numero uno della politica interna, irritato con Ottone perché si mostra ostile ad Amintore Fanfani.
Montanelli trova i soldi per il suo giornale
• Indro Montanelli, chiamato il Maestro, trova i soldi per far partire il suo nuovo giornale. È un finanziamento robusto, garantito dalla Spi, la più importante concessionaria di pubblicità nel settore dei quotidiani: 12 miliardi di lire in tre anni, a partire dal 1974 e da versare comunque vadano le vendite. A garantire la Spi la Montedison, guidata da Eugenio Cefis, che era stato già successore di Enrico Mattei all’Eni. Oltre a lui, accanto a Montanelli arrivano anche altri uomini di Cefis: Angelo Morandi, manager di forte esperienza a lungo direttore amministrativo del Giorno; e Antonio Tiberi, presidente di una società del gruppo Montedison, l’Industria, che si occupava di pubblicazioni e di audiovisivi.
• Montanelli, soprannominato Montanedison per via dei suoi legami con la Montedison.
25 giugno 1974
Il Giornale al via
• Esce il primo numero del Giornale nuovo, diretto da Indro Montanelli. È stato preparato da una redazione di 59 professionisti, compreso il vertice del quotidiano. La tiratura è di 282 mila copie, con una media giornaliera nei primi mesi di 242 mila copie.
All’attacco del Giornale
• Il Pci, il partitone rosso guidato da Enrico Berlinguer, comincia ad attaccare il Giornale di Montanelli, considerandolo un potenziale pericolo.
17 luglio 1974
Tutto il Corriere a Rizzoli
• Giulia Maria Crespi, detta la Zarina, che possiede un terzo del Corriere della Sera, decide di cedere la sua quota del quotidiano, che passa per intero nelle mani della famiglia Rizzoli. Alle 17.30, una Mercedes nera si ferma all’angolo fra via Solferino e via della Moscova. Scendono tre signori, che si avviano verso l’ingresso del Corriere. Il primo è Angelo Rizzoli, 30 anni, poi suo cugino Nicola Carraro e infine Bruno Tassan Din, il manager più importante di Angelo. Mentre sale le scale che conducono al primo piano, dove si trova la stanza del direttore Ottone, Rizzoli pare incespicare. Per acquistare il giornale e tutti gli annessi, i nuovi editori hanno sborsato, secondo la versione ufficiale, 44 miliardi e 345 milioni di lire. Per far fronte a questa spesa, la famiglia Rizzoli si è indebitata.
Il patto con Cefis
• Secondo una fonte interna alla Montedison, prima dell’ingresso in via Solferino, Angelo Rizzoli avrebbe stretto un accordo con Cefis, il capo del colosso chimico. Lo chiamavano il Patto Svizzero perché firmato o custodito in territorio elvetico. Forse in cambio di una garanzia nei confronti dei debiti contratti da Rizzoli per acquistare l’azienda del Corriere. L’accordo riconosceva a Cefis il diritto di intervenire nella nomina del direttore del quotidiano attraverso un’espressione di gradimento: in altre parole, Angelo Rizzoli sceglieva chi doveva guidare il Corriere con l’assenso di Cefis.
Ottone vuole andarsene
• Piero Ottone, direttore del Corriere della Sera, presenta le dimissioni a Rizzoli. Lo stesso fanno anche i quattro vicedirettori: Gino Palumbo, Franco Di Bella, Michele Tito e Gaspare Barbiellini Amidei. Ottone sa di non piacere a Cefis, i due non hanno mai legato. Rizzoli, però, respinge le sue dimissioni e quelle dei quattro vice.
Settembre 1974
Il Corriere, la signora in rosso
• Angelo Rizzoli rende noto il Primo rapporto sullo stato dell’Editoriale Corriere. Il deficit patrimoniale è di circa 20 miliardi di lire, la perdita di esercizio prevista per l’anno in corso sfiora gli 11 miliardi. I dipendenti sono un esercito: duemila operai, mille impiegati e trecento giornalisti, compresi quelli dei settimanali. Giampaolo Pansa: «Insomma via Solferino era una signora in rosso, finanziario e, a giudizio di molti, anche politico».
Luglio 1975
I guai di Ottone al Corriere
• Ottone, direttore del Corriere della Sera, è alle prese con una «grande quantità di rogne»: Pansa è stato chiamato da Scalfari per andare al nuovo quotidiano che sta fondando; è inviso a gran parte della Dc, considerato come l’uomo che ha cambiato in peggio il Corriere. Anche con i socialisti Ottone ha dei problemi: Bettino Craxi, deputato milanese, non ha nessuna simpatia per lui, lo considera un uomo di destra, un gollista, un piccolo seguace del generale De Gaulle. Infine, anche Enzo Bettiza, numero due di Montanelli al Giornale, non è dalla parte di Ottone. Una sera, nella hall del Raphaël, dice a Pansa: «Rizzoli ha concluso un accordo con Pci e i sindacati per ottenere la pace nell’azienda».
11 luglio 1975
Nasce Repubblica
• Eugenio Scalfari riesce a convincere Mario Formenton e Giorgio Mondadori, figlio di Arnoldo, a dare una base concreta al sogno che coltiva con Carlo Caracciolo: un quotidiano di nome Repubblica. I quattro si incontrano nella villa di Mondadori a Sommacampagna. La discussione dura due giorni e termina con la firma di un accordo, chiamato il patto di Sommacampagna: è l’atto di nascita di Repubblica, per metà della Mondadori e per metà delle Edizioni romane, cioè di Scalfari e Caracciolo. Poi i quattro vanno all’Arena di Verona a vedere l’Aida e cenano alle Tre Corone, in piazza Bra.
• Scalfari e Caracciolo, chiamati i “gemelli”. Senza di loro Repubblica non sarebbe mai nata «e la politica avrebbe avuto un corso diverso. Scalfari l’ha raccontata, giudicata e influenzata come nessun altro giornalista ha fatto dal 1976 a oggi» (Giampaolo Pansa).
• Scalfari, «un primo della classe geniale, testardo, autoritario, con un’autostima enorme, convinto di avere sempre ragione al punto di non sopportare chi si azzarda a mettere in dubbio la sua assoluta perspicacia. E quando commette un errore, e sbaglia una previsione, rimuove tutto senza spiegare nulla» (Pansa).
• Carlo Caracciolo, soprannominato il Principe, «un gentiluomo brillante, ben introdotto in società anche per essere il cognato di Gianni Agnelli. E un dongiovanni impenitente che confessava di avere due passioni: i giornali e le donne. Era per davvero il principe di Castagneto e il duca di Melito, ma scherzava sul proprio titolo nobiliare, ereditato dal padre» (Pansa).
• Carlo Caracciolo, pur appassionato della carta stampata, non ama per niente i giornalisti e ammira i politici sopravvissuti al comunismo: Massimo D’Alema, Fausto Bertinotti, Oliviero Diliberto ecc.
• Altri finanziatori a cui Scalfari chiede una mano e rifiutano: Leonardo Pirelli, Gianni Agnelli, Carlo De Benedetti. Quest’ultimo, presidente degli industriali di Torino, rifiuta di finanziare Scalfari, ma a titolo personale gli dà un assegno di cinquanta milioni di lire e convince anche l’industriale Piergiorgio Rivetti, titolare del Gruppo Finanziario Tessile di Torino, a fare lo stesso. Scalfari gli propone in cambio delle quote azionarie del nuovo giornale ma sia De Benedetti che Rivetti rifiutano. [De Benedetti a Rampini nel libro intervista Per adesso, Longanesi]
14 gennaio 1976
Il primo numero di Repubblica
• Esce il primo numero di Repubblica: Lietta Tornabuoni del Corriere della Sera: «È un giornaletto. Sembra il Corrierino dei piccoli!». Ha 24 pagine, con un formato ridotto rispetto al lenzuolo del Corriere e degli altri quotidiani nazionali. Prezzo: 150 lire, quello fissato per legge. I due pezzi forti sono un’intervista di Scalfari a Francesco De Martino, segretario del Psi, e una pagina scritta da Giorgio Bocca sul destino dell’Innocenti, una fabbrica milanese di automobili. A pagina 6, quella destinata ai commenti e alle opinioni, un neretto dal titolo: «Un giornale indipendente, ma non neutrale». Vengono tirate in 300 mila copie, tutte vendute o regalate.
• Scalfari voleva «un quotidiano di sinistra ed è riuscito a costruirlo e affermarlo, mentre tutta la stampa di quell’area politica spariva o si riduceva al lumicino. Repubblica ha distrutto uno dopo l’altro i giornali legati al Pci o compagni di strada delle Botteghe oscure. Gli ha portato via schiere di redattori e molte migliaia di lettori, ma soprattutto ha divorato il loro prestigio» (Giampaolo Pansa).
• Repubblica, un giornale «ibrido» (Edmondo Berselli), per metà aristocratico e per metà popolare, in grado di ospitare firme diverse e spesso in contrasto.
Marzo 1976
La vendita di Repubblica cala
• La vendita media di Repubblica scende a 90 mila copie.
Aprile 1976
Ai comunisti Repubblica non piace
• Il Pci non è per niente contento della nascita di Repubblica. Al giornale critica «la pretesa del “giornaletto” fondato da Eugenio di diventare il media numero uno della sinistra italiana»; di Scalfari dicono di essere «il cantore del neocapitalismo, si maschera da uomo di sinistra, ma starà sempre dalla parte dei padroni» (Giampaolo Pansa). Alle Botteghe oscure coniano pure uno sberleffo: la testata vera del quotidiano non avrebbe dovuto essere “Repubblica”, ma “Ripubblica”, dal momento che ricicla notizie già date il giorno prima dai concorrenti.
Giugno 1976
Le Br uccidono Francesco Coco
• A Genova le Brigate rosse uccidono il procuratore generale Francesco Coco e i due uomini della scorta.
11 giugno 1976
Pansa intervista Berlinguer
• In vista delle elezioni del 20 giugno 1976, tutte le testate spasimano per avere un’intervista con Enrico Berlinguer, detto re Enrico. Prima di arrivare a lui, i giornalisti devono passare attraverso Antonio Tatò, detto Tonino, capo dell’ufficio stampa del Pci. È lui che passa al vaglio la lista delle domande da rivolgere a Berlinguer, decidendo se accettare o respingere la richiesta di intervista. Giampaolo Pansa, per il Corriere della Sera, mette giù un elenco di domande con il direttore Piero Ottone e le consegna a Tatò, che decide di accordargli l’intervista, preferendola a quella di Gaetano Scardocchia della Stampa. Il colloquio è conosciuto come «l’intervista sulla Nato». Il leader comunista rivela a Pansa di sentirsi più sicuro sotto la bandiera dell’Alleanza atlantica, piuttosto che sotto quella del Patto di Varsavia, capeggiato dall’Unione Sovietica.
20 giugno 1976
Alle urne
• Le elezioni consolidano il potere di due colossi politici: la Dc di Benigno Zaccagnini conserva il primato con il 38,7 per cento dei voti; il Pci, guidato da Enrico Berlinguer, tocca il proprio massimo storico con il 34,4 per cento; il Psi è lo sconfitto con il 9,6 per cento.
Luglio 1976
La resa dei conti al Psi
• In una seduta del Comitato centrale, convocato al Midas Palace Hotel, un albergo di lusso in via Aurelia, a Roma, il Psi fa i conti con il risultato elettorale, che ha visto il partito al 9,6 per cento. De Martino, 69 anni, lascia la poltrona di segretario e apre la gara fra due successori: Bettino Craxi, 42 anni, e Antonio Giolitti, 61. Eugenio Scalfari e Repubblica appoggiano da subito Giolitti.
Luglio 1976
L’era di Craxi
• Inizia l’era di Bettino Craxi, che diventa leader del Psi battendo Antonio Giolitti. Scalfari individua in lui l’obiettivo da mettere nel mirino di Repubblica. Perché scelse proprio lui? Giampaolo Pansa: «Il motivo più banale era che Eugenio conosceva a fondo Bettino e ne aveva sperimentato l’ostilità personale quando entrambi, nel 1968, erano divenuti deputati socialisti di Milano. Craxi poi non gli piaceva perché voleva annettersi l’area del centro laico nel quale Eugenio era cresciuto. Infine il nuovo leader socialista era inviso ai comunisti italiani, un serbatoio di lettori che Repubblica voleva conquistare».
• La notizia della vittoria di Craxi è accolta da Scalfari con “un’irritazione soddisfatta”. Dopo la prima arrabbiatura, il direttore di Repubblica commenta così la notizia: «Craxi installato al vertice del Psi diventerà un ottimo obiettivo per le nostre polemiche. E questo ci gioverà». Oltre a Repubblica, i giudizi di gran parte dei quotidiani più influenti si rivelano molto aspri nei confronti di Craxi. La convinzione dominante nei media è che la segreteria Craxi sarebbe stata solo una parentesi nella vicenda socialista.
Luglio 1976
Craxi da Mussolini a Ghino di Tacco
• Craxi è presentato ai lettori di Repubblica nei panni di «un nuovo Mussolini. Non pericoloso come il defunto Benito, ma con tutti i numeri per diventarlo» (Giampaolo Pansa).
• Dall’accusa di fascismo, Scalfari passa a paragonare Craxi a Ghino di Tacco, un brigante del XIII secolo che dalla rocca di Radicofani controllava la via Cassia, imponendo a chi vi transitava taglie pesanti. Ma a Bettino il parallelo con il brigante piace molto, tant’è che comincia a firmare Ghino di Tacco i propri corsivi sull’Avanti!, con disappunto di Scalfari.
16 luglio 1976
La vendetta di Craxi
• Craxi decide di vendicarsi dell’avversione di Repubblica dando la prima intervista da segretario del Psi a due giornali soltanto: al Corriere, che l’affida a Giampaolo Pansa, e al Messaggero, che la dà a Vittorio Emiliani.
Agosto 1976
Repubblica scende ancora
• La vendita media di Repubblica cala a 70 mila copie.
Novembre 1976
L’Espresso a quota 400
• La tiratura settimanale dell’Espresso è intorno alle 300 mila copie, con una redazione di 33 giornalisti. È soprattutto una vittoria di Livio Zanetti, il direttore che ha guidato la rivoluzione del giornale: dal vecchio formato lenzuolo a quello ridotto, identico ai news magazine americani. Zanetti, intervistato dal Resto del Carlino sulla linea politica dell’Espresso, spiega che sta nel solco liberalsocialista, una posizione che non coltiva molte illusioni sul compromesso storico fra la Dc e il Pci.
Anno 1977
I problemi di Repubblica
• A un anno dall’uscita, Repubblica vende solo 70 mila copie e ha problemi economici e finanziari. A questo punto interviene De Benedetti, che consiglia a Scalfari e Caracciolo di quotare in borsa l’Espresso. Fatto questo si dichiara disposto a investire cinque miliardi di lire.
• Per risollevare le sorti di Repubblica, Scalfari si getta a capofitto nel caos italiano del 1977. Apre le pagine del suo giornale al racconto di quanto sta avvenendo in Italia e ai giovani che bloccano strade e piazze, trasformate in campi di battaglia. Giampaolo Pansa: «Era conveniente narrare giorno per giorno le imprese dei ventenni che s’illudevano di fare una rivoluzione. Senza sposare i miti che coltivavano, ma senza neppure indicarli come la parte peggiore del paese. Scalfari era convinto che attenersi a questa scelta avrebbe giovato molto alla crescita delle vendite di Repubblica. (…) A Repubblica il grosso della truppa redazionale era composta di gente fra i venti e i trent’anni. Salvo poche eccezioni, tutti si consideravano di sinistra. Ma non del sinistrismo di derivazione Pci, bensì di un rosso libertario, extraparlamentare, movimentista senza collare. Era la forza adatta alla strategia scalfariana: saltare in groppa al cavallo del Settantasette, una stagione ancora più calda del mitico Sessantotto».
17 febbraio 1977
Il giovedì nero di Lama
• Alla Città universitaria di Roma, Luciano Lama, il numero uno della Cgil, va a una manifestazione sindacale sulla riforma degli atenei e la disoccupazione giovanile. Durante il comizio, una banda di autonomi lo aggredisce, distrugge il palco e lo obbliga a ritirarsi. Lama a Giampaolo Pansa: «Dentro le bande di Autonomia operaia stava covando qualcosa di molto pericoloso. (…) Nella Cgil e nel Pci troppi pensavano che il movimento del Settantasette fosse più o meno simile a quello del Sessantotto. Ma non era così. Stava emergendo un gruppo di disperazione, d’impotenza, di violenza fine a se stessa». In Italia, decine di migliaia di giovani sono schierati con l’estremismo di sinistra e, in misura più ridotta, con quello di destra.
18 febbraio 1977
Gambizzato Mario Scoffone
• A Torino, le Brigate rosse gambizzano Mario Scoffone, dirigente del personale della Fiat di Rivalta.
19 febbraio 1977
Gambizzato Bruno Diotti
• Bruno Diotti, caporeparto della Fiat Mirafiori, è gambizzato.
19 febbraio 1977
Ucciso il brigadiere Ghedini
• A Milano, sulla provinciale che conduce a Rho, un terrorista uccide Enzo Ghedini, brigadiere della polizia stradale, che lo ferma per un controllo.
25 febbraio 1977
Brutta aria al Corriere della Sera
• Al Corriere della Sera tira un brutta aria. Giampaolo Pansa, dopo una chiacchierata con Franco Di Bella, il vice di Ottone, va a parlare con il direttore. Questo gli conferma che i Rizzoli hanno bisogno di soldi e che l’editore si trova di fronte a due strade: o scovare un socio straniero o italiano che gli consenta un aumento di capitale o scovare denaro attraverso le strutture bancarie italiane.
Marzo 1977
Di Bella lascia il Corriere
• Franco Di Bella, vicedirettore del Corriere della Sera, lascia il quotidiano e si trasferisce a Bologna per dirigere Il Resto del Carlino.
11 marzo 1977
Scontri e un morto all’università
• A Bologna, la polizia interviene all’università, dove gli autonomi hanno aggredito un gruppo di studenti di Comunione e liberazione. Negli scontri rimane ucciso Francesco Lorusso, un militante di Lotta continua.
12 marzo 1977
Le Br uccidono Giuseppe Ciotta
• A Torino, le Br assassinano Giuseppe Ciotta, brigadiere della polizia. Lo uccidono sotto casa, in via Gorizia, mentre sta andando a lavoro.
21 aprile 1977
Scontri a Roma
• A Roma, scontri all’università e nel quartiere San Lorenzo. Un agente, Settimio Passamonti, è colpito a morte, un altro ferito in modo grave.
28 aprile 1977
Ucciso Fulvio Croce
• Le Br uccidono a Torino Fulvio Croce, avvocato incaricato di designare i difensori d’ufficio per i brigatisti da giudicare.
14 maggio 1977
Il pistolero fotografato
• Nel centro di Milano, in via De Amicis, durante un corteo di protesta per l’uccisione di Giorgiana Masi, una studentessa di 19 anni ammazzata da un poliziotto in borghese durante una manifestazione dei radicali per l’anniversario del referendum sul divorzio, un gruppo di autonomi armati di molotov e di pistole comincia a sparare sulla polizia. Il sottufficiale Antonio Custrà, 25 anni, rimane ucciso. Uno dei pistoleri è fotografato mentre punta la rivoltella sui poliziotti. Il fotoreporter offre le immagini al Corriere della Sera, ma il capo della cronaca le rifiuta, sostenendo che non hanno nessun interesse. Le immagini sono pubblicate quindi dal Corriere d’Informazione. Quando Ottone, direttore del Corriere della Sera, scopre l’accaduto, rimuove il capocronista e lo sostituisce.
2 giugno 1977
Gambizzato Montanelli
• Nel centro di Milano, le Brigate rosse sparano a Indro Montanelli e lo gambizzano.
Ottobre 1977
Ottone si dimette
• Piero Ottone, direttore del Corriere della Sera, si dimette. Al suo posto arriva Franco Di Bella, che è stato suo vice.
Ottobre 1977
Pansa lascia il Corriere
• Dopo le dimissioni di Piero Ottone, Giampaolo Pansa lascia il Corriere della Sera e accetta la proposta di Eugenio Scalfari: andrà a Repubblica come inviato speciale con base a Milano.
Novembre 1977
Pansa a Repubblica
• Giampaolo Pansa inizia a lavorare a Repubblica. Il quotidiano sta su un solo piano di un edificio di piazza Indipendenza, a Roma, che ospita anche il Corriere dello Sport. La vendita media è di 90 mila copie al giorno. La redazione centrale, circa sessanta giornalisti, lavora in un ambiente molto spartano. L’unico ad avere una stanzetta è Scalfari; il suo secondo, Gianni Rocca, vive in un «bugigattolo un po’ allargato».
• La “linea della sera”, limite di tempo al di là del quale, al Corriere della Sera, non era più possibile dettare un servizio. È chiamata anche “linea della morte” perché stabilisce la fine di un articolo che non sarebbe mai apparso. A Repubblica, invece, Scalfari informa Pansa che «si chiude quando è possibile».
• Alcune verità sul conto di Scalfari secondo Pansa: «La prima era che aveva occhi da bambino buono e mani di una delicatezza quasi femminea. Ma tutto il resto era costruito in acciaio. A cominciare dalla dedizione al compito che si era dato. Una dedizione totale. Quella di chi è disposto a profondere tutte le proprie energie, intellettuali e fisiche pur di vincere, e di vincere più di tutti. (…) Eugenio aveva la stoffa del grande protagonista, del numero uno assoluto. E come tale obbediva per istinto a una serie di regole che tutti i leader si danno da soli. La prima era di non dubitare mai delle proprie superiori capacità ed essere sempre certo di sfondare. (…) La seconda regola del protagonismo scalfariano recitava: devi essere il comandante indiscusso della squadra di giornalisti che ti sei scelto uno per uno. Alla fine del 1977 la squadra di Repubblica non superava i sessanta redattori. (…) Ecco la terza regola del protagonismo scalfariano. Lui osservava tutto, giudicava tutto e comunicava le proprie sentenze alla redazione. Lo faceva per iscritto, in un diluvio di circolari e ordini del giorno che svelavano un temperamento quasi militare».
• La riunione di metà mattina di Repubblica, dove si decide la struttura del numero dell’indomani, non è riservata soltanto ai vertici del giornale e ai capiservizio, ma può parteciparvi anche l’ultimo dei redattori, con diritto di parola e di critica.
16 novembre 1977
Il primo articolo di Pansa per Repubblica
• Alle tre di pomeriggio, Eugenio Scalfari telefona a casa di Giampaolo Pansa e gli chiede di scrivere un articolo su un agguato delle Brigate rosse ai danni di Carlo Casalegno, vicedirettore della Stampa di Torino. Rifiutando la scorta, Casalegno decide di tornare a casa a bordo della sua Fiat 125. Dopo aver parcheggiato l’auto in corso Re Umberto, in centro città, entra nell’androne del palazzo. La moglie lo aspetta per il pranzo. Ma un nucleo armato delle Br gli spara quattro colpi in faccia.
Dicembre 1977
Pansa incontra Berlusconi
• A Milano, sotto la neve, Giampaolo Pansa è davanti alla sacrestia di Santa Maria delle Grazie. Aspetta di intervista Fanfani. Giampaolo Cresci, però, non lo fa passare, dicendo che il suo capo deve incontrare un uomo importante. A un certo punto, si ferma una berlina nera. Scende un signore «piccolino, azzimato, con un cappotto scuro dal taglio perfetto e il bavero di velluto». È Berlusconi, venuto a incontrare Fanfani. I due si presentano e Berlusconi critica Pansa per una frase contenuta nel suo libro, Comprati e venduti.
21 gennaio 1978
La circolare sui gabinetti di Repubblica
• Eugenio Scalfari, direttore di Repubblica, invia a tutta la sua redazione la circolare chiamata «Dei cessi dal volto umano». Scrive che i gabinetti di Repubblica, tanto quelli degli uomini che quelli delle donne, versano «in condizioni tali da rendere un obiettivo invidiabile il gabinetto della più turpe caserma di provincia». La circolare, dopo una descrizione minuziosa dello stato dei bagni, si chiude così: «Vorrei che ciascuno di voi e anche gli organi sindacali, di azienda e di redazione, che così efficacemente si fanno carico dei problemi della dignità del lavoratore, collaborassero in questo compito più modesto, ma basilare. Facendo sì che a Repubblica anche i gabinetti abbiano un volto umano». Qualcuno dei redattori passa la circola di Scalfari a Lotta continua, che ne pubblica la fotocopia.
16 marzo 1978
Scalfari e il sequestro Moro
• Il giorno del sequestro di Aldo Moro, Eugenio Scalfari, direttore di Repubblica, sceglie la “linea della fermezza”. Giampaolo Pansa: «Era fondata su un principio irrinunciabile: con i terroristi non si tratta. Se il prezzo della liberazione di Moro era l’uscita dal carcere anche di un solo terrorista, lo stato aveva il dovere di dire di no. Era anche la posizione del Pci, di una parte decisiva della Dc, a cominciare dal ministro dell’Interno, Francesco Cossiga, dei repubblicani di La Malfa e del Movimento sociale di Giorgio Almirante». Chi non accetta di sacrificarlo è Craxi, segretario del Psi. Il quotidiano decide di pubblicare le lettere di Moro, per intero o in riassunti molto ampi, anche se le ritiene false, perché scritte sotto «il dominio assoluto e incontrollato» che sovrasta Moro. Allo stesso modo pubblica anche i comunicati dei brigatisti.
• «È la linea della fermezza a conquistare un numero sempre più grande di lettori comunisti. Le vendite crebbero in una misura imprevista. Repubblica superò il muro delle centomila copie vendute e iniziò una crescita destinata a continuare. La pubblicità si decise a tenere d’occhio Eugenio e il suo giornale» (Pansa).
20 aprile 1978
Il comunicato numero 7
• La sera arriva ai giornali il comunicato numero 7 dei brigatisti che hanno rapito Aldo Moro. È accompagnato da una fotografia del leader democristiano, scattata con la Polaroid. Moro regge in mano il quotidiano del giorno prima, Repubblica. Giampaolo Pansa: «Devo confessare che in piazza Indipendenza i più cinici fra noi esultarono. Era uno spot macabro, ma formidabile per la nostra ditta».
15 maggio 1978
Le elezioni amministrative
• Ieri e oggi si svolge una tornata parziale di elezioni amministrative. Al voto tre milioni e mezzo di elettori. I risultati: la Dc ottiene il 42,5 per cento dei voti, il Pci scende al 26,5 perdendo otto punti rispetto al 1976, il Psi sale al 13,5, quattro punti in più.
Giugno 1978
Un nuovo inquilino al Quirinale
• Inizia la gara per il nuovo inquilino del Quirinale. Giovanni Leone si è dimesso in anticipo e le Camere si riuniscono per eleggere il nuovo presidente della Repubblica.
Giugno 1978
Pertini, il Grande vecchio
• Tra i candidati al Quirinale c’è Sandro Pertini. Per il suo carattere ferreo e astioso, molti cominciano a chiamarlo il Grande vecchio. A indicarlo come un «vecchio bacucco» sono soprattutto i suoi compagni socialisti.
• «Cuor di leone, cervello di gallina», così Riccardo Lombardi, capo della sinistra socialista, descrive Sandro Pertini a Giampaolo Pansa.
Giugno 1978
La dentiera di Pertini
• I compagni socialisti di Sandro Pertini raccontano un aneddoto: a Parma, mentre Pertini sta pronunciando un discorso sulla Resistenza, perde la dentiera e va in tilt, fingendo di stare male. L’accusa lo fa imbestialire. Giampaolo Pansa, nel descrivere l’ostilità di molti deputati craxiani, decide di raccontare l’aneddoto. Pertini si arrabbia, scrive a Scalfari e comincia a dare la caccia al giornalista per tutto Montecitorio, per dirgli cosa pensa di lui.
13 novembre 1978
Scalfari nomina tre vicedirettori
• Eugenio Scalfari, con un ordine di servizio rivolto a tutti i redattori di Repubblica, annuncia la nomina di tre vicedirettori: Gianni Rocca, Giampaolo Pansa e Mario Pirani. I primi due costituiscono un Ufficio centrale, la struttura di comando del giornale; Pirani deve occuparsi della sezione Economia e sindacato.
Gennaio 1979
Ucciso un magistrato
• A Milano, il gruppo armato Prima linea uccide il magistrato Emilio Alessandrini.
Gennaio 1979
Il terzo anniversario di Repubblica
• Nel terzo anniversario di Repubblica, Eugenio Scalfari spiega in un editoriale chi sono i lettori del suo giornale: per metà appartengono al mondo della scuola; più della metà ha opinioni di sinistra o sta nel centro laico.
Marzo 1979
Ucciso un giornalista
• A Roma è ucciso il giornalista Mino Pecorelli, direttore del settimanale Op che si dice sia legato ai servizi segreti. Il delitto non è rivendicato da nessun gruppo terroristico.
7 aprile 1979
Arrestati alcuni esponenti di Autonomia operaia
• A Padova, il giudice istruttore Pietro Calogero ordina l’arresto del professor Toni Negri e di altri esponenti di Autonomia operaia. Ritenuti i capi occulti di un partito clandestino, sono accusati di insurrezione armata contro i poteri dello Stato.
Maggio 1979
Le Br colpiscono la Dc
• A Roma, le Brigate rosse assalgono la sede della Dc in piazza Nicosia, ammazzando due agenti di polizia.
Luglio 1979
Ucciso un avvocato
• Un killer arrivato dagli Sati Uniti uccide a Milano l’avvocato Giorgio Ambrosoli, incaricato dalla Banca d’Italia di liquidare la Banca privata italiana del finanziere Michele Sindona.
Anno 1980
Scalfari si “innamora” di De Mita
• All’inizio degli anni Ottanta, Eugenio Scalfari si “innamora” del democristiano Ciriaco De Mita. Giampaolo Pansa: «Di solito Eugenio non provava nessuna passione per i big dei partiti. Poteva mostrare simpatia o antipatia per qualcuno di loro, ma il suo atteggiamento più frequente era l’indifferenza. Li considerava personaggi del teatrino che Repubblica metteva in scena sin dal primo giorno. A volte ne dava un giudizio positivo, altre volte li combatteva. Però non andava al di là di questo. L’indifferenza di Eugenio aveva una radice profonda nel suo complesso di superiorità. Lui si riteneva più forte, più esperto, più lungimirante di tutti i pezzi da novanta della Casta. (…) La passione di Eugenio per Ciriaco si fondava su tre pilastri: il primo era la convinzione, o l’illusione, che De Mita fosse l’unico leader democristiano in grado di rinnovare le polverose istituzioni italiane e di rendere il nostro paese “uguale alla Svizzera”. Il secondo lo descrisse De Benedetti in un colloquio con Rampini: “Credo che Eugenio fosse lusingato dall’idea di poter influenzare politicamente il capo della Dc. Mentre a De Mita piaceva dimostrare ai suoi amici-nemici della Dc di avere una stretta relazione con un giornale laico e liberal come Repubblica”. Il terzo bastione dell’amicizia fra loro era la comune origine meridionale. Ciriaco era avellinese ossia campano, Eugenio veniva da una famiglia calabrese». In più, Scalfari appoggia De Mita per il suo anticraxismo.
Gli anni Ottanta, anni di conflitti
• Gli anni Ottanta sono anni di conflitti: tra Repubblica e Bettino Craxi, tra il Pci e il Psi, tra il Pci e Scalfari, accusato di aver stretto un’alleanza di ferro con De Mita.
28 maggio 1980
Ucciso Walter Tobagi
• La mattina, a Milano, c’è un cielo sciroccoso. Due killer aspettano per strada il giornalista Walter Tobagi, che sta andando a prendere l’auto per dirigersi al Corriere della Sera. Gli sparano sei colpi: alla schiena, alla mascella, al fianco destro, al piede destro, alla spalla sinistra, al torace. Il volantino di rivendicazione arriva presto ed è firmato “Brigata 28 marzo”. Giampaolo Pansa, giornalista di Repubblica, apprende la notizia della morte del suo amico giornalista nella sede della stampa estera a Roma, in via della Mercede. È lì per sentire la conferenza stampa di Berlinguer in vista delle prossime elezioni regionali. Ad avvisarlo «una ragazzona nordica con il fisico della vichinga».
Settembre 1980
Arrestato il terrorista Marco Barbone
• Il generale Carlo Alberto dalla Chiesa arresta il terrorista Marco Barbone, 21 anni, figlio di un dirigente editoriale molto noto a Milano. È il capo della “Brigata 28 marzo”, composta da sei terroristi, che aveva rivendicato il delitto del giornalista Walter Tobagi.
5 ottobre 1980
Costanzo intervista Gelli
• Il Corriere della Sera, in terza pagina, pubblica una lunga intervista di Maurizio Costanzo a Licio Gelli, capo della Loggia P2.
• Licio Gelli, il Venerabile.
Maggio 1981
La P2, una manna per Repubblica
• Lo scandalo della Loggia P2 si rivela una manna per Repubblica. Il primo a capire cosa sarebbe accaduto è Gianni Rocca, che, anche più di Eugenio Scalfari, possiede la capacità di capire l’importanza di un fatto e le conseguenze che ne sarebbero derivate.
4 giugno 1981
Pansa intervista Costanzo
• D’accordo con Scalfari, Giampaolo Pansa intervista Maurizio Costanzo, anche lui appartenente alla Loggia P2 e autore dell’intervista al capo Licio Gelli pubblicata sul Corriere della Sera il 5 ottobre 1980. L’intervista è registrata presso una piccola emittente che lavora per Repubblica, la Uomo Tv. Quando Pansa chiede a Costanzo perché si è iscritto alla P2, lui gli parla soltanto della propria curiosità e dell’attrazione per la massoneria, i riti delle logge e i misteri. Dice di essersi iscritto nel gennaio 1978, per ingenuità e per conoscere un ambiente che voleva raccontare in un libro. A intervista finita, Costanzo chiede a Pansa di avere il video dell’intervista, lo mostra alla redazione e lo trasmette nel suo telegiornale, Contatto. Poi lascia la tv.
19 giugno 1981
Di Bella lascia il Corriere
• La scoperta della lista degli appartenenti alla loggia massonica della P2 e il terremoto che ne consegue portano Franco Di Bella, direttore del Corriere della Sera, alle dimissioni. Al suo posto Alberto Cavallari.
Dicembre 1981
Il Corriere perde, Repubblica vince
• Negli ultimi sei mesi, a causa dello scandalo legato alla Loggia P2, il Corriere perde 90 mila copie circa di tiratura e 60 mila copie di vendita. La maggior parte di queste va a finire a Repubblica, che tocca il massimo delle vendite con 225 mila copie.
Marzo 1982
Macaluso alla guida dell’Unità
• Emanuele Macaluso diventa direttore dell’Unità. Firma i suoi articoli “Em.ma”, così a Repubblica iniziano a chiamarlo Emma, senza il punto di mezzo.
Anno 1983
Repubblica, il secondo giornale dei comunisti
• Repubblica è il secondo giornale dei comunisti, che però «lo leggono per primo». La tiratura si avvicina alle 400 mila copie. Invece, l’Unità perde lettori e accumula passivi; Paese sera ha debiti per 30 miliardi di lire, di cui 22 contratti con il Banco Ambrosiano di Roberto Calvi.
5 aprile 1983
L’Unità contro Repubblica
• Emanuele Macaluso, direttore dell’Unità, scrive un articolo contro Repubblica e inizia una campagna ai danni del quotidiano. Accusa il direttore Eugenio Scalfari di avere «mutevoli amori e umori». Inizia una guerra mai vista tra un partito, il Pci, e un giornale, Repubblica.
Maggio 1983
La guerra continua
• Continua il boicottaggio dell’Unità ai danni di Repubblica. Il giornale di Macaluso invita i militanti del Pci a non leggere più il quotidiano e a non acquistarlo. L’operazione è realizzata lasciandola filtrare attraverso la rubrica delle lettere all’Unità. Le prime compaiono il 14 maggio, sono firmate e sono tutte contro il giornale di Scalfari. Il motivo scatenante è sempre lo stesso: la convinzione che Repubblica sia diventata il foglio di De Mita.
Settembre 1983
Berlusconi vuole Pansa
• Antonio Ghirelli, capo dell’ufficio stampa di Craxi, telefona a Giampaolo Pansa. Gli dice che Bettino vuole parlargli. Il giornalista va a Palazzo Chigi e qui Craxi gli dice che Silvio Berlusconi si è invaghito di lui e vuole offrirgli il posto di capo delle news televisive. In alternativa potrebbe fare il condirettore del Giornale con Indro Montanelli. Ma Pansa rifiuta e rimane a Repubblica.
28 novembre 1983
Si chiude il processo Tobagi
• Grazie alla confessione, Marco Barbone, capo della “Brigata 28 marzo” autore dell’omicidio del giornalista Walter Tobagi, è condannato a 8 anni e 9 mesi di reclusione e messo subito in libertà provvisoria. Lo stesso per l’altro pentito della banda, Paolo Morandini. Gli altri quattro, che non hanno “disertato”, si prendono dai venti ai trent’anni di carcere.
Anno 1984
Formenton incontra De Benedetti
• Mario Formenton, entrato in Mondadori in qualità di marito di Cristina, una delle figlie di Arnoldo, incontra Carlo De Benedetti. Lo va a trovare a Ivrea e gli rappresenta la grave situazione finanziaria della casa editrice. A causarla soprattutto la disastrosa avventura di Retequattro. La Mondadori ha bisogno di un immediato aumento di capitale, ma la famiglia non è in grado di sottoscriverlo. De Benedetti, allora, si offre di partecipare all’aumento, ma soltanto alla condizione che Retequattro venga ceduta. Grazie a Enrico Cuccia, il capo di Mediobanca, la rete è venduta a Silvio Berlusconi, che ha già acquistato Italia Uno da Rusconi. De Benedetti diventa l’azionista di riferimento della Mondadori.
• Cidibì, come viene chiamato Carlo De Benedetti dalla truppa dei giornali che ha acquistato.
Settembre 1986
Barbone si sposa
• Marco Barbone, capo della “Brigata 28 marzo” autore dell’omicidio del giornalista Walter Tobagi, scontata la pena, si sposa in chiesa, nella parrocchia milanese di San Vincenzo. La sposa è vestita di bianco, lui ha la giacca chiara con il farfallino.
18 dicembre 1987
Scalfari intervista Craxi
• Repubblica stampa una lunga intervista a Bettino Craxi, “nemico” di Scalfari. Giampaolo Pansa: «La guerra era finita? Per niente. Scalfari era un giornalista che amava la battaglia. E quando le occasioni non era lui a cercarle, trovava sempre qualcuno che gliele offriva».
Anno 1988
Molestie a Repubblica
• A Repubblica arriva una ragazza bionda, dalla bellezza prorompente e nipote di un big della finanza italiana vecchio amico di Eugenio Scalfari, che vuole fare la giornalista. Il suo capocronista è un uomo a cui piacciono le ragazze e comincia subito a corteggiare la “biondissima”. Lei si nega, ma lui insiste e comincia a tampinarla anche quando sta a casa. A questo punto, la ragazza si decide a registrare le telefonate bollenti e le fa ascoltare al nonno, che chiama subito Scalfari. Il direttore convoca Gianni Rocca e Giampaolo Pansa per decidere il da farsi. Loro gli consigliano di licenziare il capocronista, ma Scalfari decide di mantenerlo in ferie e al suo rientro di destinarlo ad altro incarico. Sembra tutto risolto, ma una mattina di ottobre Rolando Montesperelli, segretario di redazione, entra nella stanza di Scalfari e gli dice che davanti all’ingresso del giornale ci sono le femministe del Buon Pastore, gruppo appartenente al Comitato femminile per la trasformazione della giustizia guidato da Elvira Banotti. Stanno distribuendo volantini sul caso di molestie accaduto a Repubblica. Le femministe sono anche davanti alla Rai e agli ingressi degli altri giornali romani. Il giorno dopo la notizia del volantino è su molti giornali, insieme alla storia delle molestie. Repubblica decide di fare scena muta e di non parlarne.
Aprile 1989
Scalfari e Caracciolo vendono a De Benedetti
• Dopo un lungo tira e molla Scalfari e Caracciolo cedono a De Benedetti le loro azioni del Gruppo Espresso-Repubblica. Il primo ne possiede il 10 per cento, il secondo il 35, il resto è suddiviso in quote minori, molto frazionate, per un totale complessivo del 50 per cento. L’altro 50 è già nelle mani di De Benedetti. Si vocifera che i due abbiano incassato molti miliardi di lire.
11 aprile 1989
Annunciata la vendita di Repubblica
• A Torino, al Teatro Carignano, durante la cerimonia per l’uscita dell’edizione torinese di Repubblica, Scalfari annuncia la vendita del suo giornale a De Benedetti.
9 luglio 1989
Andreotti VI
• Giulio Andreotti ottiene l’incarico di formare il suo sesto governo.
• Andreotti, chiamato Belzebù per l’abilità diavolesca di restare sempre a galla nella politica. A Repubblica non piace per niente, ma non si sa se il fastidio sia reciproco.
Ottobre 1989
La guerra di Segrate
• La Repubblica di Scalfari dà parecchio fastidio all’asse tra Craxi, Andreotti e Forlani, una spina nel fianco della destra democristiana e del Psi. Così si trova coinvolta nella guerra di Segrate e nella conquista della Mondadori da parte di Berlusconi. De Benedetti, che ha acquistato le quote di Repubblica da Scalfari e Caracciolo nell’aprile 1989, ha due alleati in Mondadori: Cristina Formenton e il suo primogenito, Luca. I due, però, rompono con l’Ingegnere e passano sul fronte di Berlusconi, già alleato con Leonardo Forneron Mondadori, nipote di Cristina.
25 gennaio 1990
Berlusconi conquista la Mondadori
• Silvio Berlusconi conquista la presidenza della Mondadori nel pomeriggio. La carica di vicepresidente vicario va a Luca Formenton, affiancato da un altro vice, Leonardo Forneron Mondadori.
1 febbraio 1990
Andreotti e Berlusconi a confronto
• Giulio Andreotti, presidente del Consiglio, invita Berlusconi, accompagnato da Gianni Letta, nel suo studio. L’incontro dura un’ora. Il colloquio rimane segreto.
• L’idea di Andreotti per risolvere la guerra di Segrate: affidare la mediazione tra le parti a Giuseppe Ciarrapico. Al Cavaliere sarebbe andata la Mondadori, con libri e periodici a cominciare da Panorama; a De Benedetti Repubblica, l’Espresso, la catena dei quotidiani locali e forse la Cartiera di Ascoli, con molta liquidità. Ma Berlusconi non ne vuole sapere di trattare una spartizione.
14 febbraio 1990
Chi arriva e chi lascia
• Con l’arrivo di Berlusconi alla Mondadori, Claudio Rinaldi, direttore di Panorama, si dimette. Dopo di lui lasciano il quotidiano anche Giampaolo Pansa, che chiude la sua rubrica, il Bestiario, e il vignettista Altan. Abbandonano la Mondadori anche Alberto Statera, direttore di Epoca, e Michele Serra, che sul settimanale ha una rubrica.
Settembre 1990
Calma apparente a Segrate
• In autunno, la guerra di Segrate sembra essersi stabilizzata. Una sentenza della magistratura ridà la Mondadori a De Benedetti, mentre Berlusconi e gli alleati sono di nuovo all’opposizione.
24 gennaio 1991
Berlusconi torna alla Mondadori
• La Corte d’appello di Roma dichiara Berlusconi e i suoi alleati vincitori nella guerra di Segrate per il possesso della Mondadori.
12 febbraio 1991
Berlusconi rifiuta la spartizione
• Silvio Berlusconi annuncia di non voler spartire nulla di quanto fa capo alla Mondadori.
8 aprile 1991
La mediazione di Ciarrapico
• Giuseppe Ciarrapico, voluto da Andreotti come mediatore nella guerra di Segrate per il possesso della Mondadori, pranza con Berlusconi ad Arcore. Il Cavaliere rifiuta ancora una volta una spartizione presente e futura.
30 aprile 1991
Berlusconi cede
• Dopo l’ennesimo intervento di Andreotti e con la mediazione di Giuseppe Ciarrapico, nella notte Berlusconi firma l’accordo per la spartizione della Mondadori: la Repubblica, l’Espresso e alcuni quotidiani locali tornano a De Benedetti; Panorama, Epoca e la casa editrice rimangono al Cavaliere. Berlusconi al Tempo qualche giorno prima: «Se non fosse stato per la pistola puntata delle concessioni televisive, non avremmo mai trattato». Eugenio Scalfari comunica alla redazione di Repubblica che l’unico impegno preso per poter arrivare alla spartizione è che non avrebbero fatto nessuna campagna contro le concessioni televisive volute da Berlusconi.
26 giugno 1991
Nuovo vertice all’Espresso
• Viene annunciato che l’Espresso ha un nuovo vertice. I direttori sono: Claudio Rinaldi, ex di Panorama, e Giampaolo Pansa, che lascia Repubblica.
23 aprile 1996
Scalfari lascia la direzione di Repubblica
• Nella seconda pagina di Repubblica appare una lunga lettera di Eugenio Scalfari a Caracciolo, presidente dell’Editoriale, e al consigliere delegato Marco Benedetto. Annuncia di voler lasciare la direzione del giornale.
2 maggio 1996
Repubblica saluta Scalfari
• A Repubblica si tiene la cerimonia di addio per Eugenio Scalfari, che ha lasciato la direzione del giornale da lui fondato. Anche Gianni Rocca, condirettore da tempo, annuncia di andarsene. Il successore di Scalfari sarà Ezio Mauro, ex direttore della Stampa.
• Ezio Mauro, detto Topolino perché di piccola statura e sempre molto veloce.
Aprile 2007
Maxi sciopero a Repubblica
• La redazione di Repubblica decide uno sciopero dalla lunghezza di sette giorni di fila. I motivi sono economici e di relazioni sindacali con De Benedetti.
19 aprile 2007
Repubblica manca al congresso dei Ds
• A Firenze, nel palazzetto dello sport intitolato a Nelson Mandela, si svolge il congresso nazionale dei Ds, che sancisce la nascita del Partito democratico. Per la prima volta nella sua storia, Repubblica non copre l’evento, la redazione è in sciopero dal 17 aprile.