Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  marzo 15 Venerdì calendario

QUESTI FANTASMI DEL ’900 CHE RISPUNTANO SULLA RETE


È così importante che Hitler abbia pronunciato davvero in un comizio elettorale del 1932 la frase: «Loro sono morti, vogliamo vederli tutti nella tomba!» riferendosi ai partiti politici dell’epoca? Non l’ha mai detto. Beppe Grillo invece sì, nel discorso della «scatola di tonno» dettato ai cronisti di fronte al Viminale, l’11 gennaio 2013. Loro sono morti. Non sipario di tombe. Hitler a sua volta usa la parola tomba, ma non è chiaro se voglia buttarci dentro i partiti o suggellare il fanatismo proprio e dei suoi seguaci («fino alla tomba!»). A capirlo non aiutano l’audio rovinato e neppure i sottotitoli inglesi, nell’unica versione filmata del comizio postata su Youtube da un neonazista canadese anni orsono. Stranezze della Rete, dove nei giorni scorsi si è consumato il caso. Google, tra le sue minuzie, ci ricorda pure che «Beppe Grillo come Hitler» fu il grido di un blogger dissidente dopo l’espulsione dal movimento del consigliere comunale Valentino Tavolazzi. Quello sfogo, certo sopra le righe, ha prodotto chissà per quali vie un mostro concettuale. All’incrocio tra una parodia da Bagaglino, Lenny Bruce, un’opera di Cattelan. Usando i meccanismi del comico che la Rete da sempre predilige: la citazione, il fotomontaggio, l’accostamento blobbistico. Persino il «chi l’ha detto?», proprio come la vecchia rubrica della Settimana Enigmistica. Hitler come Beppe Grillo. Detto con una battuta di Spinoza.it: «In Rete gira un comizio di Hitler identico a quelli di Grillo. Ma non basta a tranquillizzarmi». Servirà a qualcosa? È polemica politica, satira di grana grossa, il solito situazionismo? Una settimana prima delle elezioni aveva preso a girare sui social network una citazione da Antonio Gramsci: «Si è presentato come l’anti-partito, ha aperto le porte a tutti i candidati, ha dato modo a una moltitudine incomposta di coprire con una vernice di idealità politiche vaghe e nebulose lo straripare selvaggio delle passioni, degli odi, dei desideri...». Scritta su L’Ordine Nuovo nel 1921, di fronte all’avanzare del fascismo, e mirata al rovello interiore degli elettori di sinistra in procinto di votare 5Stelle. Non ha funzionato granché. Ma l’effetto chi l’ha detto? è stato straordinario, stavolta. Inquietante, persino. L’antico adagio a far tesoro degli errori commessi si è infine rivelato nella forma di un cortocircuito temporale stile film di Tarantino. Gramsci unchained. Per non dire del grossolano fotomontaggio che mostrava Grillo sul suo camper con un poster del Duce dietro la schiena. Solo dopo è venuta la dichiarazione della capogruppo dei deputati, Roberta Lombardi, sul «fascismo buono». E l’annuncio dello stesso Grillo sul movimento che non avrà più ragione di esistere, «quando i cittadini saranno lo Stato». Esisterebbe una citazione di Mussolini che scimmiotta quest’ultimo concetto, in Rete si trova. Ma l’ha detto. Se il fantasma del fascismo è lo stesso inciampo, da vent’anni, di tutti gli ultimi arrivati sulla scena politica italiana un motivo ci sarà. E il Paese che cerca una memoria condivisa, una storia comune, un inizio almeno, naufraga negli algoritmi di Google. Per adesso è il meno che ci potesse capitare. (Basta con la storia. Nell’ora di geografia parleremo di Costarica).