Umberto Broccoli, Sette 15/3/2013, 15 marzo 2013
ROMA NUN FA’ LA STUPIDA STASERA
1962 Due anni dopo il cambio di decennio, tutto sembra andare di corsa, tutto sembra volare verso il progresso. Va in orbita Telstar, il satellite americano per snellire le telecomunicazioni. Sarà più facile telefonare negli altri continenti e si sviluppa il concetto di televisione come visione a distanza. In Italia era arrivata otto anni prima, il 3 gennaio del 1954. Ora, nel 1962 si immagina un mondo nel quale la diretta televisiva può unire i continenti. Nei primi esperimenti: immagini sfocate, sgranate, troppo scure o troppo chiare e comunque in bianco e nero. L’audio, poi, sfiora il ridicolo, totalmente fuori sincrono come è. Ma quelle immagini e quelle parole arrivano in diretta dall’America e tutto sembra un miracolo. Cambiamenti nella politica italiana: il 2 febbraio, venerdì, dimissioni del governo di Amintore Fanfani. Crisi risolta in venti giorni: sempre Fanfani avrebbe presieduto un altro suo governo, in carica dal 21 febbraio. Dai giornali di quel periodo: “Firmata la convenzione per le Autostrade-IRI. Si estende per 200.000 km la rete di comunicazione”. Un anno elastico, compreso fra lo yo-yo e lo ye-ye. Lo yo-yo era quella rotellina da far andare in su e in giù con il movimento della mano, giochino importato dall’America di qualche decennio prima.
Lo ye-ye era lo slogan simbolo della generazione dei giovani del periodo, presi da un complesso nuovo: i Beatles. E per complesso si intendeva il gruppo musicale e non un turbamento della psiche. Il complesso dei Beatles pubblica il suo primo album: Please please me. L’elastico 1962, come tutti gli elastici, scappa in avanti e viene recuperato da altrettanti richiami all’indietro. Si vara ad aprile una legge più liberale sulla censura e a novembre viene censurata Canzonissima di Dario Fo e Franca Rame. Il governo guarda al centrosinistra, mentre viene eletto Antonio Segni presidente della Repubblica con il voto determinante delle destre. Nasce il mito di Sean Connery, in 007. Licenza di uccidere e muore il 5 agosto a Brentwood il mito di Marilyn Monroe: ci si chiede ancora oggi se ci sia un nesso elastico tra la morte di Marilyn e qualche 007 americano.
UN FRICCICO DE LUNA. Il 15 dicembre 1962 debutta Rugantino al Sistina di Roma. Una storia romana, diventata immediatamente internazionale e ambientata all’inizio dell’Ottocento, all’epoca di Mastro Titta, l’ultimo boia di Roma. È la perfezione firmata da Garinei & Giovannini, con Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa e Gigi Magni. La colonna sonora, poi, è tra i simboli della città. Basti pensare a Roma nun fa’ la stupida stasera. Armando Trovajoli fa confluire là la sua formazione: da una parte il jazz e la musica classica (tra Bach, Mozart, Beethoven, via via fino a Respighi), dall’altra la tradizione popolare romana. All’indomani del debutto, tutti fischiettavano le canzoni di Rugantino, con tanto di controcanto: “Roma nun fa’ la stupida stasera / damme ’na mano a faje di’ de sì”, cantava Rugantino, oramai maschera romana a tutti gli effetti. Ma, contemporaneamente, si intonava il controcanto di Rosetta: “Roma nun fa’ la stupida stasera / damme ’na mano a famme di de no”. Proseguendo con le fughe in avanti Rugantino: “Scegli tutte le stelle / più brillarelle che puoi / e un friccico de luna tutta pe’ noi” e con il controcanto all’indietro di Rosetta: “Spegni tutte le stelle / più brillarelle che c’hai / nasconneme la luna se no so’ guai”. Un elastico anche qui, nel 1962 di Rugantino. L’anima di Armando è tutta nella sua musica, a ricordarne la genialità nel saper disegnare con le note le situazioni più diverse. Anima di Roma compresa, resa proverbiale con Roma nun fa’ la stupida stasera, Ciumachella de Trastevere e – mi diceva – la sua preferita in Rugantino: Tirollalero, la storia eterna di chi è lacerato fra più passioni. “Tirollallero là là / Tirollallero / Tirollallero là là / Tirollallero / Una candela nun po’ fa’ du lumi / e si li fa nun li po’ fa’ lucenti…/ Una funtana nun po’ fa’ du’ fiumi / E si li fa nun li po’ fa’ corenti / Così è ’na donna quanno c’ha du’ amanti / che tutt’e due nun li po’ fa’ contenti / Meglio che all’uno o all’altro dia licenza. / Bella, si tocca a me ce vo’ pazienza. / Tirollallero là là / Tirollallero / Tirollallero là là / Tirollallero”. E, in effetti, anche la vita di un artista è un elastico teso fra non omnis moriar (non si muore mai del tutto, come dicevano i latini) e la rassegnazione finale di quel “ce vo’ pazienza”.