Aldo Grasso, Sette 15/3/2013, 15 marzo 2013
MA CHE AVRÀ DI STRAORDINARIO GUARDÌ?
La cattiva televisione procura grandi guadagni: è una legge granitica, un segno distintivo anche del servizio pubblico. In un articolo molto interessante di Massimo Sideri (apparso sul Corriere della Sera del 22 febbraio 2013), per la prima volta viene fatta una seria analisi dei proventi della Siae, la Società degli editori. Normalmente, quando si parla di Siae, si pensa agli autori di canzoni e invece Sideri, portando alla luce “i numeri segreti della fabbrica del diritto d’autore, tenuti per anni gelosamente custoditi in file secretati”, ci rivela che, per esempio, Michele Guardì, regista televisivo e autore di programmi come Uno Mattina e della Domenica in Anni Ottanta, incassa qualcosa come due milioni di euro.
UN POTENTE SIGNORE. Qualche giorno dopo, Gaetano Blandini, direttore generale della Siae, scrive per puntualizzare che i proventi sono frutto “della composizione di opere dell’ingegno e della creatività di artisti straordinari che hanno contribuito e continuano a contribuire alla creazione del tessuto culturale del nostro Paese e a tenerne alto il nome a livello internazionale”. Opere dell’ingegno? Guardì artista straordinario? Qualcosa non torna, anche se nessuno mette in dubbio i principi di correttezza ed economicità. Oltretutto, i compensi sono regolarmente tassati.
Il diritto d’autore è una sacrosanta conquista, è “l’insieme dei diritti morali e patrimoniali riconosciuti dalla legge a tutela delle opere dell’ingegno di carattere creativo”. Un autore televisivo però riceve due emolumenti, uno dal normale contratto con Rai o Mediaset e uno dalla Siae, come titolare dei diritti d’autore. Se l’opera è un semplice talk show i diritti varranno una certa cifra, se invece viene catalogato come varietà (al talk basta aggiungere un balletto o un cantante) varranno molto di più. Guarda caso Guardì firma principalmente varietà.
Guardì è un signore potente, ricco, padrone di una larga fetta della tv italiana, ma fa una brutta, bruttissima tv. Sta sempre con chi vince. Non si spiegherebbe altrimenti la sua trasversalità, e il suo essere eternamente presente, nonostante lo spoil system della Rai. Ma la sua astuzia predominante è di tipo linguistico e consiste nell’aver abbassato con cinismo il livello di espressività della tv: l’ha involgarita, l’ha ridotta a fiera strapaesana, l’ha annebbiata. Per ironia della sorte, la Siae lo paga profumatamente (oltre ai soldi della Rai) perché contribuisce “alla creazione del tessuto culturale del nostro Paese e a tenerne alto il nome a livello internazionale”. C’è da chiedersi se, come dice un altro grande beneficato dalla Siae, «non saranno storie come questa uno dei tanti motivi per cui Grillo ha vinto».