Giacomo Galeazzi, La Stampa 15/3/2013, 15 marzo 2013
OPERAZIONE SANTA MARIA MAGGIORE
Qui, la notte di Natale del 1538, Sant’ Ignazio di Loyola celebrò la sua prima messa. Santa Maria Maggiore è sempre stata tappa obbligata delle trasferte nella città eterna del gesuita Bergoglio. Devotissimo della protettrice di Roma (la «Salus Populi Romani»), ha cominciato il suo pontificato dalla basilica che custodisce una reliquia della mangiatoia di Betlemme e la tomba del Bernini. «È molto affezionato a questa chiesa, veniva sempre da cardinale», spiega padre Elio Monteleone, uno dei confessori del più antico santuario mariano d’Occidente. Ai penitenzieri ieri mattina il neo-eletto Papa ha raccomandato: «Le anime hanno bisogno che voi siate misericordiosi, pregate per me». Pontefice mariano come Wojtyla che consacrò alla Madonna il proprio pontificato («Totus tuus»), Francesco, appena apparso a San Pietro vestito di bianco, aveva annunciato il primo appuntamento in agenda: la preghiera a Maria. La tradizione vuole che sia stata la Vergine ad indicare ed ispirare la costruzione della sua dimora sull’Esquilino. Arrivato poco dopo le 8, il Papa è stato accompagnato dall’arciprete ed ex nunzio in America Latina, Santos Abril y Castelló e dal cardinale vicario Agostino Vallini. Ad accoglierlo il capitolo della basilica, i sacerdoti, i dipendenti laici, l’arciprete emerito Bernard Law e il prefetto della Casa Pontificia, Georg Gaenswein. È una delle quattro basiliche patriarcali di Roma ed è la sola che abbia conservato le strutture paleocristiane, ma nelle ultime giornate pre-conclave oltre ai turisti si erano affollate nell’imponente tempio una pluralità di «prospettive» per il futuro del papato. Rispetto al 2005, Santa Maria Maggiore ha visto mutare radicalmente la sua incidenza nell’elezione pontificia. Otto anni fa bruciava lo scandalo-Law, l’arciprete accusato di aver insabbiato gli abusi dei preti pedofili quando guidava l’arcidiocesi di Boston. Stavolta, invece, il «padrone di casa» era il fine diplomatico in grado di giocare in extremis la carta dell’intesa tra Roma e Sud-America. Quella che poi è risultata vincente. E così il bertoniano Santos Abril y Castelló ha fatto tesoro dei lunghi anni trascorsi a contatto con quegli episcopati «latinos» nei quali cresceva il desiderio di esprimere un Pontefice per la prima volta nella storia. Malgrado (per numero di fedeli) detengano le «quote di maggioranza» della Chiesa universale, anche stavolta i sudamericani sembravano destinati a soccombere di fronte alla candidatura dell’italiano extra-curiale Scola. A questo punto, però, è entrata in azione una convergenza di motivazioni, disegni strategici e scenari geopolitici. L’arciprete di Santa Maria Maggiore ha intravisto lo spiraglio per un patto dell’ultim’ora tra extraeuropei e curiali contrari al porporato vicino a Comunione e Liberazione. Statunitensi, sodaniani, bertoniani, la maggioranza che ha incoronato Bergoglio si è composta man mano. «Come le tessere di un mosaico», spiega un ex capodicastero vaticano. Una tela di consensi che alla fine è persino più ampia delle aspettative. La forza espansiva del cattolicesimo sudamericano ha fatto da collante per i voti sparpagliati delle prime fumate nere. Lo sanno bene sia i conclavisti «stelle e strisce» sia i ministri della Santa Sede che ricevono i dossier dalle nunziature e dalle conferenze episcopali. La contrazione del cristianesimo europeo e in generale occidentale è compensata dal nuovo cristianesimo latinoamericano, che non è più soltanto pentecostale o «evangelical» ma anche cattolico. Fuori dall’America latina, la nazione che trae maggior vantaggio dalla vitalità «latina» sono proprio gli Stati Uniti. Un sondaggio condotto dal Pew Forum Religion svela che da qui al 2030 i latinoamericani cattolici schizzeranno negli Usa dal 33 al 41%. Tra i cattolici statunitensi «over 60» la stragrande maggioranza sono bianchi, ma tra quelli d’età tra i 18 e i 40 anni quasi la metà sono arrivati dal Messico e da altri Paesi del continente. Sono queste nuove leve le uniche in grado di compensare l’abbandono della Chiesa cattolica da parte di giovani bianchi sotto i 30 anni, la fascia d’età più erosa dalla secolarizzazione.