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 2013  marzo 15 Venerdì calendario

UN CONSENSO TRAVOLGENTE NATO LONTANO DAI RIFLETTORI

Jorge Mario Bergoglio non ha mai molto amato le frequentazioni curiali e negli ultimi anni è venuto a Roma il meno possibile. Nelle due settimane che hanno preceduto l’inizio del conclave non ha partecipato ad alcuna riunione legata in qualche modo alla sua eventuale candidatura al papato. Com’è potuto accadere, allora, che in soli cinque scrutini abbia raggiunto, e sembra abbondantemente superato, il quorum dei 77 voti necessari per l’elezione? L’esito del precedente conclave, durante il quale, stando al diario pubblicato da «Limes», Bergoglio avrebbe ottenuto una quarantina di voti, non è stato determinante. Anzi, proprio l’essere stato in corsa ma senza successo nell’elezione del 2005, dalla quale uscì Benedetto XVI, poteva rappresentare un handicap più che un aiuto.

Non bisogna però dimenticare che dopo quel conclave, l’autorevolezza dell’arcivescovo di Buenos Aires si è accresciuta ulteriormente. Ad esempio durante i lavori della riunione del Celam di Aparecida e durante i Sinodi dei vescovi. A colpire particolarmente i cardinali, nel corso delle congregazioni generali, è stato il breve e accorato intervento che Bergoglio ha fatto, parlando del volto della misericordia di Dio. Mentre crescevano le candidature reali e mediatiche del cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, del porporato canadese Marc Ouellet e dell’arcivescovo di San Paolo, Odilo Pedro Scherer, cresceva lontana dai riflettori anche quella di Bergoglio. Diversi cardinali provenienti da vari continenti, ad esempio dall’Africa e dall’Asia, avrebbero deciso di votare per lui fin dall’inizio. A sorpresa, anche alcuni italiani curiali lo avrebbero scelto fin da subito come candidato.

Le primarie del conclave, la sera di martedì 12 marzo, hanno mostrato la consistenza della sua candidatura, risultata fin dall’inizio significativa in termini di consensi. Mentre sarebbe risultata meno consistente rispetto alle aspettative quella di Scola: «A prescindere da quanto si è detto, il cardinale Scola non ha raggiunto il consenso», ha detto il presidente della conferenza episcopale brasiliana, Raymundo Damasceno intervistato da «Globo.com».

E sono risultate ridimensionate anche le candidature di Ouellet e di Scherer. L’elezione alla fine del primo giorno di conclave sta a indicare che per Bergoglio è scattato «l’effetto Ratzinger», e cioè che il cardinale argentino ha guadagnato consensi progressivamente fino ad arrivare alla fumata bianca di mercoledì sera. Su di lui alla fine sarebbero confluiti i voti di Ouellet, quelli di Scherer e infine quelli di Scola. «I cardinali sudamericani - ha detto ancora il cardinale Damasceno - hanno molto apprezzato il valore di Bergoglio quindi è chiaro che il consenso di molti è confluito su di lui».

C’è molta attesa ora per conoscere quali saranno le prime mosse del nuovo Pontefice. Quali nomine farà? Chi designerà come Segretario di Stato? Il fatto di non essere italiano, farebbe propendere maggiormente per la possibilità di un «numero due» del nostro Paese, magari proveniente dal servizio diplomatico. Di certo non sono molte le persone della Curia legate da un rapporto di lunga amicizia con il papa Francesco. Una di queste è lo stesso Ouellet, al quale va aggiunto il cardinale Jean Louis Tauran (il protodiacono che mercoledì ha dato l’annuncio dell’«habemus Papam») e il segretario della Pontificia commissione per l’America Latina, Guzman Carriquiry, il laico nella più alta posizione all’interno della Santa Sede.

Dopo le critiche verso la gestione della Curia romana, ma innanzitutto per motivi d’età, molti si aspettano un rapido avvicendamento del Segretario di Stato Tarcisio Bertone, ed è probabile che altri possano seguire a ruota.

«Molte volte in passato - ha spiegato ieri padre Federico Lombardi - c’è stato un rinnovo fatto nei primi giorni, ma con la forma “donec aliter provideatur”, cioè fintanto che non si provvede diversamente». Un modo con cui il Papa, pur confermando tutti negli incarichi attuali, avrebbe le mani libere per cambiare entro un breve o medio termine i suoi «ministri».